Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 02-01-2012, n. 19 Contratto di appalto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Il Comune di Melilli proponeva appello avverso la sentenza del 14 maggio 2010, n. 1617, con la quale il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, Sezione staccata di Catania, aveva respinto il ricorso proposto dal Comune stesso, onde ottenere l’annullamento della delibera n. 3 dell’Assemblea del Consorzio ATO di Siracusa del 26 ottobre 2007, con la quale tra l’altro, si era deliberato di "provvedere all’approntamento degli atti necessari per autorizzare la stipula della Convenzione per la gestione del Servizio idrico integrato nella Provincia di Siracusa…", dando mandato al dirigente del settore appalti e contratti di integrare le previsioni contrattuali, di modo che "…la compresenza del contratto bancario con IRFIS e quello di garanzia dei soci (Sogeas e Saceccav) per 7.000.000,00 di euro (settemilioni di euro), ciascuno da parte di Banca Intesa e Banco di Sicilia sono condizioni essenziali in sede di stipula della convenzione di concessione per S.I.I. Il concessionario dovrà produrre entro quattro mesi dalla firma del contratto i finanziamenti di start up sopra indicati (Banca Intesa e Banco di Sicilia) immediatamente operanti e incondizionati…" con la ulteriore precisazione "…che, ove l’organizzazione complessiva dell’operazione di project finance relativa all’intero Piano d’Ambito non venga completata con l’istituto finanziario entro tre anni dalla esecutività della convenzione, ed entro lo stesso termine non venga sostituita con altra identica o migliorativa, il contratto è risolto per responsabilità esclusiva del concessionaria".

2) Con sentenza 30 marzo 2011, n. 290, questo Consiglio accoglieva l’appello per la considerazione che l’avere consentito il Consorzio A.T.O. alla Sogeas Ato Idrico 8 S.p.A., oggi SAI 8 S.p.A., in sede di procedura negoziata, la prestazione unicamente di una garanzia, sia pure presidiata da impegni finanziari, per il solo "start up", ossia per soli tre anni, in luogo di offrire una garanzia per l’intera durata trentennale della concessione, costituiva una modifica "sostanziale" delle condizioni iniziali del contratto, non ammessa dall’art. 57 del D.Lgs. n. 163/2006 e in violazione del principio di par condicio dei concorrenti.

3) La SAI 8 S.p.A. ha proposto ricorso in ottemperanza.

A suo avviso, il contratto di affidamento del S.I.I. e lavori connessi, stipulato l’8 febbraio 2008, tra il Consorzio A.T.O. di Siracusa e la Sogeas ATO Idrico 8 S.p.A., oggi SAI 8 S.p.A., è ancora pienamente efficace per l’intera sua durata, in quanto l’annullamento giurisdizionale di cui alla decisione di questo Consiglio n. 290/2011, non può aver comportato l’automatica caducazione del contratto.

Infatti, il ricorso di primo grado è stato proposto nel gennaio del 2008, prima della stipula del contratto e, quel che più conta, in epoca antecedente al 27 aprile 2010, data di entrata in vigore del D.Lgs 20 marzo 2010, n. 53, che ha inserito nel codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163), gli artt. 245-bis, 245-ter, 245-quater e 245-quinquies, successivamente divenuti, dal 16 settembre 2010, rispettivamente gli artt. 121, 122, 123 e 124 codice del processo amministrativo (D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104).

In particolare, con l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 53 del 2010, l’inefficacia del contratto non costituisce più una conseguenza immediata e automatica dell’annullamento dell’aggiudicazione, ma rappresenta l’esito, meramente eventuale, di un complesso giudizio, incentrato sull’apprezzamento di una pluralità di elementi di fatto, come stabilito, ora dagli artt. 121 e 122 codice del processo amministrativo.

La decisione in argomento non contiene alcun riferimento all’efficacia del contratto successivamente stipulato e correttamente il C.G.A. non ha dichiarato l’inefficacia del contratto.

Infatti, detto giudice avrebbe potuto dichiarare l’inefficacia del contratto solo in seguito alla corretta applicazione delle regole contenute negli artt. 121 e 122 codice del processo amministrativo, e solo se vi fosse stata un’apposita domanda di parte.

In ogni caso, una richiesta in tal senso non avrebbe avuto esito favorevole in ragione dell’inapplicabilità al caso in esame degli artt. 121 e 122 codice del processo amministrativo.

