Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 16-09-2011) 24-11-2011, n. 43305

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

In data (OMISSIS), in (OMISSIS) all’interno della Stazione (OMISSIS) veniva trovato in terra privo di sensi e in condizioni di profondo sopore, un uomo, successivamente identificato per F.L. che, trasportato in ospedale dopo opportune cure veniva dimesso con la diagnosi di: "probabile assunzione involontaria di benzodiazepine a scopo di rapina".

La polizia Giudiziaria nel corso delle indagini acquisiva la registrazione delle riprese del sistema televisivo interno della stazione ferroviaria, attraverso le quali riconosceva l’odierno imputato in compagnia del F.L., all’interno dei locali della stazione ferroviaria nel giorno e nell’ora dell’aggressione.

Il (OMISSIS) agenti della polizia fermavano l’imputato e nel corso della sua perquisizione personale rinvenivano: a) una ricetta medica intestata a tale C.L. contenente la prescrizione del farmaco Halcion 10; dai timbri apposti sul detto documento la polizia giudiziaria accertava che con quella ricetta erano già state acquistate due confezioni (una della quali lo stesso giorno in cui era stata commessa la rapina ai danni del F.); b) una carta di identità intestata a tale R.G.; c) un certificato di trasferimento dal Comune di residenza (da (OMISSIS)) intestato al medesimo R.".

Il P. veniva quindi sottoposto a procedimento penale per i seguenti reati:

"1) del delitto di cui all’art. 628 c.p., comma 1, e comma 3, n. 2, perchè alfine di procurarsi un ingiusto profitto, con violenza consistita nel somministrare a F.L. sostanze che lo ponevano in stato soporoso e, quindi, di incapacità di volere e di agire, si impossessava del bagaglio che sottraeva al predetto.

In (OMISSIS).

"2) del delitto di cui all’art. 495 c.p., comma 1 e comma 2, n. 1, perchè dichiarava falsamente all’Ufficiale dell’Anagrafe del Comune di (OMISSIS), nella richiesta di iscrizione all’Anagrafe di (OMISSIS), di chiamarsi R.G..

"3) del delitto di cui all’art. 496 c.p., perchè interrogato sulla identità da parte della polizia Ferroviaria di (OMISSIS), faceva mendaci dichiarazioni esibendo la carta di identità di cui al capo che segue, documento dal quale risultava chiamarsi R. G..

"4) del delitto di cui all’art. 497 bis, comma 2, perchè contraffaceva la propria carta di identità nr (OMISSIS) rilasciata dal Comune di (OMISSIS), documento valido per l’espatrio, alterando il cognome da P. a R..

Accertato in (OMISSIS).

Con la recidiva reiterata, specifica, infraquinquiennale.

Con sentenza 9.11.2009, il Tribunale di Roma ha dichiarato l’imputato responsabile dei reati in epigrafe riportati, riuniti sotto il vincolo della continuazione e, per l’effetto, riconosciuta la attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4, in misura equivalente alla contestata aggravante della rapina e alla recidiva, lo ha condannato alla pena di anni quattro di reclusione e 900,00 Euro di multa, oltre alla pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque.

Avverso alla suddetta decisione, la difesa ha proposto appello lamentando che: a) la persona offesa non aveva individuato con certezza in fotografia il P.; b) non vi era prova che l’imputato indossasse abiti talari, come affermato nella descrizione dell’aggressore fatta dal F.; c) il F. (parte offesa) era stato rinvenuto, privo di conoscenza, all’interno della stazione, in una zona ove non vi erano riprese televisive; d) l’imputato, al momento del fermo, non era stato trovato in possesso di farmaci "tranquillanti"; e) non vi era la prova di una falsificazione dei documenti di identità (neppure esaminati dal Tribunale) essendo l’alterazione della prima lettera del cognome, frutto di errore dell’impiegato dell’anagrafe.

La Corte d’Appello di Roma, respingeva tutte le doglianze con eccezione di quella relativa alla trattamento sanzionatorio essendo così l’imputato alla pena di anni tre, mesi sei di reclusione e 750,00 Euro di multa.

La difesa dell’imputato ricorre per Cassazione richiedendo l’annullamento della sentenza della Corte romana e deduce:

p.1.) ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), l’erronea applicazione dell’art. 40 c.p., comma 1, mancando la prova della causa reale dello stato "soporifero" in cui sarebbe caduto il F., potendo essere stato indotto da ragioni diverse dalla assunzione di benzodiazepine. p.2.) ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), il vizio di mancanza o manifesta illogicità o contraddittorietà della motivazione circa:

a) l’individuazione fotografica dell’imputato da parte del F. nel corso della udienza del 25.9.2009;

b) l’abbigliamento del rapinatore;

c) la mancanza di una prova certa di un incontro tra l’imputato e la persona offesa; il contrasto in relazione alla circostanza che l’imputato abbia incontrato il F. il giorno della rapina;

d) la scarsa significanza probatoria rappresentata dal possesso da parte dell’imputato della certificazione medica relativa all’acquisto dell’Halcion 10;

e) la insuscettibilità di diluizione del medicinale con acqua. p.3.) ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) in travisamento delle dichiarazioni testimoniali del testimone C. e le "proposizioni probatorie" assunte come base argomentativa del discorso giudiziale". p.4.) ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), mancanza e manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione in relazione al testo del provvedimento impugnato ed in particolare all’oggetto della prova ex art. 187 c.p.p. ed in relazione alla regola di inferenza probatoria adottata ex art. 192 c.p.p., comma 1 in relazione agli artt. 497 bis e 495 c.p.. Sul punto la difesa sostiene che: a) non è stata condotta alcuna indagine in merito alla contraffazione del documento di identità; b) il diverso cognome riportato sul documento relativo al cambio del Comune di residenza, potrebbe essere frutto di errore dell’Ufficiale dello Stato civile.

Il ricorso è manifestamente infondato in tutti gli aspetti e va rigettato. Con riferimento al motivo su p.1), il Collegio rileva che la difesa denuncia un’apparente erronea applicazione della legge penale, mentre nella sostanza deduce un’inammissibile argomentazione attinente ad aspetti di fatto, nel chiaro tentativo di prospettare una ipotetica ricostruzione delle cause del malore e della perdita dei sensi da parte del F., in termini alternativi rispetto a quanto accertato nel corso del giudizio di merito. La Corte romana, ha ritenuto che la causa del malore della parte offesa fosse da rinvenirsi nella frodatoria somministrazione di benzodiazepine al F.: trattasi di giudizio di merito che trova il suo fondamento in una valutazione di esaustività detta documentazione medica acquisita in atti. La censura nei termini prospettati dalla difesa, sostanziandosi in ipotetiche alternative cause del malore del F., è pertanto inammissibile, perchè involge valutazioni di merito che sono estranee al giudizio di legittimità.

Con riferimento ai motivi p.2 e p.4 (consistenti nella censura del vizio di motivazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) il Collegio osserva: le doglianze attengono ad aspetti di fatto inerenti la valutazione delle prove, senza la indicazione di reali e specifici vizi della motivazione.

In particolare appare del tutto privo di efficace e concreto significato censorio il riferimento formulato dalla difesa in ordine ad una violazione degli artt. 187 e 192 c.p.p., infatti esso è fondato su una soggettiva valutazione, parcellizzata degli elementi indizianti, che senza costituire una efficace critica della motivazione del provvedimento impugnato è volta a sostituire le valutazioni svolte dalla Corte territoriale. L’esame della gravità, della precisione e della concordanza degli indizi da parte del giudice di legittimità è semplicemente un controllo sul rispetto, da parte del giudice di merito dei criteri dettati in materia di valutazione delle prove ex art. 192 c.p.p.. Tale controllo può essere eseguito solo con riferimento ai consueti parametri della completezza, della correttezza e della decisione del discorso motivazionale (v. Cass. Sez. 6 15.11.2002 n. 20474 in Ced Cass. Rv 225245; idem 7.3.2003 n. 31706 in Ced Cass. Rv. 228401; Cass. Sez. 1 25.9.2008 n. 42993 in Ced Cass. Rv 241826; Cass. Sez. 4 19.3.2009 n. 19730 in Ced Cass. Rv 243508; idem 12.11.2009 12.11.2009 n. 48320 in Ced Cass. Rv 245880). A tale regola vanno quindi ricondotte le censure dianzi elencate con la conseguenza che il motivo:

sub p.2.a) non pone in evidenza una contraddizione nella valutazione della prova del riconoscimento fotografico, così come effettuato, ma una diversa esigenza probatoria che doveva essere oggetto di specifica richiesta da parte della difesa;

sub p.2.b) è attinente ad una valutazione delle dichiarazioni del testimone e di quanto da lui percepito, tenendo conto delle condizioni di luogo, di tempo e della stessa parte offesa. La conclusione alla quale perviene la Corte Territoriale, sul punto circa il possibile fraintendimento della natura dell’abbigliamento dell’interlocutore, così come percepito dalla parte offesa la cui dichiarazione è oggetto di sindacato di merito, appare ragionevole, nè manifestamente illogica;

sub p.2.c) attiene nella sostanza ad una diversa valutazione comparativa fra le circostanza riferite dal testimone e quelle riferite dalla polizia giudiziaria. La valutazione delle varie dichiarazioni dei testimoni escussi rientra nei compiti precipui del giudice di merito il quale è insindacabile in quanto la motivazione, come nel caso di specie sia immune da vizi logici, che devono essere ex se percepibili.

Sub p.2.d) attiene ad una valutazione di merito, non sindacabile nella presente sede, non essendo irragionevole il ritenere che l’imputato, trovato nel possesso di una ricetta medica riguardante il medicinale halcion, surrettiziamente abbia somministrato il suddetto medicinale a terze persone (nella specie la parte offesa).

Sub p.2.e) attiene ad una considerazione di puro fatto la manifestazione di giudizi sulla capacità di diluizione di un medicinale in una bevanda e la capacita di saturazione del diluente, senza che gli stessi dati di fatto siano desunti da specifici dati processuali eventualmente travisati dal giudice di merito.

Ad analoga considerazione deve pervenirsi in merito alla valutazione delle dichiarazioni testimoniali dello agente di polizia giudiziaria C..

Per i suddetti motivi, le doglianze proposte dalla difesa avverso la decisione impugnata sono eccentriche rispetto alla previsione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) e il ricorso va quindi dichiarato inammissibile e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende attesa la responsabilità nella proposizione di argomenti nella sostanza pretestuosi.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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