Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 27-09-2011) 24-11-2011, n. 43629

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Ricorrono, con distinti atti, V.V., V.G. e Vi.Ma.An. avverso la sentenza emessa in data 16.11.2009 dalla Corte di Appello di Milano che, in parziale riforma di quella in data 4.7.2008 del Tribunale di Milano con cui erano stati condannati alla pena, condonata, di anni uno e mesi tre di reclusione oltre al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile e al pagamento di una provvisionale di Euro 70.000,00, poichè riconosciuti colpevoli del delitto di omicidio colposo (artt. 113 e 589 c.p.) in danno di C.F. (fatto del (OMISSIS)), concedeva a Vi.Ma. e V.V. i benefici della sospensione condizionale e della non menzione della condanna.

Come da imputazione, Vi.Ma.An., in qualità di proprietaria dell’appezzamento di terreno in parte boschivo sito in (OMISSIS) contraddistinto da mappale 89, foglio 28 dell’archivio catastale, V.V. e V.G., in qualità di addetti alla gestione e manutenzione del terreno in questione, per colpa consistita in negligenza, imprudenza e imperizia, e inosservanza di leggi ed in particolare della normativa di cui alla L.R. n. 8 del 1976, artt. 23 come modificata dalla L.R. n. 80 del 1989, art. 17 e successive modificazioni e di cui all’art. 44, comma 2 e artt. 1, 2 e 4 del regolamento regionale n.1/93, che prevede che, dopo la denuncia di taglio, in ipotesi di pericolo per la sicurezza conseguente al taglio, venga comunque effettuata una ulteriore segnalazione all’ufficio competente per l’emissione del previsto provvedimento contingibile ed urgente per la eliminazione del pericolo, e in violazione della normativa di cui alla L.R. n. 27 del 2004, art. 23, comma 2 che prevede la autorizzazione per il disboscamento (violazione contestata a V.G. e a V. M.A. in data 13.05.2005 dal Corpo Forestale dello Stato), effettuando un disboscamento comunque rilevante dell’appezzamento di terreno predetto, posto che il bosco preesistente era comunque idoneo a costituire una barriera rispetto ai venti più forti provenienti da Nord, come quello verificatosi il (OMISSIS), nonchè affidando la Vi. e i due V. a B.F. l’incarico di lavori di incisione degli alberi presenti sul suddetto appezzamento di terreno tali da pregiudicare la stabilità degli alberi, senza adottare gli accorgimenti per impedire la caduta verso la strada del tronco così indebolito ed in particolare affidando a B. l’incarico di eseguire lavori di incisione di tronchi di alberi ad alto fusto, collocati all’interno del terreno e radicati lungo la via (OMISSIS), e prospicienti sulla pubblica via, senza alcuna doverosa segnalazione della situazione di pericolo dopo che, in seguito a "denuncia di taglio" presentata in data 1.3.2004, erano state effettuate incisioni profonde e tali da indebolire e compromettere la stabilità della pianta, alla base del tronco la cui caduta, per la particolare collocazione degli alberi, avrebbe potuto avvenire sulla pubblica strada anzichè all’interno del fondo, e comunque senza l’adozione delle necessarie cautele, quali l’utilizzo di motosega o comunque di mezzi meccanici o altro per Impedire la eventuale caduta verso la strada del tronco della pianta che era stata indebolita nella sua struttura dalle incisioni praticate, B. provvedendo materialmente al taglio delle piante con strumenti rudimentali da taglio e in particolare con un’ascia, incidendo tagli profondi alla base del tronco, tali da indebolire la struttura della pianta e renderla inidonea a reggere l’urto del vento e comunque priva di stabilità, adottando modalità di incisioni rudimentali tali da non consentire la caduta verso la strada, e utilizzando pertanto un mezzo non idoneo ad impedire la caduta verso la strada pubblica, con conseguente pericolo per l’incolumità personale di coloro che transitavano nella via adiacente, provocavano la morte di C.F. che transitava alla guida di un’autovettura proveniente da via (OMISSIS) percorrendo via (OMISSIS), in direzione via (OMISSIS). Detta autovettura, giunta all’altezza dell’appezzamento di terreno dei V., posto alla sinistra rispetto al senso di marcia, veniva colpita da un tronco di albero ad alto fusto (nella specie robinia), che, collocato all’interno del terreno dei V., a causa della forte incisione praticata, essendo stato indebolito in modo così grave da rendere l’albero incapace di reggere l’urto del vento che spirava il giorno del fatto, precipitava sul fondo stradale e provocava lo sfondamento del tetto e penetrazione dell’abitacolo dell’autovettura condotta da C., urto a causa del quale l’autovettura sbandava verso sinistra, usciva di strada terminando la corsa dopo circa 150 metri dal punto d’urto, subendo il conducente C. a causa dell’urto e della penetrazione del tronco nella autovettura lesioni a seguito delle quali decedeva.

