Cass. civ. Sez. II, Sent., 11-06-2012, n. 9473

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – M.S.G., imputato in un procedimento penale per vendita di prodotti con segni contraffatti, presentò al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bolzano istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

Il GIP, con decreto del 5 maggio 2005, dichiarò l’inammissibilità dell’istanza, perchè non contenente tutte le indicazioni alle quali l’ammissione al beneficio è subordinata.

2. – Il Tribunale di Bolzano, in persona del suo presidente, con ordinanza in data 11 maggio 2006, ha rigettato l’opposizione di M.S.G. al provvedimento del GIP. Il Tribunale ha rilevato che il decreto impugnato risulta "motivato a dovere, riportando, in forma stringata ma ugualmente comprensibile, il richiamo al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 79 integrato dal rilievo dell’assenza nell’istanza delle indicazioni richieste", e che, "quand’anche si volesse ravvisare la lamentata carenza di motivazione", il giudice dell’opposizione "sarebbe comunque chiamato a rivisitare la decisione emessa dal primo giudice, senza poter pervenire all’annullamento del decreto ed alla restituzione degli atti al primo giudice".

Nel merito, il Tribunale ha condiviso la statuizione di mancanza, nell’istanza presentata, di elementi richiesti a pena di inammissibilità.

Ciò in quanto l’imputato ha "trascurato di fornire le richieste indicazioni (se del caso anche negative) sui componenti della propria famiglia anagrafica, essendo di tutta evidenza come la dichiarazione inserita nell’istanza con la dicitura "che vive solo in (OMISSIS)" non risponda al requisito ed avrebbe potuto abilmente nascondere, senza che l’imputato fosse incorso in alcun falso, la presenza di altri componenti la famiglia anagrafica e dei potenziali loro redditi (quando gli stessi avrebbero potuto assumere rilevanza agli effetti di quanto disposto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 76, comma 2)".

3. – Per la cassazione di questa ordinanza M.S.G. ha proposto ricorso, con atto notificato il 27 ed il 28 luglio 2006, sulla base di tre motivi.

L’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso.

L’altro intimato non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo (violazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 99 in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 1 e 2) il ricorrente – il quale afferma di avere provveduto ad iscrivere a ruolo l’opposizione dinanzi al Tribunale civile unicamente perchè la cancelleria penale aveva rifiutato il ricevimento dell’atto – si duole del fatto che l’opposizione sia stata trattata in sede civile.

Il ricorrente chiede, conclusivamente, che sia affermato che il procedimento introdotto da proposizione di ricorso D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 99 avverso il diniego di ammissione al gratuito patrocinio, diniego pronunciato in un processo penale, deve essere trattato nelle forme previsto per il rito camerale penale di cui all’art. 568 cod. proc. pen., e segg.; e che "nell’ipotesi in cui l’impugnazione sia stata trattata dal giudice civile ma l’opponente abbia tempestivamente sollevato eccezione in tal senso, dimostrando così di non avere prestato acquiescenza al rito impostogli, deve disporsi l’annullamento con rinvio al giudice penale competente e non dichiararsi l’improcedibilità del ricorso".

1.1. – Premesso che nessuna improcedibilità ha fatto derivare il presidente del Tribunale dalla trattazione in sede civile dell’opposizione, la quale è stata rigettata nel merito, il motivo è infondato.

Invero, mentre il procedimento di opposizione, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, ex art. 170 al decreto di liquidazione dei compensi ai custodi e agli ausiliari del giudice (oltre che ai decreti di liquidazione degli onorari dovuti ai difensori nominati nell’ambito del patrocinio a spese dello Stato) introduce una controversia di natura civile, indipendentemente dalla circostanza che il decreto di liquidazione sia stato pronunciato in un giudizio penale, e deve quindi essere trattato da magistrati addetti al servizio civile, nel distinto contesto delle controversie sull’ammissione alla fruizione del diritto alla difesa gratuita nel processo penale (o sulla revoca di tali atti), pur non difettando un profilo patrimoniale, acquista un peso preponderante il fatto che il diritto di cui si discute si riverbera, in primo luogo, sull’effettivo esercizio del diritto di difesa nel processo penale. Pertanto, avverso il provvedimento con cui il GIP rigetta l’istanza di ammissione dell’interessato al patrocinio a spese dello Stato, l’opposizione di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 99 è devoluta alla cognizione di un magistrato addetto al settore penale, nonostante il rinvio di quest’ultima disposizione al procedimento speciale previsto (ratione temporis) dalla L. 13 giugno 1942, n. 794, per la liquidazione degli onorari di avvocato.

