Cass. civ. Sez. III, Sent., 08-06-2012, n. 9293 Danno non patrimoniale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1 – Con sentenza depositata in data 10 marzo 2008 il Tribunale di Forlì ritenne congrua la somma di Euro 100.000 già corrisposta ad B.A.M. a titolo di risarcimento del danno per la morte del padre verificatasi a seguito di sinistro stradale e rigettò l’analoga domanda proposta da G.M., nipote del defunto e figlio della B..

2 – Con sentenza in data 4 dicembre 2009 – 11 febbraio 2010 la Corte d’Appello di Bologna rigettò gli appelli dei ricorrenti.

La Corte territoriale osservò per quanto interessa: il lasso di tempo trascorso tra il sinistro e il decesso (sei ore) appariva insufficiente a integrare il danno terminale; mancava la prova che il de cujus erogasse aiuti economici agli appellanti; carenze probatorie ostacolavano le ulteriori richieste di danno non patrimoniale; la B. non aveva subito alcun danno biologico; la liquidazione del suo danno morale era congrua.

3 – Avverso la suddetta sentenza la B. e il G. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a ventiquattro motivi.

La Assicurazioni Generali S.p.A. ha resistito con controricorso.

La responsabile del sinistro, S.M., non ha espletato attività difensiva.

Entrambe le parti hanno presentato memorie. I ricorrenti hanno formulato istanza di rimessione alle Sezioni Unite e istanza di rimessione alla Corte UE e alla Consulta. La causa, originariamente avviata alla trattazione in camera di consiglio, è stata rinviata alla pubblica udienza.

I ricorrenti e le Assicurazioni Generali hanno presentato ulteriori memorie.

Motivi della decisione

1 – Le istanze di remissione alle Sezioni Unite, alla Corte UE e alla Consulta non meritano accoglimento avendo tutte le questioni trattate trovato adeguata risposta nella elaborazione giurisprudenziale, non essendovi ragioni che inducano a dubitare della equità del giudizio, non essendo stata ipotizzata la incostituzionalità di alcuna norma di diritto.

2 – Dette istanze sono collegate al ventiduesimo, ventitreesimo e ventiquattresimo motivo, mediante i quali i ricorrenti denunciano nullità della sentenza per violazione dei principi dell’equo processo, della Convenzione di Roma e della Carta di Nizza (ventiduesimo), per omessa motivazione in ordine alla violazione degli artt. 2, 3, 24 11 e 117 Cost. (ventitreesimo), nella parte in cui la sentenza impugnata non ha ammesso le istanze istruttorie dei ricorrenti. Denunciano altresì l’inesistenza della sentenza per la mancata adozione del criterio della rimessione dell’appello a giudice diverso da quelli che hanno il diritto di accedere alla Corte di Cassazione, ciò che metterebbe in questione la terzietà e indipendenza del giudicante, per i suoi rapporti di colleganza con i giudici della giurisdizione superiore (ventiquattresimo).

3 – I tre motivi sono inammissibili. I primi due perchè si limitano a contestare nel merito le valutazioni in base alle quali la Corte d’Appello ha assunto la sua decisione, senza illustrare eventuali vizi od illogicità della sentenza impugnata idonei a giustificarne l’annullamento. Il terzo perchè denuncia la violazione di principi e di norme inesistenti nel nostro come in ogni altro ordinamento, ivi inclusi quelli internazionali.

4 – I primi quattro motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, denunciano violazione degli artt. 2053 e 2059 c.c., nonchè vizi di motivazione per avere la Corte territoriale negato la risarcibilità del danno tanatologico, quanto meno come danno morale subito dall’infortunato e trasmissibile agli eredi, sebbene la vittima fosse sopravvissuta per sei ore e fosse rimasta lucida e consapevole.

5 – Le censure in esame sono fondate nei limiti di cui appresso.

E’ ormai consolidato l’orientamento (confronta, per tutte, la recente Cass. Sez. 3^, n. 19133 del 2011) secondo cui, in tema di risarcimento del danno non patrimoniale, quando all’estrema gravità delle lesioni, segua, dopo un intervallo temporale brevissimo, la morte, non può essere risarcito il danno biologico "terminale" connesso alla perdita della vita come massima espressione del bene salute, ma esclusivamente il danno morale, dal primo ontologicamente distinto, fondato sull’intensa sofferenza d’animo conseguente alla consapevolezza delle condizioni cliniche seguite al sinistro.

Escluso, dunque, il danno biologico, è invece configurabile (confronta Cass. n. 1072 del 2011) un danno di natura psichica subito dalla vittima che abbia percepito lucidamente l’approssimarsi della morte, reclamabile dai suoi eredi, la cui entità dipende non già dalla durata dell’intervallo tra la lesione e la morte bensì dall’intensità della sofferenza provata; il diritto al risarcimento di tale danno è trasmissibile agli eredi.

