Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 15-11-2011) 25-11-2011, n. 43805

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 16.2.2011 la Corte di appello di Messina rigettava l’opposizione avverso l’ordinanza del 17.8.2010 con la quale la stessa Corte, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva concesso a J.A. il beneficio dell’indulto, ai sensi della L. n. 241 del 2006, nella misura di anni uno e mesi quattro di reclusione in relazione alla sentenza emessa dalla Corte di appello di Messina in data 16.6.2009 con la quale il predetto era stato condannato per i reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 74 e 73. In particolare, con il provvedimento opposto il beneficio dell’indulto era stato concesso nella misura anzidetta limitatamente alla pena relativa al reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, attesa la preclusione quanto al reato di cui al cit. D.P.R., art. 74 aggravato ai sensi del comma 4 per la disponibilità di armi.

La Corte territoriale, pur alla luce delle deduzioni difensive, ribadiva che nella sentenza di condanna di primo grado, riformata solo quoad poenam nel giudizio di appello, si affermava con ampia motivazione la sussistenza dell’aggravante della disponibilità delle armi, detenute e nascoste insieme allo stupefacente. Rilevava, quindi, che tale circostanza era stata regolarmente contestata e non era stata esclusa nè esplicitamente, nè implicitamente.

2. Avverso il citato provvedimento ha proposto ricorso per cassazione J.A., a mezzo del difensore di fiducia, denunciando la violazione di legge ed il vizio di motivazione non potendosi ritenere che la condanna divenuta irrevocabile si riferisse al reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 aggravato dalla disponibilità delle armi.

Invero, la predetta aggravante non era stata contestata attesa la mancanza nell’imputazione della descrizione del fatto della disponibilità delle armi, come, viceversa era stato fatto per la contestazione della diversa associazione di cui all’art. 416 bis c.p..

Pertanto, il giudice di merito non avrebbe potuto ritenere detta aggravante sulla base della sola indicazione nella rubrica del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 4.

Ad avviso del ricorrente, peraltro, a differenza di quanto affermato dell’ordinanza impugnata, nè nella sentenza di primo grado, nè in quella di secondo grado era possibile rinvenire alcun passaggio in ordine alla affermata aggravante. Come aveva già evidenziato il ricorrente, non poteva attribuirsi alcun rilievo alla circostanza che alcuni coimputati fossero stati condannati oltre che per la detenzione di sostanze stupefacenti anche per violazioni in materia di armi.

Motivi della decisione

In primo luogo deve rilevarsi che non può qualificarsi il ricorso come opposizione – come richiesto nelle conclusioni scritte del Procuratore generale presso questa Corte – atteso che come si rileva dallo stesso provvedimento impugnato, il giudice dell’esecuzione ha deciso sulla opposizione a seguito della qualificazione in tal senso del ricorso trasmesso a questa Corte.

Tanto precisato, deve rilevarsi che il ricorso è inammissibile.

Premessa la incontestata indicazione nell’imputazione dell’aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 4, all’evidenza eventuali censure in ordine alla correttezza della contestazione ovvero alla correlazione tra l’imputazione e la sentenza sono superate dall’intervenuta irrevocabilità della decisione.

Quanto poi alle doglianze relative alla rilevabilità dalla sentenza di condanna della motivazione in ordine alla aggravante della disponibilità delle armi da parte del sodalizio di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, a fronte della affermazione della Corte territoriale, ribadita nel giudizio di opposizione, dell’esistenza di un’ampia motivazione in ordine alla sussistenza di detta aggravante, attesa la disponibilità da parte dell’associazione criminale di armi detenute e nascoste insieme a Ho stupefacente, il ricorso non è autosufficiente non avendo allegato la motivazione delle richiamate sentenze, nè riportato le parti delle stesse al fine di contraddire quanto affermato nel provvedimento impugnato.

Come è noto, invero, è inammissibile il ricorso per cassazione che deduca il vizio della motivazione e, pur richiamando atti specificamente indicati, non contenga la loro integrale trascrizione o allegazione e non ne illustri adeguatamente il contenuto, così da rendere lo stesso autosufficiente con riferimento alle relative doglianze (Sez. 5, n. 11910, 22/01/2010 Casucci, rv. 246552).

Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma ritenuta congrua di Euro 1.000,00 (mille) in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro mille alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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