Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 16-09-2011) 24-11-2011, n. 43335

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

L’imputato L.N., tramite il difensore ricorrendo per Cassazione avverso la sentenza di cui in epigrafe denuncia la nullità della decisione deducendo che, in riferimento al delitto di cui al capo c) (delitto di cui all’art. 385 c.p., perchè essendo stato sottoposto con provvedimento del Tribunale di Arezzo n. 3905/2006 del 2.10.2006, agli arresti domiciliari in (OMISSIS) allontanandosene, evadeva. In (OMISSIS)) di essere già stato giudicato e condannato dal Tribunale di Firenze con sentenza del 29.1.2009 alla pena di mesi sei di reclusione.

Il ricorso è manifestamente infondato. In primo luogo va rammentato il consolidato principio per il quale "La richiesta di applicazione di pena patteggiata costituisce un negozio giuridico processuale recettizio che, pervenuto a conoscenza dell’altra parte, non può essere modificato unilateralmente nè revocato, e, una volta che il giudice abbia ratificato l’accordo, non è più consentito alle parti – e, quindi, anche al p.m. – prospettare questioni e sollevare censure con riferimento alla sussistenza e alla giuridica qualificazione del fatto, alla sua soggettiva attribuzione, all’applicazione e comparazione delle circostanze, all’entità e modalità di applicazione della pena; in tale ambito, l’obbligo di motivazione deve ritenersi assolto con la semplice affermazione dell’effettuata verifica e positiva valutazione dei termini dell’accordo intervenuto fra le parti. Cass. pen., sez. 6^, 3.11.1998. Gasparini.

Dal suddetto principio consegue la inammissibilità del ricorso, perchè, nel caso di specie, si introduce una rivalutazione della sussistenza e della qualificazione giuridica del fatto che è stata oggetto di sentenza di patteggiamento, suscettibile eventuale giudizio di revisione ex art. 629 c.p.p., ricorrendone i presupposti.

In secondo luogo va osservato che è del tutto indimostrata la tesi formulata dalla difesa, posto che la violazione del principio del "ne bis in idem" presuppone la provata identità storico-naturalistica tra le condotte contestate nei due diversi giudizi, nonchè la loro corrispondenza cronologica che, nel presente caso va esclusa alla luce della motivazione della decisione qui impugnata. Da quest’ultima si evince che il delitto di evasione (accertato il 20.6.2010) per il quale l’imputato è stato giudicato e condannato con sentenza qui impugnata, è stato commesso in correlazione al delitto di rapina consumato in pari data.

Tale circostanza fattuale pone il delitto di evasione qui giudicato, in termini cronologicamente incompatibili con quello (commesso in data 28.10.2006) già giudicato con sentenza antecedente del 29.1.2009 del Tribunale di Firenze, dovendosi così ritenere, in assenza di ulteriori elementi specifici non dedotti dalla difesa, che si è in presenza di fatti diversi.

Per le suddette ragioni il ricorso è inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 alla Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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