Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 15-11-2011) 25-11-2011, n. 43816

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza deliberata il 10 maggio 2011 e depositata il 10 giugno 2011 il Tribunale ordinario di Catanzaro, in funzione di giudice distrettuale del riesame delle ordinanze che dispongono misure coercitive, ha confermato l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di quella stessa sede, 12 aprile 2011, di custodia cautelare in carcere a carico di C.A., indagato per il concorso nei delitti di fabbricazione, detenzione e porto di esplosivi, ricettazione e minaccia ad un corpo giudiziario ( art. 338 c.p.).

I giudici di merito hanno accertato sul piano della gravità indiziaria che C., su mandato del capoclan L.G. A. e in concorso materiale con P.V., ha perpetrato gli attentati commessi in (OMISSIS) in danno degli uffici della Procura Generale, in data 26 agosto 2010 nei confronti del dottor D.L.S., Procuratore Generale della Repubblica presso quella Corte territoriale, e in data 5 ottobre 2010 nei confronti del dottor Pi.Gi., Procuratore della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Reggio di Calabria.

Il Tribunale ha ritenuto sussistenti a carico dell’indagato gravi indizi di colpevolezza, costituiti:

a) dalla chiamata di correo del collaborante L.G.A., il quale aveva riferito in merito alla diretta partecipazione del ricorrente agli attentati;

b) dalla dichiarazione resa dal collaborante V.C., intraneo al clan, il quale aveva riferito di aver riconosciuto attraverso la visione del filmato le sembianze del C., chiarendo che lo stesso era l’esperto nel confezionamento di esplosivi per conto della cosca e specificando la causale degli attentati;

c) dalle immagini estrapolate dalla telecamera installata sui luoghi;

d) dalla intercettazione telefonica intercorsa tra i germani del ricorrente ( P. e T.), dalla quale era emerso il coinvolgimento del fratello nella esecuzione degli attentati;

e) dall’esame dei tabulati, dal quale era emerso che il ricorrente era presente in (OMISSIS) nello stesso periodo.

2. – Ricorre l’indagato, col ministero del difensore di fiducia, avvocato Nardo Giuseppe, mediante atto recante la data del 24 giugno 2011, depositato il 25 giugno 2011, col quale dichiara promiscuamente di denunziare, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), inosservanza o erronea applicazione della legge penale, o di altre norme di cui si deve tenere conto nella applicazione della legge penale, in relazione all’art. 110 c.p., art. 81 c.p., comma 2, art. 338 c.p., comma 1, art. 635 c.p., comma 1 e comma 2, n. 3, art. 648 c.p., art. 273 c.p.p., L. 2 ottobre 1967, n. 895, artt. 1, 2 e 4, 7, D.L. 13 maggio 1991, n. 152, convertito nella L. n. 203 del 1991, nonchè mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.

Il difensore, previa ricapitolazione in relazione a ciascuno degli episodi delittuosi degli elementi considerati dai giudici di merito, oppone: le dichiarazioni dei collaboranti sono "spesso contraddittorie e incoerenti"; nella città di (OMISSIS) circolano numerosi esemplari di motocicli dello stesso modello e marca di quello dell’indagato; è illogica la supposizione che C., pur curando di travisarsi, avesse adoperato i suoi veicoli per commettere i reati; le fattezze fisiche degli attentatori riprese dalla telecamera il 3 gennaio 2010 non corrispondono a quelle dei due indagati; nè sono stati effettuati i "rilievi antropometrici" sollecitati; la presenza di C. a (OMISSIS) è dato affatto neutro, trattandosi della città ove l’indagato vive; la conversazione intercettata tra i germani dell’indagato ha per oggetto mere ipotesi; ed è ambiguo il dialogo tra C. e P.V.; le celle di (OMISSIS), attivate dal telefono del C. il (OMISSIS), sono limitrofe ai luoghi ove l’indagato dimora e lavora;

illogica è la supposizione che P. si sia procurato l’esplosivo poco prima dell’attentato; laddove, peraltro, L. G. ha riferito che l’ordigno era stato approntato da tempo; non è accertato che il veicolo ripreso dalle telecamere il 5 ottobre 2010 sia quello dell’indagato; nè è plausibile che, laddove L. G. ha dichiarato che il bazooka era stato collocato una settimana prima, C. si fosse recato sul luogo del ritrovamento dell’arma quello stesso giorno; la pura e semplice somiglianza della voce dell’indagato con quella della telefonata alla sala operativa della Questura (registrata) non costituisce indizio grave; L. G. non è attendibile, essendo interessato a stornare i sospetti dai suoi familiari; il Tribunale, pur richiamando pertinenti principi di diritto fissati dalla giurisprudenza di legittimità, li ha, poi, disattesi "sul piano pratico" ed è pervenuto "a conclusioni illogiche", in carenza di "veri riscontri e-sterni individualizzanti". 4. – Il ricorso è manifestamente infondato.

4.1 – Non ricorre – alla evidenza – il vizio della violazione di legge:

– nè sotto il profilo della inosservanza (per non aver il giudice a quo applicato una determinata disposizione in relazione all’operata rappresentazione del fatto corrispondente alla previsione della norma, ovvero per averla applicata sul presupposto dell’accertamento di un fatto diverso da quello contemplato dalla fattispecie);

– nè sotto il profilo della erronea applicazione, avendo il Tribunale di sorveglianza esattamente interpretato le norme applicate, alla luce dei principi di diritto fissati da questa Corte, nè, oltretutto, opponendo il ricorrente alcuna alternativa interpretazione a quella correttamente seguita nel provvedimento impugnato.

4.2 – Neppure palesemente ricorre vizio alcuno della motivazione.

Il giudice a quo ha dato conto adeguatamente – come illustrato nel paragrafo che precede sub 1. – delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da illogicità di sorta, sicuramente contenuta entro i confini della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione (v. per tutte: Cass., Sez. 1, 5 maggio 1967, n. 624, Maruzzella, massima n. 105775 e, da ultimo, Cass., Sez. 4, 2 dicembre 2003, n. 4842, Elia, massima n. 229369) e, pertanto, sottratta a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità; laddove le deduzioni, le doglianze e i rilievi residui espressi dal ricorrente, benchè inscenati sotto la prospettazione di viti a della motivazione, si sviluppano tutti nell’orbita delle censure di merito, sicchè, consistendo in motivi diversi da quelli consentiti dalla legge con il ricorso per cassazione, sono inammissibili à termini dell’art. 606 c.p.p., comma 3. 4.3 – Conseguono la declaratoria della inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè – valutato il contenuto dei motivi e in difetto della ipotesi di esclusione di colpa nella proposizione della impugnazione – al versamento a favore della cassa delle ammende della somma, che la Corte determina, nella misura congrua ed equa, infra indicata in dispositivo.

La Cancelleria provvederà agli adempimenti di rito ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1,000 (mille) alla Cassa delle ammende.

Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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