Cass. civ. Sez. II, Sent., 11-06-2012, n. 9459 Servitù coattive di passaggio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con atto di citazione notificato il 24 e 26 agosto 1998, M.F. e P.D. convennero in giudizio innanzi alla Pretura circondariale di Catania, sezione distaccata di Adrano, C.V. e L.S.P., e, premesso di essere proprietari di un fondo agricolo che godeva di servitù di passaggio attraverso altro fondo, già di proprietà di Pa.

V. e L.S.A., acquistato dai coniugi c. g. e Ca.Gr., che avevano cancellato le tracce della precedente servitù di passaggio ed illegittimamente creato una nuova servitù di passaggio quasi interamente ricadente sul fondo degli attori, e premesso ancora che i convenuti, proprietari di un fondo limitrofo, pretendevano di transitare per la stradella abusivamente realizzata dai coniugi c. – Ca., attraversando il fondo degli istanti, ed avevano ottenuto con sentenza del pretore di Adrano in data 9 febbraio 1998 il riconoscimento del possesso della relativa servitù, chiesero dichiararsi che i convenuti non godevano di alcun diritto di passaggio a favore del proprio fondo su detta stradella nel tratto che, dipartendosi dalla via pubblica, conduceva al fabbricato di proprietà degli attori.

I convenuti, costituitisi in giudizio, chiesero rigettarsi la domanda, e, in via riconvenzionale, dichiararsi l’avvenuto acquisto per usucapione da parte loro della servitù di passaggio di cui si tratta.

2. – Con sentenza del 29 luglio 2002, il giudice unico del Tribunale di Catania, sezione distaccata di Adrano, divenuto nelle more competente, rigettò la domanda, e, in accoglimento della riconvenzionale, dichiarò acquisito per usucapione in capo ai convenuti il diritto di servitù di passaggio attraverso la strabella in questione.

Avverso detta sentenza proposero gravame gli originar attori. Gli appellati, costituitisi in giudizio, chiesero il rigetto del gravame, proponendo altresì appello incidentale in relazione alla disposta compensazione delle spese del giudizio di primo grado, che chiesero porsi a carico degli attori.

3.- Con sentenza depositata il 27 giugno 2005, la Corte d’appello di Catania rigettò il gravame principale, accogliendo quello incidentale. Osservò il giudice di secondo grado – per quanto ancora rileva nella presente sede – che il Tribunale aveva fondato il suo convincimento in ordine all’intervenuto acquisto per usucapione della servitù in oggetto in capo agli appellati sulle dichiarazioni dei testi, sulle risultanze del procedimento possessorio definito con la sentenza del 9 febbraio 1998, nella cui parte motiva si affermava che i convenuti accedevano da sempre ai propri fondi attraverso l’attuale sito di passaggio ove i coniugi M. – P. avevano apposto il cancello di ingresso, nonchè sul contenuto dell’atto di compravendita 31 luglio 1967 con il quale i coniugi c. – Ca. avevano acquistato il loro fondo, atto in cui il viottolo in questione era descritto come svolgentesi al confine coi fondi dei detti eredi S. (i danti causa dei coniugi M. – P.) ed eredi L.S.".

A fronte di tali argomentazioni, gli appellanti, secondo la Corte di merito, si erano limitati ad affermare che la sentenza di primo grado non teneva alcun conto dei documenti prodotti, senza specificare quali fossero e per quali ragioni contraddicessero le risultanze cui aveva fatto riferimento il primo giudice, e che dava importanza eccessiva alle dichiarazioni dei due testi ammessi, asseritamente denunciati all’autorità penale, senza che fosse stata fornita al riguardo alcuna dimostrazione, e la cui inattendibilità non era possibile verificare.

La Corte di merito rilevò altresì che gli appellanti non avevano fornito la prova di avere in precedenza consentito agli appellati il passaggio a mero titolo di cortesia, circostanza anzi smentita dalla consegna della chiave del cancello, per qualche tempo rimasta in possesso degli appellati.

4. – Per la cassazione di tale sentenza ricorrono il M. e la P. sulla base di due motivi. Resiste con controricorso il C., che ha anche depositato memoria illustrativa.

