Cass. civ. Sez. III, Sent., 11-06-2012, n. 9455 Fideiussione

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Svolgimento del processo

1.- L.S. propose appello avverso la sentenza del Tribunale di Bologna che aveva accolto la domanda avanzata nei suoi confronti da G.L. ed B.E., di procurare loro la proprietà di un terreno, appartenente al Comune di Bologna, esclusiva per una parte e pro-quota millesimale per il residuo, con oneri a suo carico, compreso l’eventuale corrispettivo per l’acquisizione; l’aveva condannato a pagare agli attori la metà delle spese, con compensazione della restante metà.

Il Tribunale aveva ritenuto che il terreno fosse stato venduto agli attori, con contratto qualificato come di vendita di cosa altrui, dalla società s.r.l. Impresa Colli (rimasta inadempiente e poi posta in liquidazione e quindi cancellata dal registro delle imprese), per la quale il L., con separato atto, si era costituito garante di tutte le obbligazioni assunte; aveva altresì disatteso l’eccezione di decadenza, sollevata dal L. ai sensi dell’art. 1957 cod. civ..

1.2.- Si costituirono gli appellati G. e B. e chiesero il rigetto del gravame.

La Corte d’Appello di Bologna, con sentenza pubblicata il 12 ottobre 2006, ha rigettato l’appello e condannato l’appellante al pagamento delle spese del grado.

2.- Avverso la sentenza, L.S. propone ricorso, affidato ad un motivo indicato come unico ed articolato in due censure. Si difendono con controricorso G. e B.. Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Motivi della decisione

1.- Con l’unico articolato motivo di ricorso il ricorrente censura la sentenza sia per violazione e falsa applicazione degli artt. 1957 e 1183 cod. civ., in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3, che per vizio di motivazione correlato al vizio di falsa applicazione dell’art. 1362 cod. civ., e segg., in relazione rispettivamente all’art. 360 cod. proc. civ., n. 5 e n. 3.

La censura si rivolge avverso la statuizione del giudice d’appello che, nel confermare la sentenza di primo grado, ha ritenuto che, nel caso di specie, non operasse l’art. 1957 cod. civ.. La Corte territoriale è pervenuta a tale conclusione correlando il testo del contratto di compravendita – col quale la società venditrice aveva dichiarato di aver richiesto al Comune di Bologna l’acquisizione della striscia di terreno, che avrebbe dovuto essere perfezionata dagli acquirenti, ma a cura e spese della società venditrice, e col quale il legale rappresentante della società si era obbligato a non sciogliere quest’ultima fino a quando 1’obbligazione non fosse stata adempiuta- col testo del contratto di garanzia, prestata con separato atto, nel quale il L., attuale ricorrente, si rese "personalmente garante nei confronti dei sigg. G.L. ed B. E. per le obbligazioni assunte dalla Impresa Colli s.r.l. in relazione alla vendita". Nel compiere tale lettura combinata la Corte ha riscontrato che le parti stesse avrebbero correlato l’obbligazione fideiussoria "non ad una scadenza temporale, nè alla circostanza della scioglimento della società, ma all’integrale soddisfacimento dell’obbligazione principale" e ne ha tratto la conclusione dell’inoperatività della riduzione del termine di durata della fideiussione ex art. 1957 cod. civ..

2.- Con i primi due profili di censura, il ricorrente sostiene che la deroga all’art. 1957 cod. civ., si sarebbe dovuta ricavare dal testo del contratto di garanzia e che da questo sarebbe dovuta risultare chiaramente, o in termini espliciti oppure per implicito (mediante la menzione del fatto che il garante sarebbe rimasto obbligato anche dopo la scadenza dell’obbligazione principale e fino al suo completo soddisfacimento), mentre nel caso di specie tale volontà non sarebbe stata in alcun modo espressa. Aggiunge che alla medesima conclusione si sarebbe dovuti pervenire anche seguendo il ragionamento della Corte, volto ad evincere la deroga all’art. 1957 cod. civ., dal riferimento al contratto fonte dell’obbligazione principale, la cui esecuzione non risultava assoggettata convenzionalmente ad alcun termine di scadenza. Ne fa conseguire, con riguardo all’art. 1183 cod. civ., che avrebbe dovuto trovare applicazione tale norma e, quindi, il creditore avrebbe potuto agire in qualsiasi momento per chiedere l’adempimento, ed essendo ciò avvenuto con richiesta del 27 maggio 1992, si sarebbe dovuto fissare in tale data il termine di scadenza dell’obbligazione principale; pertanto, sarebbe stata oltremodo tardiva la richiesta di adempimento rivolta al fideiussore il 17 novembre 1997.

2.1.- Col terzo profilo di censura, il ricorrente critica l’attività interpretativa compiuta dal giudice di merito mediante il collegamento tra i due contratti, lamentando sia che non sussisterebbe l’evidenza della correlazione che sarebbe stata voluta dalle parti dell’obbligazione fideiussoria all’integrale soddisfacimento dei creditori, sia che sarebbero stati violati i canoni interpretativi degli artt. 1362 e 1363 cod. civ..

3.- Le censure sono infondate.

Va premesso che non è in discussione che la regola dell’art. 1957 cod. civ., sia derogabile dalle parti (cfr., tra le tante, Cass. n. 394/06, n. 9245/07) e che spetti al giudice di merito l’apprezzamento delle relative previsioni contrattuali, al fine di verificare se vi sia stata rinuncia preventiva del fideiussore o altro patto idoneo ad e-scludere l’operatività della norma.