La ricorrente ha, quindi, concluso, chiedendo che sia chiarito che il contratto dell’8 febbraio 2008 è ancora efficace per l’intera sua durata; che siano dichiarati nulli gli atti che diffidano a dichiarare o che dichiarano l’inefficacia del contratto e che sia fissata una somma di denaro a carico delle Amministrazioni resistenti per ogni violazione o inosservanza successiva della decisione n. 290/2011.

4) Si è costituito in giudizio il Comune di Melilli, il quale ha proposto ricorso incidentale.

A suo avviso, non può la ricorrente imputargli di non avere "impugnato" il contratto stipulato tra il Consorzio ATO Idrico di Siracusa e la SAI 8 S.p.A., posto che, attraverso il giudicato di cui alla decisione n. 290/2011, è stato annullato soltanto il provvedimento amministrativo afferente la fase dell’evidenza pubblica, come risulta dal chiaro contenuto della summenzionata decisione.

Inoltre, tutti gli atti della fase dell’evidenza pubblica e, quel che più conta, quello annullato da questo Consiglio (delibera n. 3 del 26.10.2007), erano ben precedenti l’entrata in vigore della Direttiva U.E. (dicembre 2007), onde anche in applicazione di quanto affermato dalla Corte di Cassazione nessuna domanda, relativa al contratto, poteva essere proposta dal Comune di Melilli, né alcun potere decisorio poteva essere esercitato dal CGA sulla scorta del pregresso orientamento della Suprema Corte in tema di riparto di giurisdizione, assecondato anche dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con la decisione n. 9 del 2008.

Né può affermarsi che, nel presente giudizio, peraltro di ottemperanza, possa farsi applicazione degli artt. 121 e 122 codice del processo amministrativo, avendo tali norme natura prevalente sostanziale.

In sostanza, nella presente fattispecie non può che farsi applicazione dell’orientamento dell’Adunanza plenaria n. 9 del 2008 che, prevede che, in sede di ottemperanza – nell’esercizio, cioè, della giurisdizione di merito – il giudice amministrativo "ben può sindacare in modo pieno e completo (e satisfattivo per il ricorrente) l’attività posta in essere dall’amministrazione o anche il suo compitamente omissivo, adottando tutte le misure (direttamente o per il tramite di un commissario) necessarie e opportune per dare esatta e integrale esecuzione della sentenza e per consentire una corretta riedizione del potere amministrativo".

L’applicazione del suesposto orientamento giurisprudenziale comporta che l’unica attività amministrativa che la P.A. soccombente dovrà adottare non può che concretarsi nella riedizione della procedura di evidenza per l’affidamento del servizio, emendato dei vizi accertati nel giudicato, salvo il potere discrezionale della P.A. di modificare talune previsioni dell’originario bando di gara.

Quanto all’efficacia del contratto in essere, essa non può che essere travolta dal giudicato di annullamento, con salvezza delle prestazioni rese, pertanto, del diritto alla controprestazione, ma entro i limiti delle spese sostenuto dalla SAI 8 S.p.A., con esclusione dell’utile d’impresa, secondo un pacifico insegnamento giurisprudenziale.

Peraltro, nella specie, il ricorso è inammissibile per difetto di legittimazione.

La legittimazione a proporre lo strumento di tutela in argomento appartiene alla parte vittoriosa nel giudizio di cognizione e alla stessa P.A., con esclusione della parte privata soccombente, la quale non è chiamata a portare ad esecuzione il giudicato.

In ogni caso, la domanda della società ricorrente è inefficace, atteso che l’illegittimità del provvedimento amministrativo annullato è di rilevanza tale in ordine al rispetto dei principi fondanti dell’evidenza pubblica che la chiesta declaratoria di efficacia del contratto si risolverebbe nell’integrale travolgimento del giudicato.

Il Comune di Melilli ha, quindi, concluso, chiedendo che sia dichiarato inammissibile e, comunque, inefficace il ricorso proposto dalla SAI 8 S.p.A. e che siano accertate le modalità adempitive del giudicato, con contestuale declaratoria di inefficacia del summenzionato contratto dell’8 febbraio 2008 a far data dal 13 aprile 2011.

5) Si sono costituite in giudizio le Amministrazioni indicate in epigrafe.

