Cass. civ. Sez. III, Sent., 11-06-2012, n. 9440 Riunione e separazione di cause

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Nella notte del (OMISSIS) sull’autostrada (OMISSIS), nel verso che conduce da (OMISSIS), all’altezza della progressiva chilometrica (OMISSIS), la Peugeot condotta da B.F., che vi trasportava la moglie e quattro figli, assicurato da Presence Assurance, poi AXA Assicurazioni, veniva tamponata da tergo dalla Lancia Thema condotta da F.A., iscritta al PRA quale veicolo di proprietà di S.p.A. Lisinco, assicurata dalla S.p.A. Tirrena Assicurazioni, sulla quale erano trasportati M.L. e B.F.. A seguito dell’urto la Peugeot usciva di strada, sulla propria destra, finendo in un fosso. La Lancia Thema proseguiva la sua corsa percorrendo un arco del senso antiorario per circa 60-70 mt, dalla corsia di marcia normale, e convergendo quindi sulla propria sinistra fino a collidere con il gard-rail di protezione dell’aiuola spartitraffico centrale e disponendosi infine trasversalmente sulla corsia di sorpasso della propria carreggiata, con la parte anteriore rivolta verso il margine destro. In tale posizione statica la Lancia Thema veniva urtata sulla fiancata centrale destra dalla Fiat Uno, condotta da G.L., di proprietà di F.G., assicurata da S.p.A. Generali Assicurazioni, che trasportava S.M., P. S., G.V. e G.N.. A seguito del secondo urto la Lancia Thema veniva sospinta in avanti e si fermava nella corsia di sorpasso, dove veniva ancora urtata nella parte posteriore laterale destra dalla Mitsubishi condotta dal cittadino austriaco S.E., di proprietà di S.J., assicurata dalla compagnia Anglo Elementar. La Fiat Uno deviava invece verso destra e si fermava con la parte anteriore nella corsia d’emergenza e la parte posteriore nella corsia di marcia normale, incendiandosi. Nell’occorso perdevano la vita il conducente G. L. (anni 19), P.S. (anni 22) e G.V. (anni 21). A seguito di tale evento, venivano introdotti quattro distinti procedimenti giudiziari davanti al Tribunale di Padova, successivamente riuniti. In esito il Tribunale adito dichiarava il concorso di colpa di G.L. per un 20% e di F. A. per il residuo 80%; condannava gli eredi del primo, le Generali Assicurazioni, come impresa designata, la Spa Tirrena Assicurazioni in l.c.a., F.A., la Spa Lisinco, la Srl Bat Accessori, M.L. al pagamento di importi diversi ai vari danneggiati. Avverso tale decisione proponevano appelli separati la srl Bat Accessori e la Spa Isefi Internazionale, poi Locat Spa, succeduta alla Spa Lisinco, ed in esito al giudizio, in cui si costituivano tutte le altre parti, alcune delle quali proponevano appello incidentale, la Corte di Appello di Venezia con sentenza depositata in data 4 settembre 2007 rigettava ogni domanda proposta contro Bat Accessori e la Spa Isefi; condannava G. V., G.F.R., F.G. a restituire le somme percepite da Spa Locat, succeduta all’Isefi, in esecuzione della sentenza di primo grado; rigettava gli appelli incidentali proposti da Assicurazioni Generali, dagli eredi di G.L., dal M. e da Spa Tirrena in l.c.a.; emetteva condanne per importi diversi, in favore di vari danneggiati, a carico degli eredi di G.L., Assicurazioni Generali, F. A., F.R.. Avverso la detta sentenza G. V., in proprio, nonchè G.F.R. e G. M., in proprio e quali eredi di F.G., hanno proposto ricorso per cassazione in via principale articolato in un unico motivo nei confronti di Locat Spa, già Isefi Spa, illustrato da memoria difensiva; F.R. ha proposto ricorso incidentale adesivo al ricorso presentato dai G. e contestuale ricorso incidentale nei confronti di Bat Accessori srl e di Lisinco. Resistono con separati controricorsi la Locat Spa e la Bat Accessori Srl.

Motivi della decisione

In via preliminare, deve rilevarsi che il ricorso principale e quello incidentale sono stati riuniti, in quanto proposti avverso la stessa sentenza .