I ricorrenti deducono il vizio motivazionale contestando l’addebitabilità ai medesimi dei fatti per cui è processo e la prova della cooperazione colposa, V.V. solo per una sua presenza in loco tre anni prima e perchè genericamente affiancava la moglie negli aspetti burocratici relativi al terreno, la Vi. solo perchè proprietaria del terreno, laddove dagli atti emergeva che solo il cognato V.G. si era occupato della gestione del terreno e considerato che il taglio della robinia era stato praticato dal B., reo confesso e che, soprattutto V. V. e la Vi., erano a conoscenza delle condizioni di instabilità della robinia. V.G. e V.V. contestano, poi, d’aver avuto in comune un chiosco di frutta e verdura nel parcheggio fra via (OMISSIS) e (OMISSIS) (dal quale, secondo la gravata sentenza, erano in grado di vedere il terreno in questione, non protetto da recinzione o muro): solo a V.V. era stata data l’autorizzazione al commercio alimentare per due giorni alla settimana in Via (OMISSIS), come da documento prodotto dal procuratore di parte civile. V. V., inoltre, prospetta il travisamento dei fatti in relazione alla generica affermazione del giudice di appello laddove sostiene che il B. avrebbe riferito di aver ricevuto l’incarico ancor prima dal padre dei fratelli V..

V.V. e Vi.Ma. si dolgono, altresì, della violazione di legge sia in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche e alla diminuzione di pena, nonostante la formulazione di una prognosi favorevole nei confronti degli stessi due ricorrenti, sia in ordine alla ritenuta cooperazione di cui difettava la prova in atti.

Tutti invocano, infine, la sospensione dell’esecuzione della condanna civile ai sensi dell’art. 612 c.p.p., rappresentando il danno grave ed irreparabile in caso di vendita del terreno pignorato.

Motivi della decisione

I ricorsi sono inammissibili essendo le censure mosse manifestamente infondate ed aspecifiche.

Anzitutto è palese la sostanziale aspecificità delle censure mosse che hanno riproposto in questa sede pedissequamente le medesime doglianze rappresentate dinanzi alla Corte territoriale e da quel giudice disattese con motivazione ampia e congrua, immune da vizi ed assolutamente plausibile (benchè integrantesi con quella di primo grado, come ribadito anche dal giudice dell’appello che l’ha richiamata per relationem, pienamente condividendola).

Ed è stato affermato che "è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591, comma 1, lett. c), all’inammissibilità" (Cass. pen. Sez. 4, 29.3.2000, n. 5191 Rv.

216473 e successive conformi, quale: Sez. 2, 15.5.2008 n. 19951, Rv.

240109). Nel caso di specie, i ricorrenti hanno mostrato di criticare le argomentazioni opposte dalla Corte distrettuale agli analoghi motivi di gravame, sollevando, però, controdeduzioni assolutamente non decisive (come quella relativa al chiosco di frutta e verdura, che rappresenta una delle plurime argomentazioni a sostegno della conoscenza da parte di entrambi dei tagli ed incisioni effettuate dal B. sulle robinie) e comunque del tutto generiche ed inadeguate a svellere o anche solo scalfire la puntuale motivazione della sentenza impugnata che ha riconosciuto la responsabilità del V.V. sulla base della conferma alla ritenuta gestione del terreno da parte del medesimo tratta dall’infrazione contestatagli, unitamente alla moglie Vi.Ma.An., col verbale del 10/5/2005 del Corpo Forestale dello Stato (con cui si accertava la trasformazione del bosco con mezzo meccanico) e la colpevolezza della Vi. sulla scorta non solo del titolo di proprietà a lei riconducibile, ma anche della gestione degli atti amministrativi correlati al terreno, avendo ella stessa presentato la denuncia di taglio dell’1.3.2004 ed essendo stati, elevati alla stessa, che quindi era tenuta a controllare quanto avveniva sul suo terreno, i verbali di contravvenzioni del 10.5.2005 e 16.2.2003. Per non dire della posizione di V.G., che persino i coimputati non contestano essere stato il diretto interlocutore del B. al quale, secondo le dichiarazioni di quest’ultimo, avrebbe impartito l’incarico di tagliare della robinia.

