Cass. civ. Sez. III, Sent., 08-06-2012, n. 9292

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La presente controversia trae origine da una cessione di credito notificata in data 10.01.1990 alla s.p.a. Breda Costruzioni Ferroviarie (di seguito, brevemente, Breda, poi divenuta Ansaldobreda s.p.a.) dalla s.r.l. Vertos Verniciatura Toscana (di seguito, brevemente, s.r.l. Vertos) in favore della s.p.a. Centro Factoring nell’ambito di un contratto di factoring tra queste ultime società, in relazione al quale la F.R.G. s.r.l. (poi divenuta CO.MA.F. s.r.l., oggi Effedue s.r.l.) aveva prestato garanzia del rimborso delle somme anticipate dal factor in favore della s.r.l. Vertos.

Essendo rimaste insolute alcune delle fatture oggetto della suddetta cessione di credito, per avere la s.p.a. Breda dedotto l’intervenuta compensazione con propri controcrediti verso la cedente Vertos, la s.p.a. Centro Factoring chiese ed ottenne decreto ingiuntivo di pagamento nei confronti della società garante, la s.r.l. F.R.G.;

decreto opposto e, quindi, revocato dal Tribunale di Firenze con sentenza n. 3073/1996, con la quale la società opponente (nelle more divenuta CO.MA.F.) venne condannata al pagamento della minor somma di L. 48.304.999 oltre interessi e spese in favore della Centro Factoring, mentre venne rigettata la domanda di regresso proposta dalla CO.MA.F. nei confronti della Breda, sul presupposto che la garante non fosse legittimata ad agire nei confronti di quest’ultima società.

Con l’atto introduttivo del presente giudizio la s.r.l. CO.MA.F. agì nuovamente nei confronti della Breda e – assumendo di essere subentrata nella complessiva posizione giuridica della s.p.a. Centro Factoring e, quindi, anche nel diritto di credito ad essa ceduto dalla Vertos nei confronti della Breda – chiese al Tribunale di Prato di essere surrogata nei diritti di questa nei confronti della Breda, condannando detta società al pagamento della somma complessivamente da essa versata alla s.p.a. Centro Factoring. Corrisposta in limine litis dalla Breda la minor somma di L. 15.781.780, il Tribunale di Prato rigettò la domanda di surroga; in parziale riforma la Corte di appello di Firenze, con sentenza non definitiva, dichiarò ammissibile l’azione di surroga; infine con sentenza n. 1809 del 20.11.2006 la stessa Corte rigettò l’appello, condannando l’appellante Effedue s.r.l. (già CO.MA.F. e già F.R.G.) al pagamento delle spese del grado.

Avverso quest’ultima sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Effedue s.r.l., svolgendo tre motivi, illustrati anche da memoria.

Ha resistito la s.p.a. Ansaldobreda, depositando controricorso.

Motivi della decisione

1. Il ricorso, avuto riguardo alla data della pronuncia della sentenza impugnata (successiva al 2 marzo 2006 e antecedente al 4 luglio 2009), è soggetto, in forza del combinato disposto di cui al D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 27, comma 2 e della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 58, alla disciplina di cui all’art. 360 c.p.c., e segg., come risultanti per effetto del cit. D.Lgs. n. 40 del 2006. Si applica, in particolare, l’art. 366 bis cod. proc. civ., poichè la norma, introdotta dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, resta applicabile, in virtù dell’art. 27, comma 2 del medesimo decreto, ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto, cioè dal 2 marzo 2006, senza che possa rilevare la sua abrogazione, a far tempo dal 4 luglio 2009, ad opera della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d), in virtù della disciplina transitoria dell’art. 58 di quest’ultima.

2. Il ricorso è inammissibile perchè formulato senza rispettare i requisiti di cui al cit. art. 366 bis cod. proc. civ..

2.1. Invero il primo motivo – denunciente omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione sui punti decisivi per il giudizio (art. 360 cod. proc. civ., n. 5) – si conclude con un quesito di diritto ("dichiari la Suprema Corte di Cassazione se documenti prodotti in violazione di quanto disposto dagli artt. 74 e 87 disp. att., possano essere utilizzati dalla parte e quindi esaminati dal giudice"), che, oltre a risolversi in un interrogativo meramente circolare, non risponde, in ogni caso, ai requisiti di "chiara indicazione" richiesta dall’art. 366 bis cod. proc. civ., in relazione al vizio motivazionale.

