Cass. civ. Sez. III, Sent., 08-06-2012, n. 9286

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I fatti di causa possono così ricostruirsi sulla base della sentenza impugnata.

F.C. pignorò, nelle forme dell’espropriazione presso terzi, ex art. 543 cod. proc. civ., e segg., le somme residue dell’esecuzione pendente innanzi al Tribunale di Parma – R.G. 137/2003 – nei confronti di Conciliatori s.a.s. di Conciatori Fausto & C, in quanto ritenute di spettanza dei soci T.E. e C.F., debitori del F. e unici titolari del capitale sociale della predetta accomandita. L’esecutante invitò quindi la Cancelleria delle Esecuzioni Immobiliari e la s.a.s.

C. a rendere, per mezzo del suo legale rappresentante, la dichiarazione di cui all’art. 547 cod. proc. civ..

Avverso detto pignoramento Conciatori s.a.s. propose opposizione all’esecuzione, ex art. 615 cod. proc. civ., comma 2. La causa assunse il numero di R.G. 2247 del 2007. Con ordinanza del 17 gennaio 2008 il giudice dell’esecuzione del procedimento n. 1186 del 2006 rigettò la richiesta dell’opponente di assegnazione delle somme depositate sul libretto della procedura esecutiva n. 137 del 2003 e dichiarò estinta la procedura.

Il creditore pignorante propose allora opposizione ex art. 617 cod. proc. civ., comma 2, opposizione che fu rubricata al numero di R.G. 1654 del 2008.

Riunite le due cause, il Tribunale di Parma, con sentenza del 26 novembre 2009, ha dichiarato inammissibile l’opposizione iscritta al numero di R.G. 2247 del 2007; ha rigettato quella iscritta al numero di R.G. 1654 del 2008; ha compensato integralmente tra le parti le spese di lite.

Per la cassazione della pronuncia di rigetto dell’opposizione agli atti esecutivi ricorre a questa Corte F.C., formulando due motivi.

Resiste con controricorso Talamini Emanuela & C. s.a.s., di Conciliatori Fausto & C. s.a.s.. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Motivi della decisione

1 Ha osservato il decidente che nella procedura di espropriazione presso terzi incardinata dal F., che è quella che qui interessa, era mancata la dichiarazione del terzo, e cioè di Conciliatori s.a.s., individuato quale debitor debitoris dal creditore procedente, essendo solo intervenuta una irrituale comunicazione del cancelliere, in relazione alla giacenza di somme sul libretto della procedura esecutiva R.G. 137 del 2003. Ha quindi rilevato che l’esecutante, a fronte della mancata comparizione del legale rappresentante della società, non aveva avanzato istanza di accertamento dell’obbligo del terzo, ex art. 548 cod. proc. civ., non aveva cioè azionato il rimedio tipico previsto dall’ordinamento per siffatta eventualità, laddove solo nell’ambito del processo così incardinato si sarebbe potuto discutere in ordine all’esistenza di un credito dei soci nei confronti della società, aggredibile da parte dei loro creditori. L’inerzia dell’esecutante aveva dunque provocato l’inefficacia del pignoramento e la conseguente legittimità della declaratoria di estinzione della procedura esecutiva emessa dal giudice dell’esecuzione.

2 Di tale decisione si duole dunque il ricorrente il quale, con il primo motivo di ricorso, denuncia violazione degli artt. 543, 548 cod. proc. civ., art. 177 c.c., art. 2313 cod. civ., e segg..

Sostiene che, considerata la contestuale proposizione di un’opposizione all’esecuzione da parte di C.F., legale rappresentante della società in accomandita, volta a denunciare l’irritualità del pignoramento, l’istanza di accertamento dell’obbligo del terzo avrebbe dato luogo a un’ipotesi di continenza di cause, da risolvere ex art. 39 cod. proc. civ., mediante rimessione davanti al giudice della causa principale. In ogni caso, non era ravvisabile alcuna imperfezione rituale che si frapponesse alla preventiva applicazione dell’art. 104 cod. proc. civ., con conseguente ammissibilità di domande e pronunce implicite. In sostanza, dopo la dichiarazione del legale rappresentante della s.a.s. il quale nel ricorso ex art. 615 cod. proc. civ., aveva asserito che nulla doveva la società ai propri soci, non occorreva un ulteriore più adeguato accertamento fattuale, rimanendo soltanto da emettere un apprezzamento giuridico della situazione creatasi.

