T.A.R. Lazio Roma Sez. II ter, Sent., 02-01-2012, n. 4 Sanità e igiene

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

I ricorrenti sono comproprietari di un appartamento che costituisce porzione di un immobile bifamiliare sito in Pomezia e la cui altra porzione è di proprietà della contro interessata.

Nella originaria struttura dell’immobile vi era una canna fumaria esterna ricadente per metà su ciascuna porzione; tuttavia a seguito di lavori eseguiti da parte di entrambe le proprietà, la canna è stata incorporata all’interno dell’immobile.

A seguito di un contenzioso intercorso tra le parti proprio con riferimento alla presunta abusività dei lavori realizzati dalla controinteressata, è stato stipulato tra le parti un atto transattivo con il quale la controinteressata si è impegnata ad effettuare alcuni lavori presso l’immobile dei ricorrenti (oltre che alla refusione delle spese del giudizio).

Con la nota di cui al prot. n. 430 del 29.3.2010 l’A.U.S.L. RM/H ha inoltrato al comune un esposto a firma della controinteressata con allegata la relazione degli uffici, riportante gli esiti del sopralluogo del 24.3.2010, dal quale sarebbe emerso che presso l’abitazione della ricorrente sarebbero state avvertibili "esalazioni maleodoranti riconducibili ad emissioni di combustione provenienti probabilmente dalla canna fumaria a servizio dell’appartamento adiacente" ed ha, altresì, richiesto l’intervento dell’amministrazione comunale ai fini dell’adozione di provvedimenti urgenti per assicurare la rimozione dei rilevati inconvenienti igienico-sanitari; ha fatto seguito la nota del Comando della P.M., di cui al prot. n. 28235 del 6.4.2010, con la quale è stato confermato il "perdurare di condizioni di insalubrità".

Quindi, a conclusione, l’amministrazione comunale ha adottato l’ordinanza 65 del 20.4.2010, di cui al prot. n. 32523, notificata in data 26.4.2010, con la quale è stato ordinato ai ricorrenti di eliminare gli inconvenienti igienico sanitari presenti presso l’appartamento adiacente, di proprietà della controinteressata, entro 40 giorni dalla notificazione, eseguendo tutti i lavori e le manutenzioni della canna fumaria che si fossero resi necessari.

Con il ricorso in trattazione, notificato in data 30.6.2010 e depositato in data 22.7.2010, i ricorrenti hanno impugnato l’ordinanza d’urgenza di cui sopra, deducendone l’illegittimità per i seguenti motivi di censura:

1- Violazione e falsa applicazione dell’articolo 50, comma 5, del D.Lgs. n. 267 del 2000 ed eccesso di potere.

Non sussiterebbero nel caso di specie i presupposti per l’adozione dell’impugnata ordinanza contingibile ed urgente in materia di salute ed igiene pubblica atteso che la questione oggetto di controversia non riguarderebbe la salute dell’intera popolazione locale residente, ma soltanto esigenze puntuali di poche persone specifiche né si tratterebbe di un evento eccezionale ed imprevedibile, trattandosi soltanto del malfunzionamento di una canna fumaria privata ed essendo stato l’esposto della controinteressata presentato solo dopo tre mesi dal verificarsi dell’evento contestato.

2- Eccesso di potere per insufficienza della motivazione e di istruttoria e per difetto dei presupposti e travisamento dei fatti.

L’amministrazione comunale, comunque, non avrebbe condotto al riguardo una adeguata istruttoria, avendo posto a base del proprio operato, esclusivamente, la succinta relazione prodotta dall’A.U.S.L., dalla quale non emergerebbe alcuna certezza in ordine alla effettiva dinamica dell’evento.

3- Incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere.

L’amministrazione, con l’ordinanza impugnata, avrebbe imposto ai ricorrenti più di quanto sarebbe ammissibile sulla base dell’attuale sistema giuridico, impinguendo sull’attività privata dei propri cittadini.

4- Violazione e falsa applicazione dei principi in materia di procedimento amministrativo e, in particolare, degli articoli 7 e ss. della L. n. 241 del 1990.

L’amministrazione comunale, infine, avrebbe del tutto omesso la previa notificazione dell’avvio procedimentale.

