Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 02-01-2012, n. 11

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Con sentenza n. 558 del 21 aprile 2010, questo Consiglio respingeva l’appello proposto dalla società Vallesinella contro la sentenza del T.A.R. della Sicilia, sede di Palermo (sez. I), n. 438 del 3 marzo 2009.

Con la sentenza appellata il T.A.R. respingeva il ricorso proposto dalla società Vallesinella per ottenere l’annullamento degli atti concernenti l’acquisizione al patrimonio indisponibile del Comune di Palma di Montechiaro – ai sensi dell’art. 43 del D.P.R. n. 327/2001 – del Castello Chiaramontano di Montechiaro.

2) Con il ricorso per revocazione, la società Vallesinella sostiene che:

a) – a seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale di cui alla sentenza della Corte costituzionale n. 293 dell’8 ottobre 2010, l’art. 43 del D.P.R. n. 327 del 2011 è stato espunto dall’ordinamento giuridico. Ne consegue che la sentenza di questo Consiglio n. 558 del 2010 è revocabile per errore di fatto, vertendosi in una situazione analoga che si ha quando il giudice ometta, per errore di fatto, di esaminare e giudicare su un ricorso proposto dall’interessato.

b) – la decisione è meritevole di revocazione anche per gli aspetti relativi alla quantificazione del risarcimento. Ciò perché, per un verso, contrariamente a quanto sostenuto nella decisione di questo Consiglio, la stima fatta dall’U.T.E. nel 1996 ha costituito oggetto specifico di impugnazione e, per altro verso, non è stata dedotta in giudizio la necessità di un autonomo procedimento di acquisizione sanante relativa alla statua della Madonna del Castello, bensì quella di quantificare il complessivo valore del Castello stesso, tenendo anche conto della esistenza di siffatta scultura, non amovibile per effetto di uno specifico provvedimento di vincolo.

3) Resistono al ricorso il Comune di Palma di Montechiaro e le altre Amministrazioni convenute in giudizio.

4) In via preliminare va esaminata l’eccezione d’inammissibilità del ricorso che è stata formulata dalla difesa del Comune di Palma di Montechiaro sul presupposto che il ricorso stesso non è non è stato notificato al difensore costituito nel giudizio di appello, ma unicamente al suo domiciliatario.

L’eccezione è infondata, essendo stata soddisfatta l’esigenza di far pervenire l’atto d’impugnazione alla conoscenza legale della parte per il tramite del suo rappresentante processuale (cfr. Cass. Civ., n. 287 del 1984 e, più di recente, n. 10097 del 1988).

5) Ciò posto vanno esaminati i motivi di censura addotti a sostegno del ricorso in revocazione.

6) Il primo motivo di revocazione è infondato.

La citata pronuncia, recante la dichiarazione di incostituzionalità del predetto art. 43 del D.P.R. n. 327/2001, è intervenuta in epoca successiva alla formazione del giudicato sulle statuizioni recate della decisione che ha respinto l’appello della società ricorrente.

Si attaglia al caso in esame il consolidato principio (tra i molti precedenti, cfr. di recente, questo C.G.A., 19 maggio 2011, n. 369) secondo il quale la dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma rileva anche nei processi in corso, ma non incide sugli effetti irreversibili già prodottisi. Ciò perché la retroattività degli effetti della dichiarazione di incostituzionalità incontra un limite negli effetti che la stessa, ancorché successivamente rimossa dall’ordinamento, abbia irrevocabilmente prodotto, qualora resi intangibili dalla preclusione nascente o dall’esaurimento dello specifico rapporto giuridico disciplinato dalla norma espunta dall’ordinamento giuridico oppure dal maturare di prescrizioni e decadenze ovvero, ancora, dalla formazione del giudicato.