A questo punto giova rammentare che il nuovo testo dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), come modificato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, con la ivi prevista possibilità per la Cassazione di apprezzare i vizi della motivazione anche attraverso gli "atti del processo", non ha alterato la fisionomia del giudizio di cassazione, che rimane giudizio di legittimità e non si trasforma in un ennesimo giudizio di merito sul fatto. In questa prospettiva, non è tuttora consentito alla Corte di Cassazione di procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito. Il novum normativo, invece, rappresenta il riconoscimento normativo della possibilità di dedurre in sede di legittimità il cosiddetto "travisamento della prova", finora ammesso in via di interpretazione giurisprudenziale: cioè, quel vizio in forza del quale la Cassazione, lungi dal procedere ad una inammissibile rivalutazione del fatto e del contenuto delle prove, può prendere in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti onde verificare se il relativo contenuto sia stato o no "veicolato", senza travisamenti, all’interno della decisione (Cass. pen. Sez. 5, n. 39048 del 25.9.2007, Rv. 238215). Nè risulta rispettato il principio di cd. autosufficienza del ricorso, costantemente affermata, in relazione al disposto di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, dalla giurisprudenza civile, ma che trova applicazione anche nell’ambito penale, con la conseguenza che, quando si lamenti la omessa valutazione o il travisamento del contenuto di specifici atti del processo penale, è onere del ricorrente suffragare la validità del suo assunto mediante la completa trascrizione dell’integrale contenuto degli atti medesimi o allegazione di copia integrale di essi in modo da rendere possibile il completo apprezzamento del vizio dedotto (cfr. Cass. pen. Sez. 4, 26.6.2008 n. 37982 Rv. 241023; Sez. 1, 22.1.2009, n. 6112, Rv. 24322). Ciò peraltro vale nell’ipotesi di decisione di appello difforme da quella di primo grado, in quanto nell’ipotesi di doppia pronunzia conforme, come nel caso di specie relativamente alla ritenuta penale responsabilità, il limite del devolutum non può essere superato ipotizzando recuperi in sede di legittimità, salva l’ipotesi in cui il giudice d’appello, al fine di rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, richiami atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice (Cass. pen., Sez. 2, 15.1.2008, n. 5994;

Sez. 1, 15.6.2007, n. 24667, Rv. 237207; Sez. 4, 3.2.2009, n. 19710, Rv. 243636).

Quanto alla seconda censura addotta da V.V. e V. M., si rileva che la determinazione della misura della pena tra il minimo e il massimo edittale rientra nell’ampio potere discrezionale del giudice di merito, il quale assolve il suo compito anche se abbia valutato globalmente gli elementi indicati nell’art. 133 c.p. (cfr., ex plurimis, Sez. 4, n. 41702 del 20.9.2004, Rv 230278). Del pari, la valutazione dei vari elementi per la concessione delle attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione delle circostanze, rientra nei poteri discrezionali del giudice il cui esercizio se effettuato nel rispetto dei parametri valutativi di cui all’art. 133 c.p. è censurabile in cassazione solo quando sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico.

Evenienza che qui deve senz’altro escludersi avendo il giudice motivato con riferimento alla gravità del fatto e alla personalità dei prevenuti, nonchè al mancato risarcimento del danno in favore della parte civile costituita. Per quel che concerne l’impetrata sospensione dell’esecuzione della condanna civile, è chiaro che la medesima, in conseguenza della ritenuta inammissibilità dei ricorsi, non possa essere nemmeno presa in considerazione: del resto, non risulta nemmeno dimostrata a sufficienza la ricorrenza del rappresentato ed indefettibile elemento del "grave ed irreparabile danno" che consentirebbe il provvedimento in questione. Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene equo liquidare in Euro 1.000,00 ciascuno, in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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