Il Comune di Pomezia si è costituito in giudizio in data 2.9.2010 con memoria, ed allegata documentazione, con la quale ha dedotto l’infondatezza nel merito del ricorso del quale ha chiesto il rigetto.

Con la nota dell’8.10.2010 i ricorrenti, dopo avere ribadito le censure di cui al ricorso, hanno controdedotto alla memoria avversaria, argomentando più diffusamente le proprie difese ed insistendo per l’accoglimento del ricorso.

Con l’atto notificato in data 28.8.2010 e depositato in data 1.9.2010, la controinteressata signora N. si è costituita in giudizio, fornendo la propria ricostruzione dei fatti relativi alla vicenda di cui trattasi, e deducendo l’infondatezza nel merito del ricorso; ha, altresì, proposto ricorso incidentale ritenendo che il provvedimento impugnato sia illegittimo per violazione e falsa applicazione degli articoli 1, 2 e 3 della L. n. 241 del 1990 e dell’articolo 5 c.c. e per eccesso di potere per violazione del principio del giusto procedimento (primo motivo), per eccesso di potere per carenza di istruttoria (secondo motivo) e per eccesso di potere per difetto di istruttoria e di idonea motivazione (terzo ed ultimo motivo), sostanzialmente in quanto troppo blando e non adeguato ad ovviare agli effettivi inconvenienti verificatisi nel proprio appartamento, non avendo, tra l’altro, interdetto nelle more ai ricorrenti l’utilizzo della predetta canna fumaria.

Con la successiva nota dell’11.10.2010 la controinteressata, premessa la regolarità del proprio ricorso incidentale, ha insistito nelle proprie conclusioni.

Con l’ordinanza n. 1415/2010 del 15.10.2010 è stata disposta una verificazione tecnica a cura di un tecnico comunale, eseguita con il deposito della relativa relazione in data 15.11.2010.

Con l’istanza del 2.12.2010 i ricorrenti hanno avanzato istanza di ricusazione nei confronti del verificatore, nel frattempo nominato, per violazione del disposto di cui al comma 2 dell’articolo 19 c.p.a., nella parte in cui specifica che il verificatore tecnico deve essere estraneo alle parti del giudizio; con memoria depositata nella medesima data la controinteressata ha controdedotto sul punto specifico, insistendo per il rigetto del ricorso e l’accoglimento del proprio ricorso incidentale.

Con l’ordinanza n. 5234/2010 del 9.12.2010 è stata accolta l’istanza di ricusazione e si è provveduto alla rinnovazione della verificazione tecnica con la nomina di un nuovo verificatore, estraneo ad entrambe le parti; vi è stata esecuzione con il deposito della relativa relazione in data 21.3.2011.

Con l’istanza del 2.5.2011 il comune ha chiesto che questa venisse dichiarata nulla in quanto non effettuata nel contradditorio delle parti.

Con l’ordinanza n. 1627/2011 del 5.5.2011 è stata disposta la reiterazione degli incombenti istruttori nel contraddittorio delle parti; vi è stata data esecuzione in data 25.7.2011.

I ricorrenti hanno depositato documentazione in data 19.9.2011.

Il comune, con le note di udienza del 29.9.2011, ha insistito per il rigetto del ricorso alla luce delle risultanze istruttorie in atti.

I ricorrenti, dapprima con la memoria del 30.9.2011 e, quindi, con le note del 12.10.2011, hanno contro dedotto insistendo per il rigetto del ricorso.

Alla pubblica udienza del 2.11.2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da separato verbale di causa.

Preliminarmente occorre verificare l’ammissibilità del ricorso incidentale nonché, in caso di riscontro positivo, l’ordine di trattazione dei ricorsi, principale e incidentale, proposti in giudizio dalle parti.

