Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 10-11-2011) 25-11-2011, n. 43695 Imposta reddito persone fisiche

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con la impugnata ordinanza il Tribunale di Roma, in funzione di giudice del riesame, ha confermato il decreto di sequestro preventivo per equivalente emesso dal G.I.P. del medesimo Tribunale in data 24.1.2011 nei confronti di B.T.C.F., indagato dei reati di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 4 e 5.

Nell’ordinanza si osserva che le indagini fiscali nei confronti della ditta di B.T.C., titolare della Cartolibreria Copisteria Montemario, sita in (OMISSIS), erano state disposte a seguito di una denuncia querela presentata dallo stesso indagato nei confronti della propria commercialista, ormai deceduta, nella quale si affermava che il denunciaste, successivamente al decesso, era venuto a conoscenza che costei non aveva tenuto alcun libro contabile, non aveva presentato dichiarazioni fiscali dall’anno di imposta 2001, nè versato alcuna imposta dalla fine del 2006. A seguito delle indagini del Nucleo di Polizia tributaria emergevano a carico del B.T.C. elementi per configurare i reati di dichiarazione infedele D.Lgs. n. 74 del 2000, ex art. 4, per le annualità 2007 e 2008, in relazione alla sola imposta sui redditi, e di omessa dichiarazione ex art. 5 del medesimo decreto legislativo per gli anni 2004, 2005 e 2006 con riguardo sia all’imposta sui redditi che all’IVA. Sulla base dei citati elementi il P.M. chiedeva ed il G.I.P. disponeva il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente di beni per un ammontare pari ad Euro 756.252,00, somma identificata come risparmio di imposta per i reati commessi dopo l’1.1.2008, data di entrata in vigore della L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 143, (legge finanziaria del 2008), che ha esteso alle predette violazioni tributarie l’applicabilità del disposto di cui all’art. 322 ter c.p..

In sintesi, l’ordinanza ha escluso che il B.T.C. avesse tenuto, come sostenuto dall’istante, un atteggiamento collaborativo con gli organi di polizia tributaria, non avendo aderito ai molteplici inviti a comparire notificatigli e scelto di differire il contraddittorio all’eventuale fase contenziosa.

Il Tribunale del riesame ha, poi, ritenuto inconferente l’affermazione dell’istante di avere depositato la documentazione fiscale presso il proprio consulente, non potendo essere presi in considerazione a favore della parte, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, comma 5, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa o contenziosa, i registri, documenti, scritture di cui sia stata rifiutata l’esibizione; sono state ritenute non utilizzabili, nella ricostruzione del volume di affari relativo all’anno 2006, le fatture di acquisto dalla 1 alla 1126 facenti parte della documentazione asseritamente consegnata dall’interessato agli Uffici Finanziari in occasione di una precedente verifica; è stato ritenuto irrilevante l’affidamento dell’indagato ad un fiscalista, al fine di escludere la responsabilità per i reati di omessa dichiarazione; è stata ritenuta corretta la ricostruzione del volume di affari e del reddito imponibile mediante la sommatoria dei ricavi documentati e degli accreditamenti sul conto corrente, anzichè sulla differenza tra accreditamenti e prelevamenti, non essendo indicati i soggetti beneficiari di questi ultimi, nonchè sempre in considerazione della mancata esibizione dell’intera documentazione contabile e fiscale da parte dell’indagato. Infine l’istituto della confisca per equivalente è stato ritenuto applicabile anche con riferimento all’anno di imposta 2006, in quanto il termine finale per l’invio telematico della dichiarazioni IRPEF ed IVA era il 31 ottobre 2007 e dovendosi tener conto, ai sensi del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 5, comma 2, per la consumazione del reato dell’ulteriore periodo di novanta giorni dalla scadenza del termine.

Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore dell’indagato, che la denuncia per violazione di legge.

Con il primo mezzo di annullamento si denuncia l’inosservanza ed erronea applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, comma 5, in relazione agli artt. 24 e 53 Cost..

Si deduce, in sintesi, che non poteva essere addebitata al contribuente, ai sensi della disposizione citata, la omessa esibizione della documentazione contabile già depositata presso l’Agenzia delle Entrate con riferimento alle citate fatture relative all’anno 2006 ed anni precedenti, nonchè registro acquisti, registro vendite, etc.; avvenuto deposito provato dal relativo processo verbale allegato agli atti del fascicolo del P.M..

Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia la violazione ed errata interpretazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2), in relazione al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 5.

Con il motivo di gravame si reitera la contestazione in ordine alla correttezza del calcolo della base imponibile e della imposta evasa effettuata dalla G.d.F., ai fini della configurabilità della fattispecie criminosa, censurando l’omessa detrazione degli incassi giornalieri dal totale complessivo dei ricavi e l’omessa detrazione dei costi sostenuti, corrispondenti ai prelevamenti effettuati negli anni di imposta 2007 e 2008.

Con l’ultimo mezzo di annullamento si denuncia l’inosservanza ed errata applicazione dell’art. 2 c.p., art. 322 ter c.p., ed L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 143.

Si deduce, con riferimento all’anno di imposta 2006, che il termine per il pagamento IVA e IRPEF andava a scadere il 16 giugno 2007, con maggiorazione il 16 luglio 2007, mentre l’invio telematico scadeva il 31.10.2007, tutte date antecedenti l’entrata in vigore della L. n. 244 del 2007. Non si poteva, invece, tener conto dell’ulteriore termine di 90 giorni previsto dal D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 5, comma 2, trattandosi della previsione di un’esimente che permette di eliminare l’antigiuridicità del fatto, dopo la consumazione dell’illecito.

