Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 10-11-2011) 25-11-2011, n. 43787 Libertà di circolazione e soggiorno

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con provvedimento del 2 marzo 2011 il Tribunale di Mantova, monocraticamente composto ed in funzione di giudice dell’esecuzione, accogliendo la relativa istanza ed in applicazione della direttiva 2008/115/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16.12.2008, dichiarava non previsto dalla legge il fatto per cui era intervenuta sentenza, a carico di O.A., applicativa della pena resa dal Tribunale di Mantova il dì 11.11.2010, irrevocabile dal 13.1.2011, per violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5-ter, revocando nel contempo detto titolo esecutivo con declaratoria di cessazione di ogni effetto penale.

2. Avverso detto provvedimento ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica di Mantova, denunciandone l’illegittimità per violazione di legge.

Denuncia in particolare il Procuratore ricorrente l’inapplicabilità, al caso di specie, della disciplina di cui all’art. 673 c.p.p. e la configurabilità, a suo avviso illegittima, di una nuova forma di abolitio criminis, ulteriore rispetto a quelle canoniche individuate dalla legge ed affidata alla disapplicazione, per iniziativa del giudice ordinario, della norma interna perchè ritenuta in contrasto con direttive Europee.

Su tale presupposto chiede il procuratore ricorrente l’annullamento del provvedimento impugnato previa prospettazione, con rinvio alla Corte di giustizia dell’Unione, di opportuna pregiudiziale comunitaria.

3. Il Procuratore generale in sede, con motivata requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso.

4. Il ricorso è infondato per le ragioni che si passa ad esporre.

4.1 In data 28 aprile 2011, in data pertanto successiva a quella dell’ordinanza impugnata, è stata depositata la sentenza emessa dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nel procedimento C-61/11 PPU, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 TFUE, proposta dalla Corte d’appello di Trento nell’ambito del procedimento a carico di E.D.H., imputato del reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5-ter, in relazione alla direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 16 dicembre 2008, 2008/115/CE, recante "norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare". 4.2 Con tale sentenza la Corte Europea ha affermato che "la direttiva 2008/115, in particolare i suoi artt. 15 e 16, deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa di uno Stato membro, come quella in discussione nel procedimento principale, che preveda l’irrogazione della pena della reclusione al cittadino di un paese terzo il cui soggiorno sia irregolare per la sola ragione che questi, in violazione di un ordine di lasciare entro un determinato termine il territorio di tale Stato, permane in detto territorio senza giustificato motivo".

Spetta perciò al giudice nazionale "disapplicare ogni disposizione del D.Lgs. n. 286 del 1998 contraria al risultato della direttiva 2008/115, segnatamente l’art. 14, comma 5-ter, di tale decreto legislativo", tenendo altresì nel debito conto il principio "dell’applicazione retroattiva della pena più mite, il quale fa parte delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri". 4.3 La decisione della Corte di Giustizia, interpretando in maniera autoritativa il diritto dell’Unione con effetto diretto per tutti gli Stati membri e le rispettive giurisdizioni, incide sul sistema normativo impedendo la configurabilità del reato.

L’effetto è paragonabile a quello della legge sopravvenuta (cfr. C. Cost. nn. 255 del 1999, 63 del 2003, 125 del 2004 e 241 del 2005 secondo cui "i principi enunciati nella decisione dalla Corte di giustizia si inseriscono direttamente nell’ordinamento interno, con il valore di jus superveniens, condizionando e determinando i limiti in cui quella norma conserva efficacia e deve essere applicata anche da parte del giudice nazionale") con portata sostanzialmente (tamquam non esset) abolitrice della norma incriminatrice. Non può a tale proposito ingenerare incertezze il riferimento contenuto, nella sentenza E.D., alla applicabilità della "pena più mite".

Nell’ordinamento non risultano contemplate ipotesi residuali di reato che possano ritenersi interamente contenute nella contestazione D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 14, comma 5-quater, idonee a riespandersi senza necessità alcuna di integrazione a fronte della disapplicazione della fattispecie in esame. Il richiamo alle tradizioni costituzionali comuni e ai diritti fondamentali rende per altro evidente che i principi evocati sono quelli elaborati, anche dalla Corte EDU, in tema di art. 7 della Convenzione, mentre la sentenza della CtGUE lager, pure richiamata (e che tratta di sanzioni amministrative), palesa come nel linguaggio della Corte il termine "pene" si riferisca a qualsivoglia regime sanzionatorio o afflittivo, non necessariamente corrispondente ad un trattamento "penale" secondo l’ordinamento italiano e comprensivo, pertanto, per quanto detto, del regime sanzionatorio eventualmente in espiazione di un determinato titolo esecutivo formatosi in applicazione della norma penale ormai, come innanzi detto, sostanzialmente abrogata e da valutare comunque tamquam non esset.

4.4 Tanto per concludere che la decisione della Corte di Giustizia di cui in premessa non può non avere effetti anche nelle fase esecutiva del processo penale, di guisa che il detenuto in espiazione della condanna per violazione della norma incriminatrice "sostanzialmente abrogata", può legittimamente chiedere che sia dichiarata la penale irrilevanza della condotta per la quale è stato condannato, con la immediata cessazione dei suoi effetti ed, in particolare di ogni conseguenza esecutiva in atto a suo carico. Il diverso opinare del procuratore ricorrente, al pari della sua istanza di predisposizione di una pregiudiziale comunitaria, si appalesano non motivate e, pertanto, non condivisibili.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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