Quanto al primo profilo, si rileva che il ricorso incidentale è preordinato a paralizzare la possibilità di accoglimento del ricorso principale e a neutralizzare gli effetti derivanti da una sua eventuale fondatezza, lasciando immutato il medesimo assetto di interessi garantito dal provvedimento oggetto di impugnazione, con la conseguenza che è inammissibile l’introduzione in via incidentale di una domanda diretta ad ampliare la materia del contendere, domanda che l’interessato avrebbe avuto l’onere di proporre mediante un tempestivo e rituale ricorso autonomo avverso il procedimento impugnato, dal quale sia sorta in lui un’autonoma ed immediata lesione ed un conseguente e diretto interesse "ad agendum" (T.A.R. Campania-Napoli, sez. I, 1 marzo 2010, n. 1207 e T.A.R. Lazio, sez. I, 18 febbraio 1981, n. 139). E’ quindi inammissibile il ricorso incidentale che sia rivolto avverso un distinto capo del provvedimento impugnato in via principale ( Consiglio di Stato, sez. V, 22 luglio 2002, n. 4010) ed è, altresì, inammissibile il ricorso incidentale proposto da un soggetto legittimato a proporre il ricorso principale (T.A.R. Campania-Napoli, sez. VIII, 15 maggio 2008, n. 4542).

Quanto, invece, al secondo aspetto, non può non richiamarsi il consolidato orientamento nella materia, secondo cui, qualora siano stati proposti un ricorso principale ed uno incidentale, quest’ultimo va esaminato, di regola, dopo quello principale, a meno che esso non introduca un thema decidendum idoneo a determinare la declaratoria d’inammissibilità del gravame principale per difetto di interesse, in quanto la prova di resistenza sia favorevole al ricorso incidentale, e fermo restando che la subalternità dell’impugnativa incidentale, che esiste nella fase di proposizione della stessa, deve essere mantenuta anche in sede di decisione, nel senso che l’esame del ricorso incidentale può aver luogo non per il mero fatto che sia stato ritualmente proposto un ricorso principale, ma solo una volta che di quest’ultimo sia stata delibata la fondatezza, perché soltanto tale evenienza fa sorgere l’interesse della parte all’esame della doglianza incidentale (cfr., da ultimo, sul punto, Consiglio di Stato , sez. V, 21 febbraio 2011, n. 1072).

E, in tal caso, l’infondatezza del ricorso principale riverbera i suoi effetti anche sul ricorso incidentale, che deve essere dichiarato inammissibile, per difetto di interesse, essendo condizionato all’accoglimento del ricorso principale (T.A.R. Lazio-Roma, sez. II, 6 dicembre 2010, n. 35387).

Nel caso di specie con il ricorso incidentale la controinteressata ha impugnato l’ordinanza contingibile ed urgente con la quale l’amministrazione comunale ha intimato al proprietario dell’altra porzione dell’immobile bifamiliare l’effettuazione di lavori finalizzati alla messa in sicurezza di una canna fumaria al fine di ovviare agli inconvenienti igienico-sanitari prodottisi nel proprio appartamento ed in conseguenza di un proprio esposto.

Ne consegue che il ricorso incidentale deve essere dichiarato inammissibile in quanto proposto da un soggetto che era legittimato ad impugnare tale ordinanza tempestivamente e in via principale ove ne avesse ravvisato l’illegittimità: nella specie il ricorso incidentale risulta infatti proposto avverso il medesimo provvedimento oggetto del ricorso introduttivo, per motivi esattamente opposti a quelli dedotti dal ricorrente principale.

Sotto altro profilo il ricorso incidentale è inammissibile perché, per le considerazioni di cui seguito, il ricorso introduttivo deve essere respinto siccome infondato nel merito.

Ma anche a prescindere da tali profili di inammissibilità, vacomunque rilevato che il ricorso incidentale è infondato nel merito: con lo stesso, infatti la controinteressata si è lamentata in quanto l’amministrazione non avrebbe contestualmente ingiunto ai ricorrenti di non utilizzare la canna fumaria fino all’ultimazione dei lavori di cui trattasi. Tuttavia, in punto di fatto, deve considerarsi, da un lato, il brevissimo termine imposto ai ricorrenti per provvedere ai sensi dell’impugnata ordinanza (soli 30 giorni), dall’altro, la stagione in cui l’ordinanza è stata adottata e quasi contestualmente notificata ai ricorrenti (fine aprile). Alla luce di tali circostanze di fatto deve ritenersi che l’amministrazione abbia considerato che, atteso il periodo dell’anno in cui è stato adottato il provvedimento nonché il termine brevissimo assegnato, il problema dell’effettivo utilizzo della canna non si sarebbe in concreto posto.

