Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 02-01-2012, n. 10 Contratto di appalto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) La E. Restauri s.r.l. e la ditta Sa.Am. adivano il T.A.R. per la Sicilia, sezione staccata di Catania, chiedendo l’annullamento dell’informativa antimafia del 23 aprile 2010 e del decreto del dirigente generale del 4 giugno 2010 con il quale era stato revocato il DDG del 17 febbraio 2010, n. 26, concernente l’aggiudicazione dello appalto indetto per l’affidamento dei "…lavori di recupero e conservazione del Palazzo municipale – ex convento Benedettino Cassinese".

Con ricorso per motivi aggiunti le ricorrenti estendevano l’impugnazione alla nota della Prefettura di Agrigento del 4 agosto 2010, n. 2010/16904.

2) Con sentenza n. 4558 del 30 novembre 2010, il giudice adito ha respinto il ricorso.

Detto giudice ha riassunto come segue la vicenda posta a base degli atti impugnati.

"Con nota del 23 marzo 2010, l’Ufficio territoriale del governo di Agrigento ha trasmesso l’informativa antimafia nei confronti della società E. Restauri s.r.l., con la quale, pur comunicando l’insus-sistenza di cause interdittive che precludevano la possibilità di stipulare contratti di appalto (art. 10 della legge n. 575/1965, art. 4 del D.Lgs. n. 490/1994 e art. 10 del D.P.R. n. 252), segnalava che il responsabile tecnico signor Ga.Ri. era stato condannato con sentenza divenuta irrevocabile nel 2004 alla pena di un anno e due mesi di reclusione per il reato di tentata estorsione continuata e che in ogni caso nei confronti dell’amministratore unico, del responsabile tecnico e del direttore tecnico dell’impresa E. Restauri s.r.l., "risultano frequentazioni con persone controindicate, gravate da precedenti di polizia, di cui alcuni imputati in procedimenti per associazione mafiosa". Queste sono fatte discendere dagli accertamenti degli organi di Polizia e precisamente del Comando provinciale dei C.C. di Agrigento dai quali si rileva che l’amministratore unico Ri.Gi. e il responsabile tecnico Ri.Ga. avevano partecipato nel 2005 al funerale del noto boss di Fa.Gi.Pi. e nel 2007 erano stati controllati unitamente ad altri 37 soggetti, di cui almeno nove coinvolti a vario titolo in diversi procedimenti per associazione a delinquere, e con alcuni dei quali risultavano avere avuto frequentazioni. Inoltre, tutti e tre i signori Ri. (amministratore, responsabile tecnico e direttore tecnico), sono stati separatamente indagati in vari procedimenti penali concernenti associazione per delinquere per turbata libertà degli incanti e falsità materiale, tentata estorsione e illecita concorrenza con minaccia".

Ciò posto, il T.A.R. ha osservato che nella specie viene in rilievo un’informativa supplementare (o atipica), ossia un’informativa fondata sull’accertamento di elementi che, pur evidenziando pericolo di collegamenti fra l’impresa e la criminalità organizzata, non raggiungono un livello tale da esplicare efficacia interdittiva automatica e il cui effetto sulla gara o sul contratto eventualmente stipulato è rimesso alla valutazione discrezionale dell’amministrazione destinataria dell’informativa stessa, in via autonoma e discrezionale, alla luce dell’idoneità morale del partecipante alla gara di assumere la posizione di contraente con la P.A. Pertanto, essa non assume carattere vincolante e lascia un margine di valutazione rimesso alla discrezionalità dell’amministrazione aggiudicatrice, che è chiamata a valutarne l’incidenza: ciò implica la necessità di una motivazione, sia nel caso in cui l’amministrazione decida di instaurare o proseguire il rapporto con l’impresa pur a seguito dell’informativa, sia nel caso in cui l’Amministrazione decida di non instaurare o non proseguire il rapporto.

Nel caso in esame, come ha proseguito il T.A.R., il Dipartimento della protezione civile, ha revocato l’aggiudicazione, compiendo una propria e ulteriore valutazione rispetto al giudizio espresso dall’Ufficio territoriale del governo di Agrigento, motivando ampiamente l’interesse alla non prosecuzione del rapporto e ritenendo prevalenti "…gli interessi di trasparenza, sicurezza svolgimento legale delle attività economiche rispetto all’interesse dell’impresa nell’instaurazione del rapporto contrattuale…".