Nel caso di specie – pur rispondendo al "quesito" nel senso (a dir poco ovvio) che i documenti non ritualmente depositati non sono utilizzabili dal giudice – non per questo emergerebbe il vizio motivazionale; mentre, quanto al momento di sintesi o di riepilogo richiesto dall’art. 366 bis cit., per il vizio di motivazione, la consolidata giurisprudenza di questa Corte esige che esso indichi in modo sintetico, evidente ed autonomo, chiaramente il fatto controverso in riferimento al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, come pure le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione (cfr. Cass. Sez. Un., 1 ottobre 2007, n. 20603; Cass. ord. 7 aprile 2008, n. 8897 e, tra le ultime, Cass. 30 dicembre 2009, ord. n. 27680). In particolare tale requisito non può ritenersi rispettato quando solo la completa lettura dell’illustrazione del motivo – all’esito di un’interpretazione svolta dal lettore, anzichè su indicazione della parte ricorrente – consenta di comprendere il contenuto e il significato delle censure (Cass., ord. 13 luglio 2007, n. 16002).

Non appare superfluo aggiungere che, nella specie, è la stessa tipologia dell'(asserito) vizio che è errata, incorrendo il motivo nel rilievo di inammissibilità anche sotto tale profilo, posto che la censura avrebbe dovuto essere formulata ai sensi del n. 4 e non del n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., siccome afferente ad un presunto error in procedendo.

2.2. Il secondo motivo – denunciante omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione sui punti decisivi per il giudizio (art. 360 cod. proc. civ., n. 5) – si conclude con un quesito di diritto ("dichiari la Suprema Corte se la cessione di credito, anche se non accettata dal debitore, ma a questa notificata, impedisca o meno la compensazione dei crediti sorti posteriormente") che, oltre a lasciare insoddisfatte le esigenze di "chiara indicazione" del vizio motivazionale, come sopra specificate, si rivela privo di correlazione con le ragioni della decisione, secondo cui non è applicabile alla fattispecie il comma 2, art. 1248 cod. civ., in quanto i crediti della Breda Costruzioni Ferroviarie s.p.a. nei confronti della Vertos s.r.l. erano anteriori alla cessione di credito.

2.3. Il terzo motivo – contenente una doppia censura, perchè denunciante violazione o falsa applicazione delle norme di cui all’art. 2909 cod. civ. e art. 324 cod. proc. civ. (art. 360 cod. proc. civ., n. 3), nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione sui punti decisivi per il giudizio (art. 360 cod. proc. civ., n. 5) – si conclude con un quesito di diritto assolutamente inadeguato ("dichiari la Suprema Corte di Cassazione se il giudicato si forma tra le parti in causa soltanto sul dispositivo della sentenza ovvero si estende anche alla motivazione o, più esattamente, alle affermazioni ed accertamenti di questa i quali rappresentino comunque un decisum sia pure non trasfuso nel dispositivo"), violando l’esigenza di chiarezza di cui all’art. 366 bis c.p.c., che deve presiedere alla formulazione di quesiti.

Valga considerare che la formulazione del quesito di diritto di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ., deve avvenire in modo rigoroso e preciso, evitando quesiti multipli o cumulativi. Da ciò consegue che i motivi di ricorso fondati sulla violazione di leggi e quelli fondati su vizi di motivazione debbono essere sorretti da quesiti separati. In particolare le Sezioni Unite – pur ritenendo ammissibile, in via di principio, il ricorso per cassazione nel quale si denunzino con un unico articolato motivo d’impugnazione vizi di violazione di legge e di motivazione in fatto – hanno precisato che a tali effetti occorre che il motivo si concluda con una pluralità di quesiti, ciascuno dei quali contenga un rinvio all’altro, al fine di individuare su quale fatto controverso vi sia stato, oltre che un difetto di motivazione, anche un errore di qualificazione giuridica del fatto (Cass. civ., Sez. Unite, 31/03/2009, n. 7770). E ciò non è avvenuto nella specie.

2.3.1. Non appare superfluo aggiungere, per la (denegata) ipotesi che si possa supplire all’inadeguatezza del quesito con i contenuti del motivo, che la censura non si sottrae, comunque, al rilievo di inammissibilità per difetto di chiarezza. Invero – precisato che il giudicato cui la ricorrente fa riferimento è la sentenza (richiamata nella parte espositiva della decisione impugnata) emessa Tribunale di Firenze nel giudizio di opposizione all’ingiunzione tra il factor (Centro Factoring) e la sua garante (odierna Effedue) – è la stessa formulazione del motivo che si presenta contraddittoria, dal momento che parte ricorrente pretenderebbe di desumere il giudicato in punto di esistenza del debito della Breda nei suoi confronti dalla decisione tra le altre due società, pure testualmente riconoscendo che nei confronti della stessa Breda (in quella causa, terza chiamata) il Tribunale di Firenze affermò "unicamente che (…) la F.R.G. (odierna ricorrente) era carente di legittimazione ai sensi degli artt. 1949 e 1950 c.c." (pag. 24 ricorso).

In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 4.200,00 (di cui Euro 200,00 per spese) oltre rimborso spese generali e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 11 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2012

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