L’ordine impartito con il provvedimento non appare quindi viziato sotto il profilo della illogicità.

Con il primo motivo di censura i ricorrenti hanno dedotto che non sussisterebbero i presupposti per l’adozione, nel caso di specie, dell’ordinanza contingibile ed urgente di cui all’articolo 50, comma 5, del D.Lgs. n. 267 del 2000 sotto diversi profili.

L’articolo 50, rubricato "Competenze del sindaco e del presidente della provincia.", dispone testualmente al comma 5 richiamato, che "5. In particolare, in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale. Negli altri casi l’adozione dei provvedimenti d’urgenza, ivi compresa la costituzione di centri e organismi di referenza o assistenza, spetta allo Stato o alle regioni in ragione della dimensione dell’emergenza e dell’eventuale interessamento di più ambiti territoriali regionali.".

L’ordinanza contingibile ed urgente prevista dagli Artt. 50 e 54 del D.Lgs. n. 267 del 2000 è espressione di un potere atipico e residuale; il presupposto per l’adozione dell’ordinanza "extra ordinem" è il pericolo per l’incolumità pubblica, dotato del carattere di eccezionalità tale da rendere indispensabile interventi immediati ed indilazionabili, consistenti nell’imposizione di obblighi di fare o di non fare a carico del privato.

La predetta ordinanza deve avere, come requisito di legittimità formale, una motivazione che dia conto della sussistenza concreta dei presupposti previsti dalla legge (necessità di immediata e tempestiva tutela di interessi pubblici, come la salute o l’ambiente, che in ragione della situazione di emergenza non potrebbero essere protetti in modo adeguato, ricorrendo alla via ordinaria) e costituisce espressione di un’elevata discrezionalità diretta a soddisfare esigenze di pubblico interesse onde porre rimedio a danni alla salute già verificatisi, ma anche e soprattutto – tenuto conto dei valori espressi dall’art. 32 cost.-, per evitare che un danno si verifichi.

Pertanto, ai sensi degli articolo 50 e 54, T.U.E.L., per giustificare il ricorso allo strumento dell’ordinanza, il collegamento con le esigenze di protezione dell’igiene e della salute pubblica costituisce presupposto necessario ma non sufficiente, qualora non sussistano gli ulteriori particolari requisiti di urgenza.

Conseguentemente l’ordinanza è illegittima nel caso in cui sia stata adottata con la finalità di dirimere questioni attinenti a rapporti di vicinato tra proprietà limitrofe e senza dimostrare la ricorrenza effettiva di un pericolo per la pubblica incolumità.

Nel caso di specie risulta comprovato in atti che i Carabinieri hanno effettuato un sopralluogo in data 29.1.2010 su richiesta di intervento della controinteressata e che hanno verificato la presenza di fumo all’interno dell’abitazione, nella sala posta al piano terra nonché negli ambienti siti all’ultimo piano, ossia la soffitta, con conseguente scolorazione delle pareti; a seguito del detto episodio i controinteressati hanno presentato un esposto all’A.U.S.L. di cui al prot. n. 291 del 3.3.2010 ed al sindaco del comune con la nota di cui al prot. n. 21117 del 12.3.2010.

L’episodio si è ripetuto in data 19.3.2010 come da denuncia congiunta all’AUSL, al sindaco del comune ed all’ufficio ambiente del comune di cui al prot. n. 397 del 23.3.2010; è, inoltre, in atti copia del referto del pronto soccorso del 19.3.2010 che riscontra nella controinteressata una tosse irritativa, asseritamente conseguente all’invasione di fumo derivante dalla canna fumaria di proprietà del vicino.

Ha fatto seguito il sopralluogo da parte del dipartimento di prevenzione dell’AUSL in data 24.3.2010 con redazione del relativo verbale di cui alla nota prot. n. 427 del 26.3.2010.