Un temperamento al suesposto principio deriva dall’orientamento, pur esso giurisprudenziale (cfr., di recente, C.d.S., Sez. IV, 18 giugno 2009, n. 4002 e 3 dicembre 2010, n. 8507), secondo il quale la sopravvenuta dichiarazione d’illegittimità costituzionale della norma disciplinante il potere di adozione di un provvedimento oggetto di gravame giurisdizionale comporta l’illegittimità derivata dell’atto stesso, qualora il ricorrente abbia, attraverso uno specifico motivo di ricorso, fatto venire in rilievo la norma denunciata dinanzi al Giudice delle leggi. Come si soggiunge, in presenza di uno specifico motivo di ricorso, riferito alla norma incostituzionale, ancorché non sia stato sollevato alcun profilo d’incostituzionalità di essa, assume, invero, rilievo il principio secondo cui il giudice deve applicare d’ufficio, nei giudizi pendenti, le pronunce di annullamento della Corte costituzionale, con conseguente possibilità di superare i limiti che derivano dalla struttura impugnatoria del processo amministrativo e della correlata specificità dei motivi (cfr., pure, C.d.S., Sez. V, 5 maggio 2008, n. 1986).

Il Collegio è dell’avviso che questo secondo orientamento giurisprudenziale non sia applicabile al caso di specie, non avendo la società ricorrente dedotto, come risulta dalla sentenza gravata in questa sede, vizi di legittimità riferiti al citato art. 43 del D.P.R. n. 327/2001.

Né appare rilevante nel presente giudizio la circostanza che la ricorrente abbia presentato ricorso davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo, perché, come già osservato dalla giurisprudenza (cfr. T.A.R. Lombardia, Sez. IV, 22 novembre 2010, n. 7302), l’intervento della Corte costituzionale sull’art. 43 del D.P.R. n. 327/2001 non ha fatto altro che eliminare la compressione della tutela restitutoria, mentre nessuna novità ha introdotto con riferimento alla tutela risarcitoria per equivalente.

7) Anche il secondo motivo di revocazione è infondato.

L’errore di fatto, che può dar luogo a revocazione ex art. 395, n. 4, c.p.c., è ravvisabile quando venga supposto, o considerato inesistente, un fatto incontrovertibilmente escluso, o positivamente accertato, in conseguenza non di un errore di giudizio, ma di un errore nella percezione delle risultanze processuali, cioè di una svista materiale, immediatamente rilevabile dagli atti, senza necessità di particolari indagini (cfr., ex multis, Cass. Civ., SS.UU., 4 luglio 1987, n. 5865 e, nell’ambito della giurisprudenza amministrativa, C.d.S., Sez. V, 18.9.2008, n. 4465 e Sez. VI, 9.6.2008, n. 2776).

Nel caso di specie non sussiste l’errore di fatto revocatorio perché, come rettamente eccepito dalla difesa del Comune resistente, l’oggetto della controversia non era di valutare se la società ricorrente si fosse rivolta alla Corte d’appello per ottenere una diversa e maggiore indennità espropriativa, bensì se la quantificazione del risarcimento spettante ex art. 43 fosse conforme al parametro normativo e se la relazione dell’U.T.E. del 1996 fosse affidabile ai fini del calcolo del risarcimento.

Quanto alla statua della Madonna del Castello, le considerazioni esposte in sentenza non sono suscettive di dar luogo a revocazione, essendo effettivamente controverso se detta statua abbia formato oggetto di acquisto unitamente al Castello e se la stessa abbia un "reale valore commerciale".

8) In conclusione, per le suesposte considerazioni, il ricorso in esame deve essere dichiarato inammissibile.

Ritiene altresì il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.

Le spese e gli altri oneri del giudizio sono posti a carico della società ricorrente e sono liquidati a favore delle Amministrazioni convenute in giudizio nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, dichiara inammissibile il ricorso per revocazione come in epigrafe proposto dalla Vallesinella s.a.s.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese, competenze e onorari di giudizio che liquida complessivamente in Euro 10.000,00 (euro diecimila/00) di cui la metà a favore del Comune di Palma di Montechiaro e la restante metà a favore delle altre Amministrazioni pubbliche convenute in giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo il 9 giugno 2011, dal Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, in Camera di Consiglio, con l’intervento dei signori: Riccardo Virgilio, Presidente, Antonino Anastasi, Guido Salemi, estensore, Pietro Ciani, Giuseppe Mineo, componenti.

Depositata in Segreteria il 2 gennaio 2012.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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