Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 10-11-2011) 25-11-2011, n. 43721

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La Corte d’appello di Milano confermava la condanna di P. C.M. per i reati di lesioni personali, porto e detenzione di arma ai danni di C.S.. Osservava che il fatto traeva origine dalla richiesta della vittima di incontrare l’imputato, conosciuto col nome di M. e tramite l’utenza telefonica, allo scopo di avere un chiarimento sui suoi rapporti con la propria ragazza. L’incontro aveva luogo e l’imputato aveva negato di aver avuto un qualunque rapporto con la ragazza e di fronte alle insistenze del C. gli aveva mostrato l’arma. Il C. aveva cercato di scappare ma era stato colpito da vari colpi di arma da fuoco alle gambe, dopo di che l’imputato era fuggito. La sua identificazione era avvenuta tramite il numero di telefono e l’individuazione fotografica della vittima. Anche il teste Orlando aveva riconosciuto l’imputato in quanto era corso in aiuto della vittima ed aveva riconosciuto un cliente del bar. L’imputato si era dato alla latitanza e poi dopo due mesi si era costituito. Riteneva la Corte di dover accogliere anche l’appello del P.M. sulla concessione delle attenuanti generiche, visto che l’essersi costituito dopo una latitanza di due mesi non poteva costituire motivo per concederle.

Avverso la decisione presentava ricorso l’imputato e deduceva violazione dell’art. 178 c.p.p. per omesso rispetto del diritto di difesa in quanto lo stato di latitanza era stato irregolarmente dichiarato visto che non erano state fatte le ricerche previste dalla legge, ma l’imputato era stato cercato solo per telefono; non vi era inoltre alcuna certezza sull’identificazione dell’autore del fatto visto che tutti gli elementi indicati dalla persona offesa non si attagliavano all’imputato, che non è cugino di tale O. e non possiede un’Audi TT; l’accusa contro di lui era frutto di malanimo per la frequentazione con la ragazza del C.; la revoca delle attenuanti generiche è frutto di motivazione illogica e fondata su uno stato di latitanza non esistente.

La Corte ritiene che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile in quanto ripropone le medesime questioni già affrontate davanti ai giudici di merito. Infondata è la ritenuta nullità della dichiarazioni di latitanza visto che l’imputato dopo il fatto era scomparso dalla propria abitazione per ben due mesi, senza fornire altra giustificazione e solo dopo due mesi si era costituito.

L’affermazione quindi che non era stato ricercato nelle forme previste dalla legge è del tutto apodittica, mentre i verbalizzanti hanno dato atto di averlo ricercato, nella sua casa di abitazione, nella abitazione del cugino O. e di averlo contattato per telefono invitandolo a presentarsi ricevendone risposta negativa. La prova della sua responsabilità discende dalle dichiarazioni della persona offesa, riscontrata dal numero di telefono nella sua disponibilità e soprattutto dal riconoscimento fotografico. Oltre a ciò vi è anche la dichiarazione del teste che lo conosceva come frequentatore del bar e quindi lo aveva riconosciuto nel momento in cui si era allontanato. L’esclusione delle attenuanti generiche in accoglimento del ricorso del P.G. appare congruamente motivata.

Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 alla Cassa delle ammende.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *