T.A.R. Lazio Roma Sez. II ter, Sent., 02-01-2012, n. 9 Confisca amministrativa Costruzioni abusive Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con D.D. n. 161 del 15 febbraio 1999, l’amministrazione resistente ha dichiarato acquisita al patrimonio comunale l’opera abusivamente realizzata dalla parte ricorrente e la relativa porzione di terreno di mq 104, distinto nel nuovo catasto terreni al foglio n. 1125 particelle nn. 666 e 1164; al contempo, l’ente capitolino ne ha disposto la trascrizione presso i pubblici registri immobiliari.

Il predetto provvedimento è stato adottato in ragione della mancata ottemperanza all’ordine di demolizione (D.D. n. 1229 del 30 settembre 1998) di opere abusive ivi insistenti, aventi ad oggetto una lamiera ondulata poggiante su blocchi di mattone e tufi (della dimensione di m. 13 x 8 x 3,50).

L’atto di acquisizione al patrimonio comunale dell’opera abusiva e dell’area di sedime è stato adottato in ragione del fatto che la parte ricorrente ha rimosso la sola lamiera ondulata ma non i blocchi di mattone e tufi.

Avverso tale atto, e quelli ad esso connessi, ha proposto impugnativa la parte ricorrente chiedendone l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione, per i seguenti motivi:

1) violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della L. n. 47 del 1985; eccesso di potere per insussistenza ed erroneità dei presupposti; eccesso di potere per erronea valutazione della situazione di fatto; eccesso di potere per illogicità, erroneità ed incongruenza della motivazione; violazione dell’art. 3 della L. n. 241 del 1990.

Il provvedimento impugnato è illogico ed incongruo in quanto la lamiera ondulata è stata eliminata ed il mantenimento dei mattoni e dei tufi non può essere considerato un inadempimento all’ordine di demolizione in quanto gli stessi non risultano ancorati al suolo né risultano conglomerati tra loro.

Si tratta di pile di mattoni che non costituiscono una struttura edilizia di natura stabile e, pertanto, non dovevano essere eliminate;

2) violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della L. n. 47 del 1985 sotto svariati profili; eccesso di potere per mancata determinazione ed indeterminabilità dell’area di sedime e circostante per mq 104, assoggettata all’acquisizione; eccesso di potere per difetto dei presupposti, incongruenza, irrazionalità, inadottabilità ed in eseguibilità del provvedimento.

L’atto impugnato individua l’area di 104 mq. da acquisire al patrimonio comunale in maniera generica in quanto fa riferimento alle originarie particelle n. 666 e n. 1164 del foglio 1125, non più esistenti al momento dell’adozione del provvedimento di acquisizione.

Del resto, parte dei terreni individuati facendo riferimento alle particelle n. 666 e n. 1164 del foglio 1125 sono state oggetto, in parte, di ulteriore frazionamento ed, in altra parte, ceduti a terzi.

Costituisce, invero, principio dettato dalla giurisprudenza quello secondo cui l’area da acquisire coattivamente al patrimonio comunale deve essere correttamente individuata mentre la misura, avendo natura sanzionatoria, non può colpire soggetti che non hanno commesso l’abuso contestato;

3) violazione di legge ed incompetenza.

Il provvedimento impugnato è stato adottato dal Dirigente UOT del Comune di Roma quando, ai sensi dell’art. 51 della L. n. 142 del 1990, la competenza deve essere riconosciuta in capo al Sindaco ovvero al Consiglio comunale;

4) violazione degli artt. 7 e 8 della L. n. 241 del 1990; eccesso di potere per difetto ed erronea valutazione.

Il provvedimento impugnato avrebbe dovuto essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento anche perché la parte ricorrente riteneva di aver adempiuto all’ordine di demolizione attraverso l’eliminazione della lamiera ondulata.

Si è costituita in giudizio l’amministrazione intimata per resistere al ricorso.

Con ordinanza n. 1620/1999, è stata accolta la domanda di sospensiva.

In prossimità della trattazione del merito, le parti hanno depositato memorie.

La parte ricorrente (ovvero gli eredi dell’originario ricorrente) ha insistito per l’accoglimento, dopo aver rappresentato che, in data 21 novembre 2001, l’amministrazione resistente ha proceduto alla trascrizione del provvedimento impugnato presso la Conservatoria dei registri immobiliari.

L’ente capitolino ha chiesto il rigetto del ricorso perché infondato nel merito.