Dalla predetta nota si evince che la canna fumaria, asseritamente di proprietà dei titolari dell’appartamento adiacente, risultava annerita in parte da tracce di fumo; che si avvertivano all’interno dell’appartamento esalazioni maleodoranti riconducibili ad emissioni da combustione soprattutto in corrispondenza del piano mansardato; e che, in definitiva, stante lo stato di cattiva manutenzione della canna, anche da una valutazione esterna, il comune avrebbe dovuto valutare "la possibilità di proporre l’emissione di apposito provvedimento nei confronti dei soggetti obbligati, succitati, finalizzato all’immediata eliminazione dell’inconveniente igienico sanitario di che trattasi ed al ripristino dello stato dei luoghi".

Tutti gli atti di cui in precedenza sono stati puntualmente richiamati nell’impugnata ordinanza nella parte espositiva, non solo nei relativi estremi ma anche nei rispettivi contenuti e conclusioni, e nella stessa ordinanza è stata, altresì, espressamente indicata la motivazione sulla base della quale si è determinata la scelta operativa dell’amministrazione, nella parte in cui è rilevato testualmente che "il perdurare di condizioni di insalubrità nell’appartamento in questione rappresenta un problema che è necessario portare a risoluzione in tempi brevi, al fine di evitare eccessivo nocumento alle persone che vi vivono".

Dalla relazione conclusiva del 25.7.2011, all’esito della verificazione tecnica svoltasi nel contraddittorio delle parti, è emerso che la canna "è collegata ad un solo camino sito al piano seminterrato dell’unità immobiliare di proprietà dei signori M. terraiolo che ne sono gli unici utilizzatori"; che, secondo una valutazione deduttiva, "lo stato fisico della parte interna della canna risulta danneggiato", che " … la canna fumaria risulta inutizzabile per motivi funzionali (perdita di fumo) …"; e che l’intervento che si "suggerisce di eseguire, tenuto conto dei criteri di economicità che ne fanno escludere la demolizione e la conseguente ricostruzione, è costituito dall’inserimento, all’interno della canna stessa, di una serie di elementi costituiti da profilati metallici circolari di acciaio inossidabile compatibili con l’attuale profilo quadrato della canna, collegati tra di loro in maniera da assicurare la tenuta dei fumi. …".

Infine, in sede di trattazione orale del ricorso, è stata ribadita la pendenza di un giudizio civile dinanzi al Tribunale di Velletri, introdotto dalla odierna controinteressata contro i ricorrenti per danno temuto, nell’ambito del quale è stata, da ultimo, depositata la disposta C.T.U. avente ad oggetto la medesime questioni inerenti alla canna fumaria di cui trattasi.

Nel caso di specie, pertanto, alla luce di quanto esposto, sebbene corrisponda a verità che trattasi di un’esigenza interessante la salute non dell’intera collettività locale residente sul territorio comunale, ma quasi esclusivamente la salute di un numero estremamente limitato di persone (risolvendosi, in ultima analisi, la questione ad un rapporto tra vicini) e sebbene in realtà la situazione avesse iniziato a manifestarsi tre mesi prima dell’adozione dell’impugnata ordinanza, tuttavia, sulla base della ricostruzione in fatto che precede, si ritiene che, attese le peculiarità specifiche del caso di cui trattasi, non possa fondatamente sostenersi che non sussistano i presupposti assunti a fondamento dell’istituto di cui al richiamato articolo 50, comma 5, TUEL.

Ed infatti la circostanza assunta a presupposto dell’adozione dell’ordinanza va individuata nel riscontrato effettivo serio pericolo per la salute (intossicazione da fumo di combustione nonché eventuale soffocamento) nel quale sono incorsi in un singolo episodio e sarebbero potuti ulteriormente incorrere i controinteressati (e non solo questi ultimi, ben potendo la predetta situazione interessare anche gli altri cittadini residenti nelle abitazioni vicine, sebbene la predetta specificazione non sia presente nel testo dell’impugnata ordinanza, ma solo richiamata negli scritti difensivi dell’amministrazione) in conseguenza del prolungato utilizzo della canna danneggiata.

Tale circostanza è comprovata in atti da tutta la documentazione versata in atti ed in precedenza puntualmente riportata come, peraltro, espressamente richiamata in ordinanza.

