Cass. civ. Sez. II, Sent., 11-06-2012, n. 9469 Cessazione della materia del contendere

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza n. 531 del 2000, in accoglimento della domanda proposta il 9.12.98 da Ca.Lu. per la verificazione di una scrittura privata di compravendita di porzioni immobiliari site in (OMISSIS), stipulata data 16.1.1994 con C.F., che l’aveva contestata disconoscendone la sottoscrizione, il Tribunale di quella città, all’esito dell’espletata consulenza tecnica, ritenute inammissibili sia la successiva querela di falso proposta dal convenuto venditore, sia, per tardività, la richiesta del medesimo di dichiarare nullo il contratto, dichiarò autentica la firma apposta dal C., condannandolo alle spese del giudizio.

All’esito dell’appello del soccombente, cui aveva resistito l’appellato, la Corte di Catanzaro, con sentenza n. 511 del 30/5- 8/6/05, rigettava il gravame, confermando la sentenza di primo grado e condannando l’appellante alle ulteriori spese, tra l’altro e per quanto ancora rileva in questa sede, prendendo in esame e disattendendo, dopo averla qualificata eccezione e non domanda riconvenzionale, la denuncia di nullità del contratto sollevata dal C..

Avverso la suddetta sentenza e limitatamente a quest’ultimo profilo il C. proponeva ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, con i quali gradatamente deduceva:

1) l’illogicità della decisione, laddove, pur qualificando, in motivazione, eccezione e non domanda riconvenzionale la suddetta richiesta, aveva poi, nel dispositivo, "confermato" la sentenza di primo grado, anche nella parte dichiarante inammissibile la domanda de qua;

2) omessa motivazione e violazione degli artt. 112 e 345 c.p.c., per avere, nondimeno, esaminato e disatteso nel merito detta questione;

3) violazione degli artt. 1362 e 1362 c.c., con connessi vizi di motivazione, nell’interpretazione del contratto, che avrebbe dovuto essere dichiarato nullo, in quanto costituente una promessa di donazione;

4) "nullità del contratto per inesistenza di causa e di rapporto sinallagmatico tra trasferimento e prestazione pecuniaria e vizio di forma (art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione agli artt. 1418 e 1325 c.c.).

Resisteva il Ca. con controricorso.

Fissato il giudizio per la pubblica udienza, con memoria del 13.4.11 il difensore del ricorrente, premesso che in data 13.5.2010 il proprio assistito era deceduto e che, con sentenza n. 757 del 13.8.2008, non impugnata dalle parti, il Tribunale di Paola aveva definito un parallelo giudizio tra le il C. ed il Ca., rigettando la domanda del primo, diretta alla dichiarazione di nullità dei negozi contenuti sia nella scrittura privata in data 16.1.94 oggetto del presente giudiziosa di altra analoga, dell’8.4.90 e che il presente ricorso era stato proposto al solo fine di "evitare il formarsi di un giudicato implicito " sulla questione, chiedeva a questa Corte dichiararsi "la estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere". A seguito ed in ottemperanza all’ordinanza interlocutoria di questa Corte emessa nella pubblica udienza del 19.4.11, il suddetto difensore depositava successivamente copia autentica della suddetta sentenza del Tribunale di Paola, munita di attestazione in calce della cancelleria in data 2.12.2010 di passaggio in giudicato., per mancanza di impugnazioni.

Dall’esame del suddetto documento, ammissibilmente prodotto ai sensi dell’art. 372 c.p.c., si rileva che effettivamente la duplice domanda di accertamento di nullità, proposta dal C. nei confronti del Ca. e rigettata dal suddetto Tribunale, aveva ad oggetto i negozi contenuti nelle scritture private inter partes dell’8.4.1990 e del 16.1.1994, la seconda delle quali, dunque, formante oggetto anche del presente giudizio.

L’intervenuta definizione di ogni questione sulla validità del negozio controverso comporta, pertanto, la sopravvenuta cessazione di ogni interesse, per sopraggiunto giudicato sul relativo oggetto, alla decisione sul ricorso per cassazione, che va quindi dichiarato inammissibile. Sussistono, tuttavia, giusti motivi per la compensazione delle spese, tenuto conto del particolare esito del giudizio, della leale condotta processuale della parte ricorrente e del disinteresse manifestato nelle ultime fasi da quella resistente, non comparsa nelle pubbliche udienze.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile ed interamente compensate tra le parti le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 3 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2012

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