6) Alla camera di consiglio del 19 ottobre 2011, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

7) In via preliminare, va respinta l’eccezione di difetto di legittimazione attiva che è stata sollevata dalla difesa del Comune di Melilli.

Siffatta eccezione non tiene conto che, in base un pacifico principio giurisprudenziale, legittimate alla proposizione del giudizio di ottemperanza sono (tutte e solo) le parti che hanno partecipato al giudizio di cognizione concluso con la pronuncia oggetto della domanda di esecuzione, e non solo quelle in favore delle quali è stata emessa la decisione, in coerenza con la nozione della "cosa giudicata" ex art. 2909 c.c., perché l’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato, ad ogni effetto, tra le parti, i loro eredi o aventi casua. Va inoltre sottolineato che il codice del processo amministrativo, D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (d’ora in poi c.p.a.) all’art. 112, V comma, ammette la proposizione del ricorso anche al fine di ottenere chiarimenti in ordine alle modalità di ottemperanza.

La disposizione tende ad evidenziare come, pur rimanendo nell’ambito della ottemperanza, l’oggetto del giudizio possa essere anche circoscritto ad una semplice richiesta di chiarimenti circa modi e limiti secondo cui attuare la regula juris dettata dalla decisione ottemperanda. In tale prospettiva la relazione ministeriale al libro IV del codice del processo amministrativo evidenzia come la legittimazione attiva spetti anche al soggetto tenuto all’ottemperanza e quindi anche a tutte le parti soccombenti. Ciò peraltro è coerente con il I comma dell’art. 112 c.p.a., il quale infatti pone l’obbligo di ottemperanza a carico sia della Amministrazione che delle "altre parti".

8) Ciò premesso, e ritenuta la legittimazione attiva della società ricorrente, il Collegio peraltro rileva che sia il ricorso principale che quello incidentale sono inammissibili per le considerazioni che qui di seguito si espongono.

Il tema della controversia in esame concerne le conseguenze sul contratto, nel frattempo stipulato, dell’avvenuto annullamento della aggiudicazione.

In effetti, come chiarito da autorevole dottrina, si tratta di un tema particolarmente delicato poiché esso assume rilievo sotto due diversi angoli di visuale: il primo, di carattere sostanziale, attiene alle conseguenza che l’annullamento dell’aggiudicazione produce sul contratto; il secondo, di carattere processuale, riguarda da un lato la giurisdizione ordinaria o amministrativa, sulle eventuali controversie e dall’altro il catalogo delle azioni esperibili.

Secondo una tradizionale concezione, la disciplina della procedura ad evidenza pubblica era volta a tutelare in via principale gli interessi dell’amministrazione pubblica.

Di conseguenza, nella giurisprudenza della Corte di Cassazione (cfr., ex multis, Sez. II, 8 maggio 1996, n. 4269), l’annullamento della aggiudicazione comportava l’annullabilità del contratto per vizio del consenso (secondo quanto stabilito dall’art. 1427 c.c.) o per difetto di capacità (ai sensi dell’art. 1425 c.c.).

In particolare, la circostanza che la legge avrebbe stabilito l’annullamento del contratto nell’interesse esclusivo dell’amministrazione determinava che solo quest’ultima, secondo quanto disposto dall’art. 1441 c.c., sarebbe stata legittimata a proporre l’azione per l’annullamento.

Tale tesi è venuta meno, posto che, soprattutto per influsso del diritto comunitario, l’oggetto tutelato in via prioritaria dall’ordinamento non è più rappresentato dagli interessi dell’amministrazione, ma, al contrario, da quelli delle imprese che operano nel mercato.

Secondo altro orientamento giurisprudenziale, l’annullamento dell’aggiudicazione dovrebbe intendersi come causa di nullità del contratto per mancanza dell’accordo delle parti, ai sensi dell’art. 1325 codice civile.

Anche tale tesi è, tuttavia, venuta meno a seguito dell’affermarsi del principio, trasfuso nella disciplina del Codice dei contratti pubblici (art. 11 del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 153), secondo cui "l’aggiudicazione definitiva non equivale ad accettazione dell’offerta", sicché sussiste una separazione netta tra la fase pubblicistica della procedura e quella negoziale in cui si perfeziona il consenso per la conclusione del contratto.

Peraltro, stante la stretta connessione esistente tra le due fasi, il Consiglio di Stato ha sostenuto per molto tempo la tesi della caducazione automatica degli effetti del contratto stipulato sulla base di un’aggiudicazione poi annullata (cfr., ex multis, Sez. VI, 30 maggio 2003, n. 2992).