Occorre, quindi, che il giudice di merito accerti che: a) sia trascorso un apprezzabile lasso di tempo tra il sinistro e il decesso; b) la vittima sia rimasta cosciente: c) la vittima abbia avuto la consapevolezza della morte. La B. (cioè l’erede diretta del de cujus, qualità che non spetta al G.) ha sostenuto che il padre rimase vigile e consapevole e che, quindi, provò sofferenza e si rese conto dell’approssimarsi della morte.

La Corte d’Appello non ha approfondito il tema, avendo fatto leva sulla insufficienza del lasso di tempo intercorso tra sinistro e morte "indipendentemente dalla lucidità del soggetto", così ponendosi in contrasto con l’orientamento giurisprudenziale sopra delineato e, nel contempo, riconoscendo in qualche modo la condizione di consapevolezza della vittima.

Spetterà, quindi, al giudice di rinvio accertare se lucidità e consapevolezza via sia stata effettivamente e, in caso positivo, quantificare sotto il profilo del danno morale, trasmesso alla figlia jure heheritatis, l’entità della sofferenza provata dalla vittima.

.6 – Consentono esame congiunto anche il quinto, il sesto e il settimo motivo, mediante i quali i ricorrenti lamentano motivazione contraddittoria e violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., con riferimento al rigetto della loro domanda, in particolare quella della B., di risarcimento dei danni patrimoniali conseguenti alla morte del congiunto.

Assumono che erroneamente e ricorrendo ad una praesumtio de praesumpto la Corte di merito ha escluso l’esistenza dei danni, che essi avevano fatto valere sotto il profilo che la permanenza in vita avrebbe consentito allo stesso di accumulare risparmi che sarebbero loro pervenuti per successione ereditaria.

7 – Giova ribadire che il vizio di contraddittorietà della motivazione ricorre solo in presenza di argomentazioni contrastanti e tali da non permettere di comprendere la "ratio decidendi" che sorregge il "decisum" adottato, per cui non sussiste motivazione contraddittoria allorchè dalla lettura della sentenza non sussistano incertezze di sorta su quella che è stata la volontà del giudice.

(Cass. n. 8106 del 2006).

La motivazione della sentenza impugnata non presenta alcuna contraddizione intrinseca e offre adeguata spiegazione della propria scelta, ponendo in rilievo che gli introiti non cospicui del defunto e la tarda età dello stesso (ottantunenne all’epoca del sinistro) inducevano ad escludere, in base ad un giudizio probabilistico, la possibilità di rilevanti accantonamenti, anche in considerazione delle crescenti esigenze di assistenza connaturate all’aumentare dell’età. Proprio il riferimento alle presunzioni (la cui applicazione al caso concreto spetta al giudice di merito) è alla base della statuizione censurata.

8 – Vanno esaminati congiuntamente anche i motivi ottavo, nono, decimo, undicesimo e dodicesimo, con i quali i ricorrenti denunciano violazione degli artt. 2043, 2059, 2056, 1223 c.c., art. 185 c.p., vizio di motivazione e omessa pronuncia in relazione alla liquidazione, non personalizzata, del danno morale risentito dalla B. e del danno biologico da essa sofferto a seguito della morte del padre.

Assumono che la Corte d’Appello ha liquidato solo il danno da perdita del rapporto parentale, senta tenere conto del danno morale soggettivo, consistente nel dolore per la perdita del congiunto, nè della sofferenza psicologica conseguente a reato; che ha ingiustamente disatteso la documentazione medica prodotta a supporto della domanda di consulenza tecnica circa il danno alla salute subito dalla ricorrente; che ha quantificato l’intero danno in Euro 100.000,00, somma inferiore a quella minima prevista per la morte del genitore dalle tabelle approvate dall’Osservatorio per la giustizia civile di Milano; che non ha tenuto conto della gravità del fatto (investimento di pedone sulle strisce pedonali).

9 – La domanda di danno biologico avanzata dalla B. è stata argomentatamente rigettata dalla Corte di merito, la quale ha fatto leva sulla inidoneità al riguardo della documentazione medica prodotta in primo grado, non dimostrativa di vere e proprie patologie e sulla inammissibilità di una C.T.U. (in appello) che, in mancanza di concrete indicazioni di lesioni dell’integrità psicofisica, sarebbe restata sul piani meramente esplorativo.

Si tratta di valutazioni di merito adeguatamente motivate e, quindi, insindacabili.

10 – Le ulteriori pretese della B. non tengono conto del più recente e ormai consolidato orientamento giurisprudenziale (Cass. S.U. n. 26972 del 2008), secondo cui l’art. 2059 c.c., definisce il danno non patrimoniale come un unicum, una categoria generale nell’ambito della quale emergono specifici casi determinati dalla legge, al massimo livello costituito dalla Costituzione, di riparazione di tale danno. Così inquadrata la questione, la dizione "danno morale", utilizzabile a fini descrittivi, non mira ad individuare una sottocategoria autonoma di danno, ma descrive uno dei possibili pregiudizi non patrimoniali, cioè un tipo di pregiudizio, costituito dalla sofferenza soggettiva (transeunte turbamento dell’animo, dolore intimo) cagionata dal fatto lesivo, sofferenza la cui intensità e durata assumono rilevanza non ai fini dell’esistenza del danno, ma della quantificazione del risarcimento.