Con memoria depositata il 4.11.2011 la difesa del ricorrente ha reso noto che, successivamente al deposito del ricorso, il ricorrente e l’Agenzia delle Entrate hanno sottoscritto un atto di adesione per la definizione dell’anno di imposta 2004.

Il ricorso non è fondato.

Costituisce consolidato principio di diritto con riferimento all’ultimo, pregiudiziale, motivo di gravame che la confisca per equivalente prevista dall’art. 322 ter c.p., non è estensibile ai reati tributali commessi anteriormente all’entrata in vigore della legge finanziaria del 2008 (L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 1, comma 143), in quanto l’eventuale retroattività di tale misura di sicurezza, avente natura sanzionatoria, si porrebbe in contrasto con l’art. 7 della CEDU. (sez. 3^, 24.9.2008 n. 39173, P.M. in proc. Tiraboschi, RV 241034; sez. 6^, 18.2.2009 n. 13098, P.M. in proc. Molon e altri, RV 243127; sez. 5^, 26.1.2010 n. 11288, Natali, RV 246361).

Acquista, pertanto, particolare rilevanza la questione di diritto dedotta dal ricorrente in ordine alla individuazione della data di consumazione del reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 5.

Sul punto è stato già affermato da questa Suprema Corte che "il termine di novanta giorni dalla scadenza per la presentazione della dichiarazione annuale relativa all’imposta sui redditi od I.V.A., individuato ex lege quale momento consumativo del delitto di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 5, decorre, ove le scadenze siano diverse a seconda della modalità prescelta dal contribuente per la presentazione della dichiarazione, dall’ultima scadenza prevista dalle leggi tributarie". (sez. 3^, 21.4.2010 n. 22045, Perrone, RV 247636).

E’ stato, poi, affermato nella parte motiva della citata pronuncia che, ai fini penali, il reato "si considera consumato trascorsi novanta giorni dell’ultima scadenza".

Il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi dal citato principio di diritto, dovendosi rilevare che, secondo la testuale formulazione del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 5, comma 2, il periodo di novanta giorni concesso al contribuente per presentare la dichiarazione non è configurato quale causa di non punibilità del reato già consumato, bensì quale ulteriore termine per l’adempimento ("non si considera omessa la dichiarazione"), equiparato sul piano concreto alle altre irregolarità previste dalla norma (dichiarazione non sottoscritta, non redatta su stampato conforme al modello prescritto).

L’ordinanza impugnata, pertanto, ha correttamente affermato che il reato per l’omessa dichiarazione dei redditi relativi all’anno di imposta 2006 deve ritenersi consumato nel gennaio 2008 e, cioè, con il decorso dell’ulteriore termine di novanta giorni dalla scadenza di quello del 31 ottobre 2007 previsto per l’invio in via telematica delle dichiarazioni IRPEF ed IVA. Anche i primi due motivi di ricorso sono infondati.

Le doglianze del ricorrente sostanzialmente si esauriscono nella contestazione dei metodi con i quali il Nucleo di Polizia Tributaria è pervenuto all’accertamento dell’imponibile per gli anni di imposta cui si riferisce la misura cautelare.

Orbene, tali doglianze, seppure dovessero ritenersi in parte fondate, si scontrano con i limiti che incontra il potere di accertamento del tribunale del riesame in sede di verifica della legittimità della misura cautelare reale, che secondo il consolidatissimo indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte deve avvenire in base alle prospettazioni della pubblica accusa (sez. un. 20.11.1996 n. 23 del 1997, Bassi e altri e giurisprudenza successiva conforme).

Il concreto accertamento della sussistenza dei reati oggetto della imputazione provvisoria, pertanto, non può che avvenire in sede di giudizio di merito, nel quale si dovrà tener conto dei principi di diritto già affermati da questa Corte in materia tributaria penale, secondo i quali spetta al giudice la determinazione della imposta evasa, procedendo di ufficio ai necessari accertamenti, mentre non può farsi ricorso alla sola presunzione tributaria, secondo la quale tutti gli accrediti registrati sul conto corrente si considerano ricavi dell’azienda (cfr. sez. 3^, 26.11.2008 n. 5490 del 2009, Crupano, RV 243089; sostanzialmente negli stessi sensi: sez. 3^, 26.2.2008 n. 21213, De Cicco, RV 239983 con riferimento alla prevalenza del dato sostanziale rispetto ai criteri di natura meramente formale che caratterizzano l’ordinamento tributario).

E’ evidente, però, che gli stessi criteri non possono trovare applicazione in sede di accertamento incidentale, proprio del giudizio del riesame, stante l’assenza di poteri istruttori del giudice della cautela.

Nè la denuncia della violazione dei citati principi di diritto, che è sostanzialmente contenuta nei primi due motivi di ricorso, può assumere rilevanza dirimente nel giudizio incidentale sulla misura cautelare, non potendo il Tribunale del riesame procedere all’accertamento di fatto dell’effettivo ammontare della base imponibile o dell’imposta evasa.

Nessuna rilevanza, infine, riveste in questa sede, ai fini dell’applicazione della misura cautelare, la definizione per adesione del contenzioso tra il contribuente e l’Agenzia delle Entrate, che si riferisce ad un anno di imposta diverso da quelli oggetto di imputazione, e, in ogni caso, costituisce un fatto nuovo che deve essere portato all’esame del giudice di merito.

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato con le conseguenze di legge.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 10 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 novembre 2011

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