Di diverso avviso si è espressa la Corte di Cassazione, la quale, ha, invece, ritenuto che l’annullamento dell’aggiudicazione non travolge il contratto e che, per conseguirne la caducazione, è necessaria proporre espressa domanda al giudice ordinario. (cfr. Cass., SS.UU., 29 dicembre 2007, n. 27169 e 23 aprile 2008, n. 10443).

Pertanto, dopo l’annullamento dell’aggiudicazione, solo il giudice ordinario aveva cognizione un via principale sulla sorte del contratto.

Peraltro, ove in sede di esecuzione della sentenza di annullamento dell’aggiudicazione, l’amministrazione non avesse operato la caducazione degli effetti del contratto, a ciò avrebbe supplito il giudice amministrativo in sede di giudizio di ottemperanza.

Nella prospettiva di rafforzare la tutela giurisdizionale è, poi, intervenuta la direttiva 2007/66/CE, che è stata recepita nel nostro ordinamento con il D.Lgs. 20 marzo 2010, n. 53, le cui disposizioni sono state riprese dal Codice del processo amministrativo (D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104).

Con tale disciplina, contenuta negli artt. 121 e ss. codice del processo amministrativo, il legislatore ha previsto che il giudice amministrativo, dopo avere annullato l’aggiudicazione, possa pronunciarsi direttamente sugli effetti del contratto, in presenza peraltro di particolari condizioni e specifici presupposti (violazioni gravi al diritto comunitario o valutazioni circa lo stato di esecuzione del contratto e la possibilità di subentro etc.). Nessuna di queste condizioni e presupposti era presente al momento della decisione di questo C.G.A. n. 290 del 30 marzo 2011 che pertanto, alla luce delle nuove disposizioni dianzi richiamate, correttamente non ha adottato alcuna statuizione al riguardo.

In effetti, in dipendenza dell’entrata in vigore di tale disciplina deve escludersi un intervento del giudice amministrativo in sede di ottemperanza al fine di pronunciarsi sulla sorte del contratto rimanendo tale profilo riservato al giudizio di cognizione.

Un intervento del genere può ancora ammettersi con esclusivo riferimento – ma non è questo il caso – a controversie definite con sentenza passata in giudicato prima del 27 aprile 2010, data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 53/2010 ma non a quello definito posteriormente (cfr. C.d.S., Sez. III, 11 marzo 2011, n. 1570 e v. anche Cass. SS.UU. 10.2.2010 n. 2960 secondo cui una volta trasposto "il diritto comunitario incide nel sistema giurisdizionale interno anche retroattivamente").

Quindi sia il Consiglio di Stato che la Cassazione concordano nel ritenere che per effetto della trasposizione della normativa comunitaria non sia più sostenibile, per quanto quì ne occupa, la tesi della caducazione automatica del contratto ed ancorchè si tratti di gare svoltesi in precedenza. Ciò per altro verso costituisce ulteriore conferma della applicabilità immediata ai giudizi in corso delle disposizioni di derivazione comunitaria e della correttezza sul punto della decisione 290/2011 di questo C.G.A.

9) Per le suesposte considerazioni va riconosciuta, ex art. 112, 5° comma, c.p.a., la perdurante efficacia del contratto per tutta la sua durata, ma consegue altresì che sia il ricorso principale che quello incidentale devono essere dichiarati inammissibili.

Ritiene il Collegio che ogni altro motivo di censura o eccezione possa essere assorbito in quanto inifluente e irrilevante ai fini della presente decisione.

Tenuto conto della novità della questione, si ravvisano giusti motivi per compensare tra le parti le spese e gli altri oneri del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, fornisce, ex art. 112, 5° comma, c.p.a., chiarimenti circa l’efficacia del contratto nei sensi di cui in motivazione, dichiara inammissibili il ricorso principale e il ricorso incidentale come in epigrafe proposti.

Compensa tra le parti le spese, le comptenze e gli onorari del giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo, il 19 ottobre 2011, dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, in Camera di Consiglio, con l’intervento dei Signori: Riccardo Virgilio, Presidente, Antonino Anastasi, Guido Salemi, estensore, Pietro Ciani, Alessandro Corbino, Componenti.

Depositata in Segreteria il 2 gennaio 2012.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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