Cass. civ. Sez. I, Sent., 12-06-2012, n. 9541 Opposizione al valore di stima dei beni espropriati

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Nel 2006, B.A., comproprietario (per quota pari ai 18/27) di vari appezzamenti di terreno siti nel comune di (OMISSIS), i quali per un’area complessivamente pari a mq. 24.220 erano stati sottoposti dal citato comune a procedura di espropriazione per l’attuazione del P.I.P. (piano per gli insediamenti produttivi), approvato il 28.10.2002, con delibera della Giunta regionale Piemonte, adiva la Corte di appello di Torino in opposizione alla stima dell’indennità di espropriazione determinata dalla competente Commissione provinciale, domandando anche l’indennizzo per il reliquato, ai sensi della L. n. 2359 del 1865, art. 40. Il comune di Borgosesia resisteva alla domanda.

Con sentenza del 14.05-18.06.2010, resa anche all’esito della disposta CTU e seguita da provvedimento in data 27.11.2010, di correzione di errori materiali, l’adita Corte di appello di Torino, accogliendo la domanda introduttiva, determinava (in Euro 548.292,36) l’indennità di espropriazione dovuta dal comune di Borgosesia per i terreni di comproprietà attorea, descritti nel decreto ablativo pronunciato l’11.12.2006, disponendo il deposito presso la Cassa DDPP dell’importo differenziale (Euro 365.528,24, pari alla quota dei 18/27 dell’intero spettante al B. – Euro 116.265, 50 già depositate), maggiorato degli interessi legali. La Corte territoriale osservava e riteneva:

che l’indennità di esproprio doveva essere determinata in base al valore di mercato dei terreni applicando, ratione temporis, il criterio previsto dalla L. n. 2359 del 1865, art. 39 in quanto nella specie la dichiarazione (implicita) di pubblica utilità era intervenuta il 28.10.2002, data di approvazione del P.I.P. da parte dell’autorità regionale, e, quindi, prima dell’entrata in vigore del D.P.R. n. 327 del 2001 (T.U. espropriazioni);

che il c.t.u., cui era stato affidato il compito di effettuare la stima dei beni in base sia al metodo sintetico-comparativo che a quello analitico – ricostruttivo, aveva utilizzato il procedimento sintetico, basandosi sul più probabile valore venale dell’area, attraverso un attento esame del mercato edilizio della zona, al fine di rilevare i prezzi medi degli immobili di nuova costruzione in zone con caratteristiche simili a quelle in oggetto e l’incidenza del suolo su detti prezzi che in particolare il medesimo CTU, sulla base di quanto ricavato dalla banca dati delle quotazioni immobiliari dell’Agenzia del territorio relativamente ai capannoni industriali con stato conservativo normale aveva a) fissato in Euro 450,00 al mq.

il prezzo medio del costruito; b) determinato l’indice di copertura, sulla base della relazione illustrativa del P.I.P., nel coefficiente di 0,3773; c) decurtato il valore così ottenuto del 25% per l’incidenza di due fattori, ossia i prezzi non molto elevati dei capannoni nella zona ed i costi di urbanizzazione dell’area; d) ulteriormente ridotto tale valore del 35% per gli oneri indiretti necessari per ottenere i permessi di costruzione e di urbanizzazione;

e) così determinato l’incidenza del terreno rispetto al valore dei fabbricati nel 16,25% (25% x 0,65); ed infine,quantificato il valore al mq. del terreno espropriato in Euro 27,59 (Euro 450,00 x 0,3773 x 16,25%), e, quindi, indicato l’indennità totale in Euro 668.229,80 (mq. 24.220 x Euro 27,59) che siffatta metodica non appariva nè sintetico-comparativa nè analitico-ricostruttiva bensì mista, e dunque spuria, in quanto da un lato mirava a ricavare il valore venale del terreno quale componente del prezzo del costruito, avendo così riguardo al valore finale di trasformazione del fondo, e dall’altro riferiva la stima sintetico-comparativa al valore commerciale non già del terreno, ma dell’ipotetico fabbricato che su di esso avrebbe dovuto costruirsi;

– che, pertanto, non sembrava possibile aderire alla soluzione prospettata dal c.t.u., in quanto frutto della commistione di metodi tra loro non coordinabili, ove si fosse considerato che il prezzo di mercato per fondi edificabili omogenei già scontava di per sè l’incidenza degli oneri connessi allo sfruttamento del suolo;

– che, tuttavia, dai dati desumibili dalla relazione del c.t.u. e dai documenti ad essa allegati emergevano gli elementi di calcolo in base ai quali operare la stima secondo il criterio sintetico-comparativo;

