Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 10-11-2011) 25-11-2011, n. 43720

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La Corte d’appello di Reggio Calabria confermava la condanna di P.R. e P.G.A. per i delitti di porto e detenzione di armi e ricettazione, nonchè di P.R. anche per la violazione della sorveglianza speciale. Osservava che gli imputati erano latitanti ed erano stati sorpresi nascosti in una abitazione dove parcheggiata davanti al garage di pertinenza, veniva rinvenuta un’auto rubata, avente targhe rubate, con all’interno un borsone contente armi clandestine e relativo munizionamento.

Nell’auto venivano rinvenuti indumenti e biancheria per la casa, documenti intestati ai familiari di P.R. e un pizzino per l’avvocato di costui. Emergeva inoltre che P.R. era anche destinatario di un provvedimento di sorveglianza speciale che aveva violato.

Secondo la forte l’attribuzione ai due latitanti delle armi discendeva dalla circostanza che molti degli oggetti rinvenuti servivano proprio a garantire la latitanza e cioè la sopravvivenza fuori dalla propria abitazione, i documenti erano chiaramente riferibili alla famiglia Piccolo e i ritagli di giornale si riferivano proprio alle gesta criminali di P.R..

Vi erano poi istruzioni per il figlio di P.R. e per il legale di fiducia dei due latitanti. La circostanza che l’auto e le targhe fossero state rubate solo qualche giorno prima era privo di significato ben potendo tali delitti essere stati consumati dalla criminalità locale in loro favore. Il trattamento punitivo appariva del tutto adeguato.

Avverso la decisione presentavano ricorso i due imputati e deducevano violazione di legge e mancanza di motivazione in quanto si trattava di un processo indiziario, mancava il requisito della precisione, concordanza e univocità degli indizi, basandosi la condanna su congetture che la vettura fosse in uso ad ambedue gli imputati, mentre le chiavi non erano state trovate in loro possesso; inoltre anche ammesso che i documenti fossero a loro destinati, non vi era prova che la vettura fosse già in loro possesso; la responsabilità a carico di entrambi discendeva dal loro stato di latitanza e quindi solo da presunzioni non dimostrate. Inoltre dato il tenore del biglietto ritrovato era possibile che il destinatario del messaggio fosse proprio P.G. e quindi che costui non potesse essere considerato codetentore delle armi. L’omessa concessione delle attenuanti generiche a P.G., figlio di R. e da poco maggiorenne era del tutto ingiustificata.

Con ulteriore atto deducevano manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui la Corte non aveva valutato che le versioni contrastanti fornite dai due imputati erano sintomo del fatto che non fossero insieme, il pizzino rinvenuto non poteva essere stato scritto dagli imputati, visto il suo contenuto, l’auto non poteva appartenere agli imputati visto che era stata rubata da poco in un luogo frequentato dove i latitanti ovviamente non potevano farsi vedere, non era stato fatto alcun rilievo dattiloscopico sull’auto.

La Corte ritiene che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile in quanto ripropone le medesime argomentazioni sottoposte al giudice di merito e già respinte con motivazione del tutto logica e congrua.

Infatti la circostanza che i due imputati, padre e figlio, fossero stati individuati in quella casa, è pacifica e riscontrata dall’effettivo rinvenimento di costoro che alla vista dei carabinieri avevano tentato la fuga. La circostanza che l’auto contenesse oggetti a loro destinati è altrettanto pacifico, visto che vi erano indumenti e biancheria necessari ai latitanti, nonchè documenti riferibili alla famiglia Piccolo e contenenti anche messaggi per l’avvocato degli imputati. Ciò posto è evidente che anche le armi sono un bagaglio tipico dei latitanti che debbono in ogni modo sfuggire alla giustizia e alle forze di polizia, con la conseguenza che difficilmente altri avrebbero corso il rischio di trasportare armi per loro conto. E’ anche possibile che altri avessero rubato l’auto e le targhe per poi consegnarle ai due latitanti per coprire la loro fuga e garantire gli spostamenti o il trasporto appunto di armi.

Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile e i ricorrenti debbono essere condannati al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro 1000 alla Cassa delle ammende.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro 1000 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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