Procedendo all’esame del ricorso principale, proposto dai G. al quale peraltro ha aderito il F., va osservato che, con l’unica doglianza proposta, deducendo la nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4, in relazione agli artt. 330 e 332 c.p.c., i ricorrenti lamentano che la Corte di appello avrebbe omesso di pronunciarsi sulla richiesta dichiarazione del passaggio in giudicato del capo della sentenza di primo grado – punto dieci del dispositivo -nella parte in cui dichiarava tenuti e condannava la Lisinco Spa ed il sig. F., in solido tra loro, al pagamento in loro favore della somma di L. 196 milioni oltre interessi. Ed invero – così continuano i ricorrenti – nessuna impugnazione era stata tempestivamente proposta contro tale punto, da parte della appellante Isefi Spa, succeduta alla Lisinco, nè a loro notificata, quali eredi G., come difesi e rappresentati dall’avv. Mario Testa, essendo la decisione intervenuta nei giudizi promossi da costoro e rubricati ai numeri di ruolo del Tribunale di Padova 10759/91 R.G. e 10706/R.G. e non in quelli, diversi, contrassegnati ai numeri 3376/91 R.G. e 7213/92 R.G. in cui essi avevano rivestito il ruolo di convenuti ed erano stati rappresentati e difesi dall’avv. Giuseppe Majolino. Nè l’appello della Bat accessori poteva investire il predetto punto, stante la sua estraneità e la mancata soccombenza.

I ricorrenti hanno quindi concluso il motivo di ricorso con il seguente quesito: "nell’ipotesi di cause scindibili, riunite nel giudizio di primo grado, qualora la parte assuma le vesti di convenuta, in alcune, e di attrice, in altre, e sia, altresì, difesa in ciascuna delle diverse cause originariamente proposte, da diversi procuratori presso i quali abbia anche eletto domicilio, l’impugnazione notificata al procuratore costituito nel giudizio non interessato dal capo di sentenza oggetto di gravame è causa di inesistenza della notificazione medesima e, di tal guisa, determina un vizio insanabile nel corretto incardina mento del contraddittorio con conseguente passaggio in giudicato di siffatto capo di cui si invoca la riforma?" Come appare evidente da quanto sopra riportato, la doglianza, svolta dai ricorrenti, si articola essenzialmente attraverso due profili, sia pure collegati tra loro da un nesso di interdipendenza logica: il primo, fondato su una pretesa omessa pronunzia da parte della Corte di appello; il secondo, fondato sull’asserita inesistenza della notifica dell’impugnazione, con passaggio in giudicato della decisione sul punto, sulla cui questione si sarebbe sostanziata l’omessa pronuncia. Ciò posto, deve innanzitutto rilevarsi che l’unico quesito di diritto formulato dai ricorrenti investe esclusivamente il secondo profilo di doglianza, onde l’inammissibilità del primo profilo, perchè ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, applicabile alle sentenze pubblicate dal 2 marzo 2006, come quella in esame, i motivi del ricorso per cassazione, nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1), 2), 3), 4), devono essere accompagnati, a pena di inammissibilità – giusta la previsione dell’art. 375 c.p.c., n. 5, dalla formulazione di un esplicito quesito di diritto, che si risolva in una chiara sintesi logico- giuridica della questione sottoposta al vaglio del giudice di legittimità.

Deve essere invece rigettato il secondo profilo di doglianza, alla luce delle seguenti considerazioni. Se è vero che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, il provvedimento di riunione lascia immutata l’autonomia dei singoli giudizi e delle posizioni delle parti in ciascuno di essi, con la conseguenza che gli atti e le statuizioni riferiti ad un processo non si ripercuotono nell’ambito dell’altro processo solo perchè questo sia stato riunito al primo (ex multis: Cass. 19652/04, 13348/04, 5595/03), è altrettanto vero che la portata del principio, fondato sull’autonomia dei giudizi riuniti, è stata già attenuata da questa Corte, nel caso della riunione di due procedimenti riguardanti lo stesso oggetto (così come nella specie) quando è stato ad es. statuito che le prove raccolte in uno dei giudizi riuniti sono automaticamente utilizzabili nell’altro, essendo sufficiente, affinchè il giudice possa esaminarle e trame elementi per il suo convincimento, che esse siano state legittimamente raccolte in contraddittorio e discusse fra le parti (Cass. 15189/01). Ed invero, in tali ipotesi, rileva con carattere assolutamente determinante la circostanza che l’attività difensiva di ciascuna delle parti in causa non abbia sofferto un effettivo vulnus e si sia potuta svolgere liberamente su tutti i temi della controversia, non potendo darsi ingresso in senso contrario ad un inutile aggravio dell’attività difensiva. Sulla base di questa premessa, di recente, la S.C. ha quindi escluso la necessità di una nuova notifica di un atto difensivo in una delle controversie riunite, che avrebbe dato ingresso ad una dispersiva duplicazione degli oneri posti a carico delle parti, in omaggio al principio della ragionevole durata del processo. (Cass. 15383/2011 in motivazione).

Ed è appena il caso di osservare come il principio di diritto sopra riportato trovi ragione; di attuazione anche nella vicenda in esame, stante l’avvenuta costituzione, nei giudizi riuniti, degli eredi G., che consentiva la piena conoscenza dell’attività processuale svolta dalle altre parti in ciascuno dei diversi giudizi e la possibilità di difendersi nel merito dalle doglianze e dalle richieste da esse avanzate.

Del resto, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, l’inesistenza della notificazione è configurabile solo quando essa manchi totalmente oppure quando l’attività compiuta esca completamente dallo schema legale del procedimento notificatorio, essendo stata effettuata in modo assolutamente non previsto dalla normativa. Ne deriva che utile elemento di discrimine per distinguere l’inesistenza dalla nullità della notificazione è costituito dal rilievo che il vizio del procedimento notificatorio nella sostanza delle cose abbia comunque consentito la conoscenza dell’atto da parte del destinatario come naturale e non fortuito esito dell’attività dell’agente notificatore, malgrado irritualmente compiuta, giacchè in tale ipotesi deve ritenersi verificato lo svolgimento di un procedimento notificatorio, rimasto sia pure parzialmente nell’ambito del modello previsto dalla legge. Con la conseguenza ulteriore che una notificazione va ritenuta soltanto nulla e deve ritenersi sanata in virtù del raggiungimento dello scopo quando la consegna sia comunque avvenuta mediante rilascio di copia dell’atto a persona ed in luogo aventi un qualche riferimento con il destinatario della notificazione, così come è avvenuto nella specie, in modo da consentirgli la piena esplicazione del suo diritto di difesa.

Passando all’esame del ricorso incidentale proposto dal F., va osservato che il ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte relativa alla declaratoria di carenza di legittimazione passiva di Bat Accessori Srl e di Lisinco Spa (ora S.p.a. Isefi), deducendo testualmente che "tale affermazione merita di essere cassata per manifesta insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza". Ora, volendo prescindere dal rilievo che il ricorrente ha affidato le ragioni di doglianza a due generiche intitolazioni "carenza di legittimazione di Bat Accessori Srl" e "Carenza di legittimazione passiva di Lisinco" senza specificare quale fosse la categoria logico-giuridica cui apparteneva il vizio ex art. 360 c.p.c., che intendeva denunciare, si deve dedurre che il vizio lamentato fosse in realtà quello motivazionale. La Corte nelle; sue argomentazioni avrebbe trascurato che la scrittura privata del 17 aprile 1987, addotta come prova a sostegno della vendita da Bat Accessori ad esso F., non costituiva una prova idonea perchè si trattava di una mera dichiarazione dell’intento di acquistare, in quanto l’ipotetico contratto di compravendita non conteneva la determinazione del prezzo ed inoltre gli importi, che il F. si era impegnato a versare, come testualmente emerge dalla dichiarazione, dovevano essere versati non a titolo di caparra ma a titolo di cauzione. Sia l’una che l’altra ragione di censura sono inammissibili per un duplice ordine di considerazioni. Ed invero, occorre sottolineare, in primo luogo, che, ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ. superiormente citato, ove sia denunciato un vizio motivazionale ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, così come è avvenuto nel caso di specie, la censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, oltre a richiedere sia l’indicazione del fatto controverso, riguardo al quale si assuma l’omissione, la contraddittorietà o l’insufficienza della motivazione sia l’indicazione delle ragioni per cui la motivazione sarebbe inidonea a sorreggere la decisione (Cass. ord. n. 16002/2007, n. 4309/2008 e n. 4311/2008). Ciò posto, deve evidenziarsi che, nel ricorso in esame, il ricorrente non ha accompagnato nessuna delle due doglianza con il necessario momento di sintesi. Ora, considerato che la norma di cui all’art. 366 bis citato non può essere interpretata nel senso che il momento di sintesi possa desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo di ricorso, poichè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione nè può richiedersi che la Corte sia obbligata ad una attività di interpretazione della doglianza complessivamente illustrata, al fine di poter individuare il fatto controverso, cui si riferisce il ricorrente, e le ragioni per cui la motivazione sarebbe stata omessa o insufficiente e/o contraddittoria, ne deriva che il mancato assolvimento di tale onere comporta l’inammissibilità delle censure.

L’inammissibilità deriva inoltre dal rilievo che le ragioni di doglianza, svolte dal F., si fondano sul contenuto di una scrittura privata, datata 17 aprile 1987, senza che il ricorrente abbia assolto l’onere di riportare – mediante l’integrale trascrizione – il contenuto dell’atto medesimo. E ciò, in quanto secondo il principio di autosufficienza il ricorso per cassazione deve contenere in sè tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza impugnata ed a consentire l’apprezzamento da parte del giudice di legittimità della fondatezza di tali ragioni. Il controllo deve essere infatti svolto sulla base delle sole deduzioni contenute nel ricorso, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative, mediante l’accesso a fonti esterne e l’esame diretto degli atti di causa, che resta precluso alla Corte di cassazione.

Considerato che la sentenza impugnata appare esente dalle censure dedotte, ne consegue che entrambi i ricorsi, siccome infondati, vanno rigettati.

La complessità della vicenda processuale e l’obiettiva controvertibilità di alcune delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese tra le parti costituite.

P.Q.M.

La Corte decidendo sui ricorsi riuniti li rigetta. Compensa le spese del giudizio di legittimità tra le parti costituite.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2012

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