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo si deduce la violazione del giudicato in relazione all’art. 2909 cod. civ. e art. 324 cod. proc. civ.. Nei ricorso si. richiama la sentenza n. 164 del 2003, passata in giudicato per mancata impugnazione, con la quale il Tribunale di Catania, decidendo sulla causa iscritta al n. 15022/95 R.G. vertente tra gli stessi odierni ricorrenti ed i signori c. e Ca., avente ad oggetto una negatoria sarvitutis, aveva stabilito che sulla stradella ricadente nel fondo di proprietà dei primi, catastalmente costituito dalla particella 244, fg. 58, i convenuti non vantavano alcun diritto di passaggio a vantaggio del loro fondo. La motivazione di tale decisione – ricordano i ricorrenti era fondata sulla relazione peritale, recepita dalla sentenza di cui si tratta, dalla quale era emerso che "i terreni gravati da servitù di passaggio risultano essere esclusivamente quelli di proprietà dei convenuti" (cioè i coniugi c. – Ca.) e che costoro, "con la costruzione di una veranda e soprastante abitazione, hanno occupato un piccolo tratto di sede stradale interpoderale, e, con la costruzione dei muro di cinta a sud della loro proprietà, hanno chiuso all’interno del recinto, quasi del tutto, la sede della stradella interpoderale ed un piccolissimo tratto di terreno della particella 244, sempre di proprietà M. – P., spostando cosi la sede della stradella interpoderale segnata in mappa (ed oggetto del contendere) a cominciare dal cancello di proprietà degli attori quasi nella sua totalità su terreno di proprietà degli stessi attori". Con la citazione che aveva dato luogo al presente giudizio, gli attuali ricorrenti avevano riportato tali circostanze, oggetto dell’accertamento ormai coperto da giudicato, aggiungendo che anche i signori C. e L.S., proprietari delle limitrofe particelle 242 e 241, pretendevano di transitare abusivamente attraverso la stradella, anzichè passare per il fondo oggi di proprietà dei coniugi c. – Ca. per il quale vantavano un diritto di passaggio consacrato in un atto pubblico. In sostanza, poichè il passaggio esercitato dai predetti C. – L.S., come da tutti i proprietari vicini, coincideva con la originaria stradella gravante sul fondo c. – Ca., poi dagli stessi eliminata, il giudicato formatosi nella causa iscritta al n. 15022/95 R.G. del Tribunale di Catania, e concernente la originaria ubicazione materiale della stradella, si rifletterebbe sulla presente controversia, investendo un presupposto essenziale della domanda di usucapione proposta in via riconvenzionale dai signori C. e L., la cui esistenza sarebbe esclusa da detto giudicato: infatti non sarebbe maturata l’usucapione a vantaggio di questi ultimi per essere variata la sede del passaggio.

2.1. – La censura è destituita di fondamento.

2.2. – In realtà, il giudicato invocato dai ricorrenti non poteva avere alcuna influenza sulla decisione della Corte etnea, che aveva ad oggetto l’accertamento dell’avvenuto decorso dell’arco di tempo necessario per la maturazione della usucapione della servitù di passaggio in favore del fondo di proprietà dei signori C. e L.S..

Il processo cui si fa riferimento nel ricorso si era svolto tra i coniugi M. – P., attori, ed i coniugi c. – Ca., convenuti, ed aveva avuto ad oggetto l’accertamento della inesistenza di una servitù di passaggio a favore del fondo di questi ultimi sulla stradella insistente nel fondo degli attori.

Ciò posto, risulta una mera illazione l’argomentazione dei ricorrenti secondo la quale tale accertamento negativo avrebbe escluso anche la maturazione dell’acquisto per usucapione della servitù di passaggio a favore del fondo degli attuali controricorrenti, per il fatto che costoro vantavano un diritto che sarebbe stato dipendente dalla situazione oggetto del processo innanzi al Tribunale di Catania definito nel 2003.