Nelle conclusioni, il T.A.R. ha osservato che dal delineato quadro fattuale emerge, quindi, che: "a) da un lato, i fatti, le circostanze, le frequentazioni accertate dagli organi di polizia, sono elementi che integrano un quadro indiziario in base al quale non è né illogico, né inattendibile – tenuto anche conto del particolare contesto socio-economico di riferimento – ritenere la sussistenza di continui contatti tra gli organi di gestione dell’impresa e soggetti a vario titolo coinvolti in organizzazioni mafiose che impongono una valutazione particolarmente attenta dei predetti elementi di un condizionamento dell’impresa da parte di queste. Ciò peraltro, in linea con la costante giurisprudenza secondo la quale l’informativa prefettizia antimafia deve fondarsi su di un quadro fattuale di elementi che, pur non dovendo assurgere necessariamente a livello di prova (anche indiretta), siano tali da fa ritenere ragionevolmente, secondo l’id plerumque accidit, l’esistenza del rischio di infiltrazioni mafiose; la valutazione del Prefetto richiede dunque solo la presenza di elementi in base ai quali non sia illogico o inattendibile ritenere la sussistenza di un collegamento dell’impresa con organizzazioni mafiose e di un condizionamento dell’impresa da parte di queste … b) dall’altro, l’amministrazione aggiudicatrice non si è limitata a richiamare "asetticamente" la nota prefettizia, ma ha compiuto un autonomo giudizio d’inidoneità morale dei soggetti costituenti la compagine sociale, che non presenta alcun profilo d’illogicità con conseguente insussistenza dei dedotti vizi di eccesso di potere, difetto d’istruttoria e di motivazione".

3) Le società ricorrenti hanno proposto appello contro la summenzionata sentenza, deducendo le censure di violazione di legge e di eccesso di potere.

In particolare, esse hanno sostenuto che la Prefettura, allorché ha fornito le informative, non ha minimamente indicato ipotetiche situazioni di condizionamento, né consigliato alcuna misura interdittiva; che il provvedimento di revoca dell’aggiudicazione, a sua volta, non ha proceduto ad alcuna valutazione o motivazione, avendo asetticamente richimato la nota prefettizia.

Mancherebbe, dunque, il presupposto ostativo alla stipula del contratto, richiesto dalla normativa vigente, in ordine all’ipotetica esistenza di "…situazioni relative ai tentativi di infiltrazione mafiosa…" (art. 10, comma 7, del D.P.R. 3 giugno 1998, n. 232).

Quanto alla questione delle frequentazioni, al di là della ridondanza dei personaggi indicati, le indicazioni contenute negli atti istruttori sarebbero del tutto generiche e inconducenti.

4) Si è costituito in giudizio, con il patrocinio dell’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, il Dipartimento Regionale della Protezione Civile – Servizio Regionale di Protezione Civile per la Provincia di Catania.

5) Alla pubblica udienza del 9 giugno 2011, l’appello è stato trattenuto in decisione.

6) L’appello è infondato.

Questo Consiglio ha da tempo messo a fuoco principi cardini che devono fondare il giudizio di legittimità sulle informazioni prefettizie (cfr., di recente, la sentenza 19 ottobre 2010, n. 1290 e la giurisprudenza ivi richiamata).

Essi possono essere così riassunti:

– la normativa di settore privilegia una concezione della pericolosità in senso oggettivo che prescinde dall’individuazione di responsabilità di rilevanza penale;

– l’informativa deve fondarsi su di un quadro fattuale di elementi che, pur non dovendo assurgere necessariamente, a livello di prova (anche indiretta), siano tali da far ritenere ragionevolmente, secondo l’id quod plerumque accidit, l’esistenza del rischio di infiltrazioni mafiose;

– la valutazione del prefetto richiede dunque solo la presenza di elementi in base ai quali non sia illogico o inattendibile ritenere la sussistenza di un collegamento dell’impresa con organizzazioni mafiose e di un condizionamento dell’impresa da parte di queste;

– l’ampiezza dei poteri di accertamento circa i tentativi di infiltrazione mafiosa o della criminalità organizzata, in funzione della finalità preventiva del provvedimento, giustifica che il prefetto possa ravvisare l’emergenza di tentativi di infiltrazione mafiosa in fatti in sé per sé privi dell’assoluta certezza ma che, nel loro coacervo, siano tali da fondare un giudizio di possibilità che l’attività d’impresa possa, anche in maniera indiretta, agevolare le attività criminali o esserne in qualche modo condizionata.

Nella fattispecie in esame non appare dubbio che, le "frequentazioni" accertate dagli organi di polizia non hanno avuto carattere occasionale e che vi siano stati indagini per vari procedimenti penali, aventi rilevanza nel settore della gestione imprenditoriale, a carico dell’amministratore unico, del responsabile tecnico e del direttore tecnico della società E. Restauri.

Indubbiamente, l’Amministrazione non ha offerto elementi probatori atti a dimostrare l’esistenza di una infiltrazione criminale nel tessuto economico e gestionale dell’impresa, ma non è questo che è richiesto dalla normativa in materia di informativa supplementare, o atipica, essendo sufficiente l’esistenza di profili semplicemente indiziari.

7) In conclusione, per le suesposte considerazioni, l’appello deve essere respinto.

Ritiene altresì il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.

Circa le spese e gli altri oneri del giudizio, si ravvisano giusti motivi per compensarli tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, respinge l’appello indicato in epigrafe.

Compensa tra le parti le spese, le competenze e gli onorari del giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo il 9 giugno 2011, dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, in Camera di Consiglio, con l’intervento dei signori: Riccardo Virgilio, Presidente, Antonino Anastasi, Guido Salemi, estensore, Pietro Ciani, Giuseppe Mineo, componenti.

Depositata in Segreteria il 2 gennaio 2012.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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