Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 15-11-2011) 25-11-2011, n. 43809 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con ordinanza, deliberata il 7 aprile 2011 e depositata il 9 maggio 2011, il Tribunale ordinario di Reggio di Calabria, in funzione di giudice distrettuale del riesame delle ordinanze che dispongono misure coercitive, ha confermato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di quella stessa sede 28 febbraio 2011 a carico di B.G., indagato per il delitto di associazione di tipo mafioso, per la compartecipazione, con ruolo direttivo, al "locale" di (OMISSIS).

Dopo aver inquadrato, sulla scorta delle copiose emergenze investigative risultanti dalle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni tra i compartecipi e dagli accertamenti operati nei giudizi celebrati a carico di numerosi delinquenti, la condotta associativa dell’indagato nel contesto dalla criminalità organizzata della Calabria ulteriore e nella evoluzione del fenomeno criminale dal precedente assetto frammentato verso l’affermazione di una vera e propria struttura confederale, variamente indicata come Cupola Provinciale, Provincia o Cosa Nuova, territorialmente articolata in tre Mandamenti a loro volta composti da Locali e ‘Ndrine, saldamente insediata nella provincia estrema della penisola e proiettata su tutto il territorio nazionale, i giudici di merito hanno ravvisato il compendio dei gravi indizi di reità in una serie di intercettazioni, tutte specificamente indicate, talune riassunte, altre riprodotte mediante testuali citazioni dei dialoghi intercorsi tra lo stesso indagato e taluni sodali, ovvero tra esponenti di rilievo della associazione i quali hanno fatto riferimento a B..

Si tratta delle conversazioni tra presenti del 23 luglio 2009, del 27 luglio 2009, del 31 luglio 2009 e del 10 agosto 2009, le quali disvelano la intraneità nella organizzazione mafiosa di B., titolare della carica di "terzo quartino", di recente conseguita, interlocutore con i sodali nella trattazione di tematiche associative e affatto coinvolto nella gestione di affari criminali.

Quanto alle esigenze cautelari, il Collegio ha osservato che a dispetto delle deduzioni difensive – circa "l’atteggiamento processuale dell’indagato", il quale non ha fatto rientro in Canada, non ostante avesse sentore del possibile arresto, e circa la carenza di pericolo di inquinamento probatorio, essendo le indagini già concluse – il "coefficiente elevatissimo di allarme sociale" della condotta associativa conclama il periculum libertatis; nè, comunque, la presunzione di pericolosità, stabilita dall’art. 275 c.p.p., comma 3, appare superata; anzi, il ruolo attivo dell’indagato in seno al gruppo di (OMISSIS) e l’interessamento di B. per il conferimento di cariche (nella gerarchia mafiosa) e per il reclutamento di nuovi sodali, dimostrano la attualità della compartecipazione.

2. – Ricorre per cassazione l’indagato, col ministero del difensore di fiducia, avvocato Armando Gerace, mediante atto del 30 maggio 2011 col quale sviluppa due motivi.

2.1 – Con il primo motivo il difensore denunzia, à sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), inosservanza o erronea applicazione della legge penale, o di altre norme giuridiche di cui si deve tenere conto nella applicazione della legge penale, in relazione all’art. 416 bis c.p., deducendo la carenza dell’elemento oggettivo, del reato in relazione alla condotta associativa addebitata al ricorrente sotto il profilo della natura transnazionale della organizzazione, e negando la ricorrenza del dolo per non essere "mai rientrato (..) nella sfera soggettiva del B." alcun "programma pragmaticamente illecito". 2.2 – Con il secondo motivo il difensore denunzia mancanza, "anche grafica", della motivazione, e "travisamento della norma processuale" in ordine alle esigenze cautelari, postulandone la insussistenza, e, in proposito deducendo: il ricorrente, non ostante fossero noti da alcuni mesi gli indizi a carico degli altri indagati (tratti in arresto) e le emergenze investigative che lo interessavano, non si era dato alla fuga; non c’è pericolo per l’acquisizione e la genuinità della prova, in quanto il "materiale di accusa" si fonda sulle intercettazioni; nè c’è pericolo di "reiterazione di reati mai commessi"; infine, quando alla "desuetudine criminogena del gruppo di (OMISSIS)", la motivazione del Collegio è "apodittica"; in ogni caso difetta la attualità del periculum libertatis.

3. – Con memoria del 3 novembre 2011 il difensore insiste per l’accoglimento del ricorso, ribadendo le censure formulate.

4. – Il ricorso è infondato.

4.1 – Non ricorre il vizio della violazione di legge:

– nè sotto il profilo della inosservanza (per non aver il giudice a quo applicato una determinata disposizione in relazione all’operata rappresentazione del fatto corrispondente alla previsione della norma, ovvero per averla applicata sul presupposto dell’accertamento di un fatto diverso da quello contemplato dalla fattispecie);

– nè sotto il profilo della erronea applicazione, avendo il Tribunale esattamente interpretato le norme applicate, alla luce dei principi di diritto fissati da questa Corte, nè, oltretutto, opponendo il ricorrente alcuna alternativa interpretazione a quella correttamente seguita nel provvedimento impugnato.

4.2 – Neppure ricorre vizio alcuno della motivazione.

Il giudice a quo ha dato conto adeguatamente – come illustrato nel paragrafo che precede sub 1. – delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da illogicità di sorta, sicuramente contenuta entro i confini della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione (v. per tutte: Cass., Sez. 1, 5 maggio 1967, n. 624, Maruzzella, massima n. 105775 e, da ultimo, Cass., Sez. 4, 2 dicembre 2003, n. 4842, Elia, massima n. 229369) e, pertanto, sottratta a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità; laddove le deduzioni, le doglianze e i rilievi residui espressi dal ricorrente, benchè inscenati sotto la prospettazione di viti a della motivazione, si sviluppano tutti nell’orbita delle censure di merito, sicchè, consistendo in motivi diversi da quelli consentiti dalla legge con il ricorso per cassazione, sono inammissibili à termini dell’art. 606 c.p.p., comma 3. 4.3 – Conseguono il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La Cancelleria provvederà agli adempimenti di rito ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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