– che:

a) dalle pubblicazioni di settore, riferite al comune di Borgosesia, si ricavava che nell’anno 2006 (epoca di emissione del decreto di esproprio) il costo unitario a mq dei terreni edificabili produttivi non urbanizzati in zona periferica era di Euro 40,00 – 60,00; b) che la potenzialità edificatoria media dell’intero comparto era data dall’indice di copertura, pari al coefficiente 0,3773 c) che tutti i terreni espropriati per l’attuazione del P.I.P. dovevano percepire la medesima indennità calcolata sull’edificabilità media dell’intero comprensorio, indipendentemente dalla loro specifica localizzazione e giacitura d) che, pertanto, la potenzialità edificatoria media dei terreni espropriati corrispondeva a mq. 9.138,206 (mq. 24.220 x 0,3773); e) che tutto ciò considerato, l’indennità di esproprio doveva determinarsi in Euro 548.292,36 (mq. 9.138,206 x Euro 60,00);

che, invece era infondata la domanda del B. d’indennizzo per la perdita di valore della porzione residua, non espropriata, formulata considerando l’intera sua proprietà quale "bene unitario" sottoposto ad espropriazione parziale che in particolare l’attore si era doluto che il c.t.u. non avesse apprezzato la drastica diminuzione di valore del fabbricato (non espropriato) esistente sul mapp.33, facente corpo unico con i mapp. 34, 35 e 36, che, inoltre, avesse considerato come mappali espropriati parzialmente solo le particelle 34 e 35, con un valore differenziale pari a zero, che ancora fossero stati trascurati sia il concetto di unitarietà economica e funzionale del bene espropriato e sia le iniziative progettuali di trasformazione", segnatamente di creazione di un’azienda agrituristica;

che la parte espropriata e quella non espropriata dell’immobile non costituivano un’unica entità funzionale ed economica, di guisa che il distacco della prima non aveva influito negativamente sul valore della seconda;

che sebbene fosse condivisibile la premessa delle doglianze, per cui in effetti occorreva aver riguardo non ai mappali (che costituivano unicamente l’identificazione catastale degli immobili) ma al bene visto nella sua unitaria destinazione economica, andava osservato a) che i terreni in oggetto (censiti come "bosco ceduo", "seminativo" e "prato"), posti nelle immediate vicinanze del (OMISSIS), si presentavano totalmente incolti, occupati da vegetazione arborea ed erbacea e dunque definibili come "gerbidi", b) che non formavano neppure in parte oggetto di un’azienda agricola, della cui esistenza non vi era traccia c) che non poteva avere rilievo la circostanza che nel 1992 l’area (o almeno una sua parte) fosse stata inclusa in uno "studio di fattibilità" di un’azienda agrituristica, dal momento che il chiesto indennizzo per il reliquato presupponeva una destinazione in atto d) che il fabbricato rurale insistente sull’area non espropriata, era rimasto corredato da una sufficiente zona a verde, di mq 2760, e servito dalla strada comunale, così mantenendo del tutto inalterato l’originario suo valore di scambio. Avverso questa sentenza il B. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, illustrati da memoria e notificato al Comune di Borgosesia, che ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale affidato ad un motivo, cui il B. ha resistito con controricorso. Il Comune ha anche depositato memoria.

Motivi della decisione

Deve essere preliminarmente disposta ai sensi dell’art. 335 c.p.c., la riunione dei ricorsi principale ed incidentale, proposti avverso la medesima sentenza. A sostegno del ricorso principale il B. denunzia:

1. "Contraddittoria motivazione sul fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5) relativo all’abbattimento dell’indennità di espropriazione con applicazione del coefficiente 0,3773.".

Si duole che, nella determinazione del valore di mercato del terreno ablato, la Corte distrettuale abbia, all’esito di condivisibili premesse, includenti anche il ricorso al metodo sintetico comparativo, indebitamente introdotto il correttivo riduttivo riferito alla potenzialità edificatoria media inerente all’intero comparto P.I.P. Il motivo, che nella relativa illustrazione include anche censure riferibili a violazione di legge, è fondato.

Solo, infatti, nell’applicazione di metodi analitico-ricostruttivi, diretti ad accertare, ai fini indennitari, il valore di trasformazione di suolo edificabile, assumono rilievo le questioni circa l’adozione di determinati indici di fabbricabilità, circa lo scorporo di quote di superficie destinate a spazi pubblici e opere pubbliche e circa la detrazione degli oneri di urbanizzazione dal valore del fondo edificato, e, dunque, si deve tenere conto anche della densità volumetrica esprimibile in base agli indici di fabbricabilità della zona urbanistica. Qualora, invece, come nella specie, la valutazione sia condotta con il metodo sintetico- comparativo, occorre riferirsi al prezzo pagato per immobili omogenei e, dunque, avvalersi soltanto di indicazioni di mercato, che già risentono delle peculiari caratteristiche e condizioni costruttive proprie della medesima zona, quali anche connesse a prescrizioni e parametri urbanistici (in tema, tra le numerose altre, cfr Cass. n. 13958 del 2006; n. 12771 del 2007; n. 4783 del 2012).

2. " Motivazione omessa, insufficiente e contraddittoria (art. 360 c.p.c., n. 5) circa il fatto controverso e decisivo per il giudizio della esistenza di una parte residua dopo l’esproprio, ridottasi da 27.000 mq, a 2.760 mq., sulla quale insiste il fabbricato rurale".