L’impugnante svolge poi articolati rilievi in ordine al carattere di società irregolare di Conciliatori s.a.s., per essere la stessa priva di uno statuto scritto, nonchè in ordine all’insussistenza di una vera e propria autonomia patrimoniale della società.

1.2 Con il secondo mezzo si denunciano vizi motivazionali. La sentenza del Tribunale avrebbe invero, del tutto contraddittoriamente, da un lato, affermato l’inammissibilità dell’opposizione all’esecuzione proposta dalla società, dall’altro accettato il contenuto e la sostanza della stessa. In ogni caso, svalutando la dichiarazione del cancelliere, avrebbe fatto malgoverno degli insegnamenti dottrinali in punto di crediti verso l’amministrazione per depositi giudiziaria portati da libretti custoditi dal cancelliere.

2 Le censure, che si prestano a essere esaminate congiuntamente, per la loro evidente connessione, sono destituite di fondamento.

Il nucleo intorno al quale ruotano le critiche del ricorrente – peraltro in più punti oscure e ridondanti – è la sostanziale inutilità di un procedimento di accertamento dell’obbligo del terzo, in un contesto in cui, da un lato, il medesimo terzo aveva di fatto negato, nell’opposizione all’esecuzione, l’esistenza di qualsivoglia debito della società nei confronti dei soci; dall’altro, l’esistenza di siffatto debito emergeva, per contro, in maniera incontestabile dalla circostanza, pacifica in causa, che all’esaurimento del procedimento espropriativo in danno di Conciliatori s.a.s., era sopravanzato un attivo.

3 Trattasi di argomentazioni prive di pregio sotto ogni profilo.

Anzitutto, la pretesa del ricorrente di eludere il disposto dell’art. 548 cod. proc. civ. – a tenor del quale in caso di omessa o contestata dichiarazione del terzo, per decidere sulla sussistenza o meno dell’obbligo dello stesso verso il debitore, è necessaria l’instaurazione di un giudizio di cognizione, su istanza della parte interessata – manca di qualsivoglia base normativa. E’ sufficiente, a tacer d’altro, considerare che la mancata comparizione del legale, rappresentante della società in accomandita nella procedura di espropriazione presso terzi, non meno delle argomentazioni con le quali la medesima società, nella proposta opposizione all’esecuzione, ha sostenuto di nulla dovere ai propri soci, concretano esattamente le ipotesi di mancata o negativa dichiarazione del terzo, a fronte delle quale altro rimedio non v’è, per l’esecutante, che la richiesta di accertamento dell’obbligo del terzo.

4 Non è poi superfluo aggiungere che, mentre il richiamo alla disciplina della continenza di causa, al pari del disposto dell’art. 104 cod. proc. civ., non è di alcuna utilità, ai fini del giudizio di fondatezza delle critiche formulate dal ricorrente, la tesi difensiva sottesa alla procedura azionata, postulando la diretta spettanza ai soci del saldo attivo residuato all’esaurimento della procedura condotta a carico della società (e cioè alla vendita del bene staggito e al pagamento del creditore procedente), poggia sull’equivoco di fondo della soggezione di quel saldo al regime giuridico degli utili, i quali, nelle società di persone, sono, essi si, oggetto di un diritto di credito del socio (confr. Cass. civ. 24 luglio 2009, n. 17362; Cass. civ. 27 febbraio 2002, n. 2899). Ma tale tesi è priva, ancora una volta, di base giuridica, essendo peraltro in contrasto con il principio per cui le società di persone, ancorchè prive di personalità giuridica, sono tuttavia caratterizzate da una propria autonomia patrimoniale, autonomia che determina la netta separazione del patrimonio della società da quello dei soci (confr. Cass. civ., 6 dicembre 2011, n. 26245; Cass. civ. 18 novembre 2008, n. 27349).

Ne deriva che non essendo, a tacer d’altro, gli importi giacenti sul libretto della procedura somme di pertinenza degli esecutati, correttamente il giudice di merito ha anche negato qualsivoglia rilievo alla dichiarazione del cancelliere. Il ricorso è respinto.

Il ricorrente rifonderà alla controparte le spese di giudizio nella misura di cui al dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 3.700,00 (di cui Euro 3.500,00 per onorari), oltre IVA e CPA, come per legge.

Così deciso in Roma, il 29 marzo 2012.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2012

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