Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 24-11-2011) 25-11-2011, n. 43667

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La difesa di M.S. propone ricorso avverso la sentenza del 25/10/2011 con la quale la Corte d’appello di Roma ha disposto la consegna del suo assistito all’autorità giudiziaria rumena a seguito dell’emissione di un mandato di arresto Europeo per l’esecuzione della pena di un anno di reclusione comminata con sentenza definitiva del Tribunale di Bailesti la medesima autorità, in relazione all’accertata responsabilità del ricercato per il delitto di rapina.

Con il primo motivo si eccepisce illogicità della motivazione nella parte in cui nella pronuncia impugnata è stata esclusa la possibilità per l’interessato di scontare la pena nel nostro territorio, nel presupposto della mancanza di una richiesta espressa in tal senso proveniente dall’interessato.

In senso contrario si osserva che dal verbale di udienza del 31/08/2011 si ricava sia la sua opposizione alla consegna, che il richiamo alla situazione di fatto, costituita dalla sua residenza in Italia da tre anni, ed alla presenza sul suolo nazionale di componenti della sua famiglia, elementi tutti dai quali deve ricavarsi la volontà dell’interessato di scontare la pena in Italia, possibilità illegittimamente esclusa dal giudicante.

2. Con il secondo motivo si lamenta omessa motivazione sulla condizione del radicamento dell’interessato in Italia, con specifico riferimento alle condizioni di vita dei familiari dell’interessato, che avrebbero corroborato la prospettata presenza in Italia dell’interessato, imponendo l’accoglimento dell’istanza.

3. La difesa ricorrente ha depositato in data 12/11/2011 memoria con allegata documentazione, attestante la consegna all’interessato del numero di codice fiscale, nonchè la conclusione di un contratto di lavoro a tempo determinato in azienda agricola di Bracciano, con data di scadenza successiva all’esecuzione della misura cautelare.

Si eccepiva inoltre che in ragione del tempo decorso in esecuzione della misura, dedotta la carcerazione già subita nel territorio di origine, la misura di pena che risultava da eseguire ad oggi è quantificabile in una misura minima, tale da rendere sporporzionata rispetto alle conseguenze dannose dello sradicamento che avrebbe imposto all’interessato.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato.

Preliminarmente si osserva che correttamente si contesta la determinazione della Corte d’appello di respingere la richiesta di esecuzione della pena in Italia, sulla base della mancata formulazione di una espressa richiesta dell’interessato. Superando precedenti affermazioni di segno contrario invero, ormai la giurisprudenza di legittimità, sulla base della valorizzazione del tenore testuale della L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 18, lett. r, è giunta a non esigere, per consentire l’esecuzione della pena comminata da giudice straniero nel nostro territorio, una manifestazione di volontà in tal senso da parte del cittadino italiano, imponendo la richiesta espressa solo per il caso di sollecitazione di segno contrario di volontà di espiazione all’estero (Sez. 6, Sentenza n. 30018 del 16/07/2008, dep. 17/07/2008, imp. Zurlo, Rv. 240330).

Nel caso di specie, in cui il diritto del cittadino straniero a scontare la pena in Italia è stato riconosciuto in forza della pronuncia della Corte Costituzionale n. 227 del 2010, che lo ha espressamente subordinato all’accertamento del radicamento dell’interessato nel territorio, stabilendo in caso positivo l’equiparazione della situazione di fatto a quella del cittadino, deve concludersi che, dovendo parificarsi la situazione richiamata a quella del cittadino per cui non è richiesta un’espressa istanza, del pari la richiesta dello straniero sul punto deve ritenersi implicita ove questi abbia allegato il radicamento nel territorio, aspetto di fatto che assume rilevanza solo nell’ottica di tale equiparazione.

2. Ciò premesso in via teorica tuttavia, nel concreto il ricorso non può trovare accoglimento atteso che, al di là dell’incompletezza dell’allegazione documentale dinanzi alla Corte di merito riguardo alla sua personale situazione di vita, sulla base di quanto documentato in questa sede dal ricorrente con memoria depositata il 18/11/2011, questi ha allegato richiesta di rilascio del numero di codice fiscale, nonchè documentazione relativa al rapporto di lavoro instaurato in Bracciano nel gennaio 2011, ed in corso di esecuzione al momento dell’arresto.

Per costante giurisprudenza si ritiene di poter accertare il radicamento nel territorio solo a seguito della verificata presenza dell’interessato in esso per un congruo periodo, quantificabile in più anni, nell’arco del quale sia documentata non solo la residenza nel territorio, che costituisce un presupposto necessario ma non sufficiente, ma anche lo svolgimento di un’attività lavorativa, la contribuzione fiscale e previdenziale, nonchè la presenza di vincoli familiari dai quali sia dato desumere il ridursi dei legami con la terra d’origine.

Nel concreto la residenza nel territorio dello Stato risulta provata solo a far tempo dal giugno 2011, mentre lo svolgimento dell’attività di lavoro, cui nel corso dell’audizione in sede di convalida o nel corso dell’udienza, mai l’interessato ha fatto riferimento, a tutto concedere risale al gennaio 2011, arco temporale inidoneo a comprovare il radicamento, nei termini ritenuti costantemente rilevanti da questa Corte.

La formulazione di richiesta di rilascio del numero fiscale, risalente al 2008, essendo atto di parte che non deve essere sorretto dall’attestazione di presenza effettiva sul territorio, non risulta idoneo a fornire prova del radicamento, mentre del tutto irrilevante a tali fini è l’accertamento delle condizioni di vita dei familiari dell’interessato, non potendo la loro situazione dimostrare alcunchè riguardo le condizioni di vita del ricorrente.

Per l’effetto, rigettato il ricorso, si condanna il ricorrente a pagamento delle spese del grado, disponendo che, a cura della Cancelleria siano curati gli adempimenti di cui alla L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 22, comma 5.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 22, comma 5.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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