La categoria unitaria del danno patrimoniale deve essere allegata e provata dal danneggiato utilizzando i consueti mezzi di prova, che spaziano dalla consulenza tecnica (necessaria con riferimento al tipo di pregiudizio definito "danno biologico"), all’acquisizione di documenti, alla prova testimoniale, alle presunzioni, alle nozioni di comune esperienza.

Il quantum è rimesso al prudente apprezzamento del giudice di merito, che potrà anche ricorrere alle consuete tabelle, personalizzando la liquidazione mediante la valutazione delle sofferenze psichiche patite dal soggetto leso.

La Corte territoriale ha deciso nell’ambito di questi principi, evidenziando le carenze probatorie dei ricorrenti, la necessità di un legame e di una comunanza di vita che giustifichino il danno morale, l’età del defunto, il contesto familiare e indipendentemente dalla espressione usata (danno da perdita del rapporto parentale), ha fatto specifico riferimento alla situazione concreta e particolare;

quindi, ha personalizzato il danno, circostanza che toglie rilievo alla mancata osservanza delle tabelle indicate dai ricorrenti.

11 – Con i motivi tredicesimo, quattordicesimo, quindicesimo, diciottesimo e diciannovesimo il G. lamenta il diniego del diritto al risarcimento dei danni non patrimoniali per il decesso del nonno, sebbene i testi escussi avessero confermato i frequenti rapporti tra loro e sebbene il nonno avesse incluso nel testamento un cospicuo lascito in suo favore. Lamenta anche violazione degli artt. 421 e 281 ter c.p.c., per avere la Corte di merito confermato la sentenza di primo grado quanto all’inammissibilità delle altre prove da lui dedotte sui rapporti affettivi con la vittima.

12 – I motivi in esame sono inammissibili poichè attengono alle valutazioni di merito, in base alle quali la Corte d’Appello, esaminando le prove testimoniali, ha escluso che fossero stati dimostrati rapporti affettivi di particolare intensità e ha ritenuto che le prove di cui era stata chiesta l’ammissione non avrebbero potuto mutare la situazione di fatto già accertata. Inoltre il ricorrente fa leva su un documento (motivo 15) nei cui confronti non ha rispettato il disposto dell’art. 366 c.p.c., n. 6.

D’altra parte, la sentenza impugnata si è uniformata all’orientamento della Corte (Cass. Sez. 3^, n. 10823 del 2007).

13 – I motivi sedicesimo e diciassettesimo adducono violazione degli artt. 1223 e 2056 c.c., e vizio di motivazione nella parte in cui la Corte d’Appello ha rigettato la domanda di risarcimento di costi e spese stragiudiziali e propedeutiche per l’instaurazione del giudizio per carenza di nesso immediato e diretto con il sinistro.

14 – La statuizione della sentenza è errata per quanto riguarda il rimborso delle spese funerarie e di sepoltura, che sono indubbiamente collegate all’evento dannoso e che, quindi, sono dovute.

E’, invece, corretta la statuizione relativa alle somme asseritamente anticipate ai difensori e a tale Dott. F., il cui ruolo non risulta chiarito nel ricorso. La censura è generica e non contiene l’illustrazione delle attività espletate, per cui non è possibile stabilire se fossero indispensabili per la difesa delle parti o spese stragiudiziali non ripetibili, in relazione alle quali è la legge stessa ad escluderne la rimborsabilità.

15 – I motivi ventesimo e ventunesimo lamentano l’omessa attribuzione di rivalutazione e interessi sulla somma liquidata.

16 – La Corte d’Appello ha spiegato che la somma riconosciuta era stata attualizzata e pagata in parte prima dell’inizio della causa e in parte ottemperando immediatamente all’ordinanza 4 ottobre 2007.

17 – Pertanto il ricorso merita accoglimento limitatamente ai primi quatto motivi, che riguardano il danno morale della vittima trasmissibile jure hereditatis e al sedicesimo motivo, che attiene alle spese funerarie e di sepoltura, mentre va rigettato nel resto.

18 – Il giudice di rinvio, che si designa nella Corte d’Appello di Bologna in diversa composizione, provvederà a quantificare il danno morale patito dalla vittima e quello relativo alle spese funerarie e di sepoltura.

19 – L’accoglimento solo parziale del ricorso e il rigetto delle istanze di remissione e di un elevato numero di motivi giustificano la compensazione delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

Accoglie per quanto di ragione i motivi da uno a quattro e il sedicesimo motivo di ricorso. Rigetta nel resto. Compensa le spese del giudizio di cassazione. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di Appello di Bologna in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 11 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2012

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