3. "Violazione e falsa applicazione della L. n. 2359 del 1865, art. 40 (art. 360 c.p.c., n. 3)".

Con il secondo ed il terzo motivo del ricorso principale, che consentono esame congiunto, il B. si duole della mancata riconduzione della vicenda ablativa all’ambito della espropriazione parziale per pubblica utilità, di cui al rubricato L. n. 2359 del 1865, art. 40 e del diniego d’indennizzo per la perdita di valore della porzione residua ed edificata del suo compendio, non espropriata. Premessa l’inapplicabilità, ratione temporis, della normativa introdotta dal TU di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, già rilevata nel grado di merito, i motivi in esame non meritano favorevole apprezzamento, rivelandosi l’avversata statuizione aderente al dettato normativo ed alla relativa elaborazione giurisprudenziale oltre che congruamente argomentata, laddove ai fini indenni tari si è negata l’applicabilità del criterio di stima differenziale previsto dal citato art. 40, rivolto a garantire che l’indennità di espropriazione riguardi l’intera diminuzione patrimoniale subita dal soggetto passivo del provvedimento ablativo.

L’espropriazione parziale presuppone che la parte residua del fondo sia intimamente collegata con quella espropriata da un vincolo strumentale ed obiettivo (tale, cioè, da conferire all’intero immobile unità economica e funzionale) e che il distacco di parte di esso influisca oggettivamente in modo negativo sulla parte residua.

In particolare, l’espropriazione parziale si verifica quando la vicenda ablativa investa parte di un complesso immobiliare appartenente allo stesso soggetto e caratterizzato da un’unitaria destinazione economica ed inoltre implichi per il proprietario un pregiudizio diverso da quello ristorabile mediante l’indennizzo calcolato con riferimento soltanto alla porzione espropriata, per effetto della compromissione o comunque dell’alterazione delle possibilità di utilizzazione della restante porzione e del connesso deprezzamento di essa. Ne deriva anche che l’espropriazione di un terreno adiacente a un fabbricato, abbia o meno questo i connotati della pertinenza di cui all’art. 817 cod. civ., non è riconducibile nell’ambito dell’espropriazione parziale e delle regole ad essa attinenti, se l’unico proprietario dell’insieme non riceva un impoverimento maggiore rispetto a quello correlato al valore del terreno medesimo in sè considerato (cfr, tra le altre, cass. n. 17112 del 2004).

Nella specie, l’insussistenza di un’unitarietà economica e funzionale tra ciò che è stato oggetto del provvedimento ablativo e ciò che è rimasto nella disponibilità dell’espropriato, è stata puntualmente ed irreprensibilmente verificata e chiarita in relazione a vari, specifici ed autonomi profili di incidenza sulle possibilità di utilizzazione della restante porzione e del connesso deprezzamento, plausibilmente valutando le caratteristiche del complesso, la sua mancata destinazione ad azienda agricola, l’assenza di sopravvenuta interclusione della porzione residua e l’inattualità di utilizzazioni lucrative ad agriturismo, solo prospettate come possibili, e come tali estranee all’ambito del pregiudizio indennizzabile ai sensi della normativa in argomento.

Con il ricorso incidentale il Comune di Borgosesia deduce "Sul valore agricolo dei terreni da considerare al fine della determinazione dell’indennità di esproprio: violazione della l. 22 ottobre 1971, n. 865, art. 18 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3; omessa motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5", assumendo che l’indennità di espropriazione avrebbe dovuto essere commisurata al valore agricolo dei terreni ablati, in ragione della loro destinazione urbanistica al tempo dell’imposizione del vincolo, evidenziata nella relazione al P.I.P. Il motivo non è fondato, alla luce del consolidato, condiviso orientamento di questa Corte (in tema, tra le numerose altre, cfr cass. n. 19128 del 2006; n. 9891 del 2007; n. 15658 del 2011), cui va data continuità, secondo cui L’inclusione di un’area in un piano per insediamenti industriali (p.i.p.) ne implica l’acquisizione della prerogativa di edificabilità, non diversamente dall’inserimento in un piano di zona per l’edilizia economica e popolare (p.e.e.p.), anche ove l’originaria zonizzazione del piano regolatore generale ne comportasse la qualificazione come suolo agricolo: l’acquisto del carattere di edificabilità avviene in virtù della variante introdotta dal piano attuativo, che in tale parte va considerato strumento programmatorio e conformativo.

Conclusivamente si deve accogliere il primo motivo del ricorso principale, respingere il secondo ed il terzo motivo del medesimo ricorso principale nonchè il ricorso incidentale, cassare l’impugnata sentenza nei limiti del motivo accolto e rinviare la causa alla Corte di appello di Torino, in diversa composizione, cui si demanda anche la pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il primo motivo del ricorso principale, respinge il secondo ed il terzo motivo del medesimo ricorso nonchè il ricorso incidentale, cassa in parte qua l’impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Torino, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 11 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2012

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