Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 10-11-2011) 25-11-2011, n. 43782

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

-1- La Sicilcassa s.p.a., già Cassa centrale di Risparmio V.E., in liquidazione coatta amministrativa, nelle persone dei commissari liquidatori, tramite difensori, ricorre avverso il decreto 9/13.11.2010 del tribunale di Palermo che, quale giudice dell’esecuzione nel procedimento di prevenzione contro i C. G., D. e Ga., rigettava l’incidente volto ad ottenere il riconoscimento dei diritti di ipoteca in suo favore gravanti su immobili dei ricorrenti, confiscati con decreto emesso dallo stesso tribunale il 19.7.1997, divenuto definitivo l’8.3.2000.

-2- Il giudice della esecuzione, premessi i principi giurisprudenziali sul diritti del terzo beneficiario di ipoteca su immobili oggetto di confisca ai danni di sottoposti a misura di prevenzione anti mafia, ha ritenuto che dovesse escludersi "la buonafede e l’inconsapevole affidamento nella acquisizione dei diritti" ipotecari dell’istituto di credito nella erogazione e gestione dei crediti concessi dalla originaria Cassa di Risparmio V.E. ai tre fratelli C., in base alla ritenuta assorbente ragione della mala gestio del credito come verificata dall’esito ispettivo della banca d’Italia, il cui giudizio viene riportato nei termini seguenti: la gestione delle linee di credito è risultata contraddistinta da anomalie nella erogazione dei prestiti e nel controllo dei rischi. Le reiterate concessioni volte ad adeguare i fidi ad utilizzi sempre debordanti e le continue proroghe dei finanziamenti scaduti palesano un sostegno di fatto incondizionato da parte di Sicilcassa "- Peraltro, replicando ad una delle eccezioni avanzate dalla società ora ricorrente, hanno ritenuto i giudici della esecuzione che la mala gestio costituisse grave sintomo di mala fede, nel senso di conoscenza della caratura dei soggetti concessionari dei fidi per via dell’"atteggiamento prolungato di completa disponibilità rispetto alle richieste del cliente". Dalle premesse come sopra indicate i giudici della,esecuzione hanno dichiarato l’inefficacia delle ipoteche iscritte a favore della Sicilcassa s.p.a. in liquidazione coatta amministrativa sui beni confiscati, nonchè la inopponibilità all’Erario dei crediti chirografari vantati dalla stessa società nei confronti delle società del gruppo Caravello.

-3- Proprio nell’analisi critica di questo punto – la buona fede del terzo – si incentra il motivo di ricorso, peraltro articolato e oltremodo diffuso, della Sicilcassa che propone una concezione della buona fede quale atteggiamento di contiguità dolosa con la sospettata attività mafiosa del beneficiario del credito ipotecario, a pena di scollegare, a parere della ricorrente, la confisca antimafia della ritenuta pericolosità del bene. Da qui un articolato percorso difensivo volto a sottolineare la sfasatura dei tempi della erogazione del credito con l’accertamento della pericolosità sociale dei proposti alla misura di prevenzione: le facilitazioni creditizie alle imprese di Ca.Ga., D. e G. rimontavano al periodo Gennaio 1987/Aprile 1991, la sospetta mafiosità dei tre era stata smentita dagli esiti dei procedimenti di prevenzione conclusisi favorevolmente per loro nell’anno 1986 con decreti di rigetto della proposta di applicazione delle misure personali e patrimoniali ex L. n. 575 del 1965 nei confronti di C.D. e G. e di applicazione della sola misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di p.s. nei confronti del solo Ca.Ga., che peraltro nel 1990 veniva assolto dal gip di Palermo dal delitto di partecipazione ad associazione mafiosa e nel 1995 veniva pienamente riabilitato dalla corte di appello di Palermo. Solo successivamente il 18.7.1995 con un nuovo sequestro L. n. 575 del 1964, ex art. 2 ter ed il 31.3.2000 con il decreto della corte di appello di Palermo di applicazione della misura di prevenzione personale e patrimoniale- la confisca – emergeva la personalità mafiosa dei tre C..

-4- A questo punto il discorso giustificativo difensivo si svolge su due versanti: il primo per sottolineare la violazione di legge nella misura in cui equipara la mala fede alla colpa e non alla positiva rappresentazione del carattere "mafioso" del bene, ed all’uopo richiama C. cost. 8.10.1996 n. 335 che, con riferimento alla questione di legittimità costituzionale della L. n. 575 del 1965, art. 2 ter nella parte in cui non prevede misure patrimoniali nel caso di morte del proposto, ha puntualizzato che (testualmente) "il legislatore è rimasto comunque fermo nel richiedere, per l’emanazione dei provvedimenti di sequestro e di confisca, un collegamento tra la cautela patrimoniale e l’esistenza di soggetti individuati, da ritenere pericolosi alla stregua della legislazione dettata per contrastare la criminalità mafiosa e quella a questa equiparata", il secondo versante per denunciare l’omessa considerazione delle circostanze tutte deponenti nella mancanza di qualsiasi colpa di mala gestio per la concessione dei finanziamenti a vantaggio del cd. gruppo Caravello. Al più si profilerebbero profili di violazione dei doveri di diligenza che però gravano su tutti gli operatori bancari nelle relazioni in genere con i propri clienti. La regola di prudenza violata, allora, sarebbe solo funzionale ad evitare eventi che nulla hanno a che fare con l’agevolazione o la contiguità con l’imprenditore mafioso.

-5- Il discorso difensivo si conclude censurando la statuizione finale del provvedimento impugnato nella parte in cui, disponendo l’inefficacia delle ipoteche e l’inopponibilità dei crediti chirografari all’Erario, ha pronunciato sulla esistenza del credito, per la cui declaratoria di estinzione sarebbe sempre e comunque il giudice civile.

-6- Il ricorso non può essere deciso in questa sede per doversi convertire,per principi giurisprudenziali consolidati, in opposizione che dovrà essere decisa dallo stesso giudice della esecuzione.

Invero in materia di confisca, il provvedimento adottato dal giudice dell’esecuzione, non de plano, bensì, irritualmente, a seguito d’udienza camerale, è comunque impugnabile nelle forme dell’opposizione e non già attraverso il ricorso per cassazione, con la conseguenza che il giudice di legittimità investito della impugnazione non può dichiararla inammissibile, ma deve qualificarla come opposizione e disporne la trasmissione al giudice della esecuzione.(v, per tutte, Sez. 1, 13.11.2008/13.1.2009, Valletto, Rv.

242510; Sez. 1, 28.3/2.5.2006, Cosmai e a., Rv. 233945).

P.Q.M.

Qualificato il ricorso come opposizione dispone trasmettersi gli atti al tribunale di Palermo.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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