Tuttavia, qualora l’opposizione sia stata decisa da un giudice addetto al servizio civile, si configura una violazione delle regole di assegnazione degli affari che non determina l’invalidità dell’ordinanza adottata per ragioni di competenza (cfr. Cass. civ., Sez. Un., 3 settembre 2009, n. 19161; Cass. civ., Sez. 2, 23 febbraio 2011, n. 4407; Cass. pen., Sez. 4, 2 marzo 2011, n. 12491, Esposito;

Cass. civ., Sez. 1, 24 marzo 2011, n. 6840).

D’altra parte, il ricorrente neppure indica quali pregiudizi all’esplicazione del diritto di difesa siano in concreto derivati dall’avere il giudice fatto applicazione del procedimento camerale civile anzichè di quello disciplinato dal codice di procedura penale.

2. – Con il secondo mezzo, il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione di legge, sostiene che l’onere di dichiarazione ed allegazione previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 76 e 79 relativamente alla composizione del nucleo familiare anagrafico sia pienamente soddisfatto da chi dichiari, ai sensi del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, art. 46, comma 1, lett. o), di vivere solo senza che vi siano altri oneri a suo carico (comprendendo tale espressione sia l’assenza di familiari che di conviventi).

2.1. – La censura è fondata.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 76 e 79 l’accesso al patrocinio a spese dello Stato è consentito soltanto ai non abbienti, tali dovendosi considerare coloro che dall’ultima dichiarazione risultano percettori di un reddito non superiore ad una certa soglia; qualora il richiedente conviva con il coniuge ovvero con altri familiari, la soglia reddituale complessiva di accesso resta individuata nella somma dei singoli redditi dei conviventi, compreso l’istante, ma i limiti di reddito sono elevati nella misura indicata nell’art. 92 del citato D.P.R. per ognuno dei familiari conviventi.

In particolare, l’art. 79, comma 1, lettera b), richiede che l’istanza debba contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione delle generalità, oltre che dell’interessato, dei componenti la famiglia anagrafica, per tale dovendosi intendere, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223, art. 4 (Approvazione del nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente), l’"insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela o da vincoli affettivi, coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso comune".

Avendo nella specie dichiarato, nell’istanza per l’ammissione al patrocinio, di vivere da solo nel Comune di (OMISSIS), è da ritenere che, con ciò, l’interessato abbia reso una dichiarazione esplicita sull’assenza di persone con lui conviventi.

E poichè la situazione di convivenza è oggetto di una autodichiarazione dell’istante, il giudice ben avrebbe potuto, ai sensi del comma 3 del citato art. 79, richiedere all’istante la produzione della documentazione necessaria ad accertare la veridicità di quanto indicato nella domanda anche sotto il profilo dell’assenza di altri componenti la famiglia anagrafica.

Non poteva invece il giudice del merito, come invece ha fatto (prediligendo una interpretazione formalistica che ha finito con il precludere l’utilizzazione di un servizio rivolto a rendere effettivo, per i non abbienti, il diritto di difendersi nell’ambito del processo, così vanificando l’impegno della Repubblica – che si manifesta anche nel momento dell’interpretazione – di favorire la piena esplicazione dei diritti fondamentali riconosciuti dalla Costituzione e dalla Carta dell’Unione europea), limitarsi a dichiarare inammissibile l’istanza sul rilievo che la dichiarazione di vivere da solo sarebbe suscettibile di "abilmente nascondere, senza che l’imputato fosse incorso in alcun falso, la presenza di altri componenti la famiglia anagrafica e dei potenziali loro redditi".

3. – L’accoglimento del secondo motivo determina l’assorbimento del terzo mezzo, con cui, denunciandosi omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, si lamenta che il ricorrente sarebbe stato privato di un grado di giudizio, avendo il GIP omesso qualsiasi motivazione ed il Tribunale, almeno in termini dichiarativi, sostituito la propria delibazione a quella del primo giudice ma motivando solo in ordine ad un aspetto della questione a fronte di una moltitudine di aspetti impregiudicati.

4. – L’ordinanza impugnata è annullata per effetto dell’accoglimento del secondo motivo.

La causa è rinviata al Tribunale di Bolzano, che la deciderà in diversa composizione.

Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo e dichiara assorbito il terzo; cassa l’ordinanza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Tribunale di Bolzano, in persona di diverso magistrato.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2 Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 25 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2012

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