Alla pubblica udienza del 1 dicembre 2011, la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

Motivi della decisione

1. Con l’impugnativa in esame, la parte ricorrente ha affermato quanto segue:

– la porzione di terreno oggetto di acquisizione di cui al provvedimento impugnato è stata individuata facendo riferimento al foglio n. 1125 particelle nn. 666 e 1164;

– la predetta porzione di terreno così contraddistinta presso il catasto era stata, tuttavia, già oggetto di frazionamento e divisa quindi nelle particelle numerate da 2295 a 2300;

– a loro volta, le particelle nn. 2296 e 2299 sono state trasferite nel 1993 alla società SIP mentre le particelle nn. 2297 e 2300 sono state unificate, nel 1995, nella unica particella n. 2367 dove sono stati realizzati gli abusi contestati nel 1998 alla parte ricorrente.

1.1 L’amministrazione resistente non ha smentito tale ricostruzione dei fatti operata nel ricorso in esame. Peraltro, risulta che, pur in pendenza del provvedimento giurisdizionale di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato, questo è stato comunque trascritto, in data 21 novembre 2001, presso la Conservatoria dei registri immobiliari, con l’indicazione delle particelle originarie (nn. 666 e 1164 del foglio n. 1125) e senza l’indicazione dell’esatta estensione metrica.

1.2 Ora, è noto l’orientamento giurisprudenziale secondo cui l’individuazione dell’ area di pertinenza della "res abusiva" deve compiersi al momento dell’emanazione del provvedimento con il quale viene accertata l’inottemperanza e con cui si procede all’acquisizione gratuita del bene al patrimonio del Comune, ai sensi dell’art. 7 della L. 28 febbraio 1985, n. 47, indicazione che deve, quindi, essere contenuta nell’atto d’acquisizione, a pena d’illegittimità di quest’ultimo, costituendo esso titolo per l’immissione in possesso dell’opera e per la trascrizione nei registri immobiliari (cfr, per tutte, TAR Campania, sez. IV, 21 settembre 2002, n. 5429).

1.3 Nel caso di specie, non risulta che l’amministrazione resistente abbia proceduto all’esatta individuazione dell’area da acquisire al patrimonio in quanto, come affermato e provato dalla parte ricorrente e non smentito dall’amministrazione resistente, le particelle indicate nel provvedimento impugnato non corrispondevano ai frazionamenti intervenuti nel tempo (e che avevano assegnato una numerazione diversa all’area di che trattasi, facendo diventare non più attuale l’indicazione delle particelle nn. 666 e n. 1164 del foglio n. 1125), con ciò determinando incertezza sulla individuazione del bene immobile da sottrarre alla titolarità della parte ricorrente.

L’esigenza di procedere all’esatta individuazione dell’area privata da acquisire gratuitamente al patrimonio pubblico è dettata dal fatto che, trattandosi di una misura sanzionatoria che incide sul diritto di proprietà ovvero su un diritto costituzionalmente garantito, è necessario il rispetto delle garanzie anche formali dettate da norme di relazione che regolano i rapporti tra il potere pubblico ed i diritti di cui sono titolari i soggetti privati.

1.4. Va, pertanto, rilevata la fondatezza del secondo motivo di ricorso.

2. Vanno invece respinte le doglianze che insistono sull’inconfigurabilità di un inadempimento rispetto all’ordine di demolizione di cui alla D.D. n. 1229 del 30 settembre 1998: anche a prescindere dal rilievo che tale provvedimento non è stato oggetto di rituale impugnazione (essendo peraltro spirati i relativi termini decadenziali), non può comunque essere condivisa la prospettazione con cui parte ricorrente esclude la natura ediliza della struttura composta da mattoni e tufi non ancorati al suolo e non conglomerati posto che ciò che conta è che tale struttura è comunque destinata ad esigenze durature nel tempo ed ha comportato una trasformazione edilizia del territorio (il manufatto di che trattasi non può essere invero ricondotto ad una pila di mattoni lì temporaneamente ricoverati destinati ad altro scopo).

3. In conclusione, previo assorbimento delle ulteriori censure dedotte dalla parte interessata, il ricorso va accolto nei sensi di cui ai punti precedenti, fermo restando l’obbligo di demolizione delle restanti opere abusive costituite da mattoni e tufi non conglomerati di cui alla D.D. n. 1229 del 30 settembre 1998.

Di conseguenza, va annullata la D.D. n. 161 del 15 febbraio 1999, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione in caso di inottemperanza all’obbligo di demolizione delle restanti opere abusive costituite da mattoni e tufi non conglomerati.

4. In relazione alla particolarità della fattispecie le spese di giudizio possono essere compensate tra le parti,.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla la D.D. n. 161 del 15 febbraio 1999, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 dicembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Maddalena Filippi, Presidente

Maria Cristina Quiligotti, Consigliere

Daniele Dongiovanni, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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