Nel caso di specie, la Corte di merito ha ritenuto che le parti abbiano prolungato la durata dell’obbligazione del fideiussore oltre il termine dell’art. 1957 cod. civ., per averla collegata all’integrale soddisfacimento dell’obbligazione principale.

Orbene, la deroga all’art. 1957 cod. civ., può essere anche implicita, come pure riconosciuto dal ricorrente, ma, contrariamente a quanto da questo sostenuto, qualora essa sia rinvenuta nell’impegno del fideiussore a garantire comunque l’adempimento dell’obbligazione principale, anche questo impegno può essere ricavato dall’interprete dal contenuto complessivo del contratto, non essendo richiesto che sia previsto espressamente che il fideiussore sia obbligato fino al soddisfacimento del creditore o mediante l’impiego di una formula equipollente (quale ad esempio quella dell’obbligo fino ad estinzione dell’obbligazione principale, ovvero fino alla liberazione del debitore principale). Quando queste formule sussistono esse sono interpretabili come un indice della volontà del fideiussore di derogare al disposto dell’art. 1957 cod. civ., ma la loro mancanza non impedisce che tale volontà di deroga sia altrimenti desumibile dall’insieme delle pattuizioni contrattuali (cfr. Cass. n. 786/89, n. 9719/92, nei quali si è ritenuto che l’impegno incondizionato, senza limiti temporali, a garantire per tutti gli affari commerciali altrui, fosse idoneo ad esprimere una deroga all’art. 1957 cod. civ.).

3.1.- Piuttosto, trattandosi di patto relativo alla durata dell’obbligazione di garanzia, compito dell’interprete è di indagare, mediante l’impiego dei canoni dell’ermeneutica contrattuale di cui all’art. 1362 cod. civ., e segg., applicabili, nei limiti di compatibilita, anche agli atti unilaterali, quale sia stata la volontà manifestata dal fideiussore in punto di durata della propria obbligazione. Soltanto nel caso in cui non sia rinvenibile alcuna volontà (derogatoria) in proposito, torna applicabile la regola dell’art. 1957 cod. civ., che estende la durata dell’obbligazione fideiussoria anche oltre la scadenza dell’obbligazione principale soltanto subordinatamente al rispetto degli adempimenti ivi previsti.

Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha ritenuto che vi fosse stata siffatta manifestazione di volontà.

E’ pervenuta a tale conclusione, interpretando l’atto di assunzione della garanzia da parte di L.S.: poichè esso conteneva espresso riferimento al contratto di compravendita stipulato in pari data tra la società Impresa Colli s.r.l. e i G. – B. è corretto il riferimento che i giudici di merito hanno compiuto a tale contratto, al fine di desumere dalla portata di questo elementi utili per fissare la durata dell’obbligazione del fideiussore. Oltre ad essere coerente col richiamo al contratto fonte dell’obbligazione principale espressamente contenuto, nel caso di specie, nell’atto costitutivo della fideiussione, tale operazione ermeneutica è rispettosa del rapporto di accessorietà che lega quest’ultima all’obbligazione principale.

Non risulta quindi violato, il canone interpretativo dell’art. 1363 cod. civ..

Nemmeno risulta violato il canone interpretativo dell’art. 1362 cod. civ., perchè, essendo incontestato tra le parti (e ribadito anche dal ricorrente) che nessun termine di scadenza fosse fissato per 1’obbligazione principale, si è ritenuto – in ragione della tipologia di tale obbligazione e dell’ampia garanzia prestata dal fideiussore – che l’impegno assunto da quest’ultimo fosse, a sua volta, incondizionato e finalizzato a garantire agli acquirenti il definitivo acquisto della proprietà del terreno nei confronti del Comune di Bologna. Non è indicato dai ricorrenti alcun elemento letterale che possa smentire od inficiare tale interpretazione dell’atto. Essendo questa congrua e logica, nonchè giuridicamente corretta, per le ragioni esposte sopra, la censura relativa all’attività interpretativa del giudice di merito, si palesa inammissibile, poichè volta a contrapporre all’interpretazione data altra interpretazione preferita dal ricorrente.

3.2.- Reputata corretta l’attività interpretativa svolta dai giudici di merito e ritenuto, alla stregua di questa, che l’impegno del fideiussore fosse senza limiti di durata, quindi correlato al soddisfacimento dei creditori, perde ogni rilievo il riferimento all’art. 1183 cod. civ., così come fatto dal ricorrente.

Il relativo ragionamento -in sè corretto- sarebbe rilevante se si fosse ritenuto che l’obbligo del fideiussore fosse stato, per volontà delle parti o per applicazione dell’art. 1957 cod. civ., correlato alla scadenza dell’obbligazione principale. Essendo questa priva di termine, allora l’applicazione dell’art. 1183 cod. civ. sarebbe valsa ad individuare tale scadenza, fissando così il dies a quo degli adempimenti dell’art. 1957 cod. civ..

Per contro, una volta esclusa -come ha escluso la Corte territoriale- l’operatività della norma, viene meno la necessità stessa di individuare un termine di scadenza dell’obbligazione principale, in quanto 1’obbligazione del fideiussore dura ben oltre tale scadenza, fino al soddisfacimento integrale del creditore.

In conclusione, il ricorso va rigettato.

4.- Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in favore dei resistenti nella somma di Euro 3.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge.

Così deciso in Roma, il 9 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2012

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