Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 15-11-2011) 25-11-2011, n. 43806

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con ordinanza, deliberata il 6 aprile 2011 e depositata il 7 aprile 2011, il Tribunale ordinario di Firenze, in composizione monocratica e in funzione di giudice della esecuzione, ha respinto richiesta del Pubblico Ministero di revoca della sospensione condizionale della esecuzione della pena, disposta nei confronti di A.R., giusta sentenza di quello stesso Tribunale 19 maggio 2010 (irrevocabile dal 15 giugno 2010), di condanna pel delitto di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5 ter, motivando che l’abolitio criminis del succitato reato, per effetto della direttiva 115/08 del Parlamento europeo, osta alla revoca richiesta, in quanto comporta la cessazione della "esecuzione e degli effetti penali della condanna". 2. – Ricorre per cassazione il procuratore della Repubblica presso il Tribunale, mediante atto recante la data del 20 aprile 2011, col quale, contestando il presupposto del giudice della esecuzione (la abolitio criminis), oppone: la "direttiva comunitaria non vieta espressamente che lo Stato membro possa prevedere come reato il fatto dello straniero che, colpito da una decisione di rimpatrio (..) o da un successivo ordine di allontanamento, non vi ottemperi". 3. – Il procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, con atto recante la data del 13 luglio 2011, obietta: il giudice a quo ha correttamente negato la revoca della sospensione condizionale della esecuzione della pena, inflitta per fatto "non più previsto dalla legge come reato" per effetto della abolitio criminis del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5 quater, provocata dalla entrata in vigore della direttiva del Parlamento della Unione Europea n. 115-2008. 4. – Con memoria, intempestivamente depositata il 14 novembre 2011, il condannato insta pel rigetto del ricorso, deducendo la "incompatibilità sopravvenuta – della norma incriminatrice – con la disciplina comunitaria". 5. – Il ricorso è infondato.

Il 25 dicembre 2010, essendo infruttuosamente spirato (il giorno precedente) il termine stabilito per l’attuazione c/o per il recepimento, hanno acquisito efficacia diretta nell’ordinamento giuridico interno gli artt. 15 e 16 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 16 dicembre 2008, 2008/115/CE, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare.

E, in proposito, è, testè sopravvenuto il recentissimo arresto della Corte di giustizia della Unione europea, Sezione 1, 28 aprile 2011, nel procedimento C-61/11 PPU, sulla pregiudiziale interpretativa circa le disposizioni della suddetta direttiva, in relazione al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5 ter.

La Corte della Unione ha stabilito: "La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 16 dicembre 2008, etc…, in particolare i suoi artt. 15 e 16, deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa di uno Stato membro, come quella in discussione nel procedimento principale, che preveda l’irrogazione della pena della reclusione al cittadino di un paese terzo il cui soggiorno sia irregolare per la sola ragione che questi, in violazione di un ordine di lasciare entro un determinato termine il territorio di tale Stato, permane in detto territorio senza giustificato motivo".

E, conseguentemente, ha affermato che ai giudici penali degli Stati della Unione spetta "disapplicare ogni disposizione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286 contraria ai risultato della direttiva 2008/115", tenendo anche "debito conto del principio della applicazione retroattiva della legge più mite il quale fa parte delle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri" (p. 61).

La Corte di Kirchberg ha motivato: "gli Stati membri non possono introdurre, alfine di ovviare all’insuccesso delle misure coercitive adottate per procedere all’allontanamento coattivo conformemente all’art. 8, n. 4, di detta direttiva, una pena detentiva, come quella prevista al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5 ter, solo perchè un cittadino di un paese terzo, dopo che gli è stato notificato un ordine di lasciare il territorio di uno Stato membro e che il termine impartito con tale ordine è scaduto, permane in maniera irregolare nel territorio nazionale" (p. 58), in quanto la pena detentiva "segnatamente in ragione delle sue condizioni e modalità di applicazione, rischia di compromettere la realizzazione dell’obiettivo perseguito da detta direttiva, ossia l’instaurazione di una politica efficace di allontanamento e di rimpatrio dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno sia irregolare", ostacolando "l’applicazione delle misure di cui all’art. 8, n. 1, della direttiva 2008/115 e ritardan(dando) l’esecuzione della decisione di rimpatrio" (p. 59).

Il principio di diritto stabilito dal Giudice della Unione implica la disapplicazione della norma incriminatrice e, nel caso che sia intervenuta condanna (non revocata ai sensi dell’art. 673 c.p.p.), comporta che non deve farsi luogo alla relativa esecuzione.

Consegue il rigetto del ricorso.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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