3. – Con la seconda censura si lamenta omessa, insufficiente ed illogica motivazione circa punti decisivi della controversia, nonchè violazione e falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ. e artt. 2697, 1158, 1031, 1061 e 949 cod. civ.. La Corte di merito avrebbe motivato la propria decisione limitandosi ad una acritica ricezione delle argomentazioni della sentenza di primo grado, laddove, per l’effetto devolutivo dell’appello, avrebbe dovuto riesaminare il merito della controversia, ed in particolare, avuto riguardo alla contestazione sul punto, accertare se gli appellati avessero dato prova dell’acquisto per usucapione della servitù di passaggio di cui si tratta. La Corte ha ritenuto raggiunta tale prova senza accertare l’esistenza di opere visibili e permanenti a ciò destinate per l’intero arco di tempo necessario al fine del compimento del termine per l’usucapione, nè l’esercizio ventennale del possesso. La motivazione della sentenza impugnata sarebbe, inoltre, carente a causa dell’omesso esame dei dati istruttori, ed anzitutto della sentenza richiamata sub 1 (non rinvenuta in atti dalla Corte territoriale, prodotta in copia dagli appellanti), che rendeva ormai incontrovertibile che l’originaria stradella di accesso, che partiva dalla strada provinciale, procedeva sul suolo acquistato dai coniugi c. – Ca., ed era cosa diversa dal passaggio che si pretendeva di esercitare sul terreno di esclusiva proprietà dei coniugi M. – P., costituitosi di fatto, per effetto della incorporazione della preesistente stradella nella fabbrica realizzata dai predetti coniugi c. – Ca.. La descritta situazione chiarificherebbe, ad avviso dei ricorrenti, anche 1 contenuti delle deposizioni testimoniali raccolte in primo grado. In definitiva, posto che la coincidenza del passaggio originario con quello attuale risultava smentita dall’istruttoria, la Corte di merito avrebbe errato nel concludere che, risalendo l’acquisto del c. all’anno 1967, all’epoca della instaurazione del giudizio era già maturato il termine ventennale per l’usucapione, senza accertare (sulla base degli elementi di prova che sarebbe spettato ai signori C. e L.S. fornire) se tale termine fosse decorso in epoca successiva alla immutazione dei luoghi effettuata dal c..

4.1. – Anche tale censura è immeritevole di accoglimento.

4.2. – Esclusa, per le ragioni esplicitate sub 2.2., la incidenza del giudicato invocato dai ricorrenti sulla questione oggetto del presente giudizio, resta anzitutto priva di fondamento la doglianza relativa alla mancata considerazione del giudicato medesimo, mentre, per il resto, i ricorrenti si limitano ad operare una propria ricostruzione dei fatti, ed una propria valutazione delle deposizioni testimoniali acquisite, che contrappongono a quella operata nella sentenza impugnata. La quale ha argomentato in modo congruo e articolato in ordine al proprio convincimento della avvenuta maturazione, all’epoca della instaurazione del giudizio di cui si tratta, del termine ventennale per l’acquisto della servitù per usucapione a favore del fondo dei signori C. e L.S..

In particolare, il giudice di secondo grado, ripercorrendo l’esame, operato dal Tribunale, delle deposizioni dei testi e delle risultanze documentali (procedimento possessorio definito con sentenza de 9 febbraio 1998; atto di compravendita del 1967 con il quale i coniugi c. avevano acquistato il loro fondo), è pervenuto alla conclusione che tutti i proprietari dei fondi limitrofi accedevano dalla stradella, e che il passaggio attraverso la stessa non fu ostruito dal c. all’epoca dell’acquisto del suo fondo, nel 1967, essendosi lo stesso limitato a spostare il cancello per chiudere il fondo. Da ciò la Corte etnea ha desunto, in mancanza di prova che il passaggio da parte dell’attuale controricorrente fosse stato consentito a titolo di cortesia – circostanza da escludere tenuto anche conto dell’avvenuta consegna, per qualche tempo, della chiave del cancello al C. – che all’epoca dell’atto di citazione che diede luogo al presente giudizio si era già compiuto il termine per l’usucapione, avuto riguardo alla data di acquisto del fondo da parte del c..

5. – Il ricorso deve, dunque, essere rigettato. In ossequio al criLerio della soccombenza, le spese del giudizio, che vengono liquidate come da dispositivo, devono essere poste a carico dei soccombenti in solido.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in complessivi Euro 2700,00, di cui Euro 2500,00 per onorari.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 3 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2012

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