Al riguardo non può invece condividersi quanto dedotto dalla difesa dei ricorrenti con riguardo alla mancata dimostrazione sia dell’effettivo utilizzo della canna da parte dei ricorrenti medesimi nei giorni in cui sono stati effettuati i sopralluoghi, sia della reale provenienza del fumo, il quale – si sostiene – avrebbe potuto avere un’origine esterna, ossia provenire da una delle numerose canne insistenti nelle immediate vicinanze dell’immobile in questione: risulta infatti – dai sopralluoghi effettuati dagli organi tecnici al riguardo, come in precedenza testualmente riportati – che l’immobile era, in parte, invaso dal fumo fuoriuscente dalla canna e che questa, in realtà, era ed è ancora utilizzata esclusivamente dai ricorrenti, ossia dagli unici soggetti ad avere attualmente un camino funzionante collegato alla canna medesima.

La situazione appariva, inoltre, aggravata dai particolari rapporti conflittuali intercorrenti tra le parti interessate dalla vicenda, che, come emerge dagli atti, da anni si trovano in posizioni contrapposte per quanto attiene alle intervenute modificazioni da entrambe apportate all’immobile in questione; è evidente che la detta conflittualità non lasciava ritenere che i ricorrenti avrebbero provveduto propria sponte agli incombenti ritenuti necessari ai fini del ripristino della corretta funzionalità della canna.

Infine, l’istruttoria condotta al riguardo da parte dell’amministrazione comunale non appare affatto superficiale avuto riguardo alla particolare natura del provvedimento impugnato, essendo stato questo fondato sul sopralluogo dei Carabinieri e sulla relazione della AUSL.

D’altra parte, sebbene la predetta situazione di pericolo non si sia manifestata nell’immediatezza dell’adozione dell’ordinanza, e sebbene, anzi, si fosse effettivamente già presentata tre mesi prima, tuttavia, non può non rilevarsi come, in realtà, l’ordinanza impugnata sia stata adottata a conclusione dell’istruttoria svolta dai competenti uffici comunali (e non).

Infine, dalle disposte risultanze istruttorie, è emerso che la canna fumaria è attualmente in uso esclusivo dei ricorrenti, per cui si ritiene che, legittimamente, l’amministrazione comunale abbia ordinato proprio a questi ultimi di provvedere all’effettuazione della messa in sicurezza della canna; di tal che, al momento dell’adozione dell’ordinanza, la mancata allegazione della prova provata dell’effettiva responsabilità dei ricorrenti nel determinarsi o nel concorrere, comunque, al deterioramento delle condizioni della canna, non appare elemento idoneo a farne conseguire la dedotta illegittimità, atteso che la responsabilità al riguardo è stata attribuita ai soggetti al momento apparsi come il proprietari della canna danneggiata e, pertanto, per ciò solo, responsabili del suo corretto funzionamento.

Va infine aggiunto, con riguardo alla parte del provvedimento impugnato con cui si ordina "l’eliminazione degli inconvenienti igienico sanitari presenti presso l’appartamento adiacente, di proprietà della sig.ra N.", che tale contenuto dispositivo non può che interpretarsi nel senso che ai ricorrenti viene ingiunto il solo intervento di messa in sicurezza della canna, e non anche l’eliminazione delle manifestazioni fisiche prodottesi nell’immobile della controinteressata in conseguenza dell’invasione del fumo, ossia l’annerimento delle pareti ed il distacco di una parte della cortina: è evidente infatti che una diversa interpretazione del contenuto del provvedimento non apparirebbe supportata dai necessari presupposti di legge, non rinvenendosi, in particolare, l’immediato pericolo alla salute e dovendo ricondursi i predetti adempimenti esclusivamente nell’ambito dei rapporti privatistici tra vicini di abitazione.

Conclusivamente il ricorso è infondato nel merito per le considerazioni che precedono e deve, pertanto, essere respinto.

Tenuto conto della particolare complessità della situazione in fatto si ritiene di disporre la compensazione tra le parti costituite delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 novembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Maddalena Filippi, Presidente

Maria Cristina Quiligotti, Consigliere, Estensore

Daniele Dongiovanni, Consigliere

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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