Cass. civ. Sez. I, Sent., 12-06-2012, n. 9536 Dichiarazione di adottabilità

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Svolgimento del processo

D.R. e D.G. in qualità di genitori del minore A.C.D., ricorrono per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia che ha confermato la dichiarazione dello stato di adottabilità del minore resa dal Tribunale per i minorenni di Venezia con sentenza n. 222/10 del 27-30 agosto 2010.

I ricorrenti deducono: a) ex art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, nullità della sentenza n. 2/2011 della Corte di appello di Venezia per violazione e falsa applicazione della L. n. 184 del 1983, artt. 8 e 11 per mancata e/o tardiva nomina del difensore del padre del minore nel giudizio di primo grado nonchè per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto; b) ex art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, nullità della sentenza n. 2/2011 della Corte di appello di Venezia per violazione e falsa applicazione della L. n. 184 del 1983, art. 8 per assenza dello stato di abbandono del minore A.C. D. e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto.

Non si è costituito il curatore speciale del minore nè il Procuratore Generale Minorile presso la Corte di appello di Venezia nei cui confronti è stato notificato il ricorso.

Motivi della decisione

Il primo motivo di ricorso non può essere accolto in quanto come ha ripetutamente affermato la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. civ. sezione 1 n. 7281 del 26 marzo 2010) in tema di adozione, la L. 4 maggio 1983, n. 184, art. 8, u.c., e art. 10, comma 2, come novellati dalla L. 28 marzo 2001, n. 149, devono essere interpretati nel senso che il dovere del presidente del tribunale di nominare un difensore d’ufficio ai genitori o ai parenti entro il quarto grado, con rapporti significativi con il minore, nel caso in cui essi non vi provvedano, espressamente introdotto con riguardo a detti soggetti, a maggior ragione sussiste nei confronti del minore (rappresentato dal tutore o dal curatore speciale), che del procedimento di adozione è la parte principale e in senso formale; tuttavia, alla ritardata costituzione del difensore del minore o alla mancata assistenza da parte di costui ad uno o più atti processuali non consegue l’automatica declaratoria della nullità dell’intero processo e/o dell’atto e di tutti quelli successivi, potendo tale sanzione essere invocata dal P.M. o dalle altre parti solo previa allegazione e dimostrazione del reale pregiudizio che la tardiva costituzione o la mancata partecipazione all’atto ha comportato per la tutela effettiva del minore. L’equiparazione fra le posizioni consente di affermare che anche alla ritardata costituzione del difensore del genitore naturale o alla mancata assistenza da parte di costui ad uno o più atti processuali non consegue l’automatica declaratoria della nullità dell’intero processo e/o dell’atto e di tutti quelli successivi. Nella specie la Corte di appello ha già rilevato che R.D. è stato sentito in primo grado in data 12 aprile 2010 presso la casa circondariale di (OMISSIS) dal giudice onorario delegato dal Tribunale per i minorenni, alla presenza di un difensore di ufficio, e tramite quest’ultimo ha avuto la possibilità di far valere le sue ragioni e svolgere le proprie difese, mentre il giudizio di appello è stato promosso dal D. mediante atto di appello redatto dal proprio difensore di fiducia. La Corte di appello ha pertanto in relazione a tali considerazioni e in applicazione del citato orientamento giurisprudenziale di legittimità respinto sul punto il gravame rilevando che l’appellante non ha evidenziato alcuno specifico pregiudizio derivato alla tutela della sua posizione processuale dalla tardiva nomina del difensore. Tale affermazione è contestata dal ricorrente, il quale rileva a tale proposito che a causa della tardiva nomina del difensore egli non ha potuto svolgere in primo grado alcuna attività difensiva (nominare un proprio C.T. di parte, svolgere osservazioni alla C.T.U., proporre istanze in merito, ex art. 194 c.p.c. e artt. 90 e 91 disp. att. c.p.c., sentire l’audizione dei propri parenti presenti sul territorio, insistere perchè si completasse la sua valutazione come genitore in rapporto con il figlio. Tali deduzioni sul pregiudizio alla posizione difensiva del D. nel giudizio di primo grado non sono condivisibili in quanto, proprio in virtù della tardività della nomina del suo difensore d’ufficio, il D. avrebbe potuto richiedere di poter svolgere le attività defensionali citate. Del resto gli stessi ricorrenti ricordano, nel ricorso per cassazione, che dopo la nomina del difensore il D. ha chiesto che venissero sentiti i propri parenti radicati sul territorio di (OMISSIS) ma tale richiesta istruttoria è stata respinta in primo e secondo grado, sia pure con motivazioni diverse non attinenti alla tardività della sua difesa.

Il secondo motivo si basa sulla affermazione per cui, nel giudizio di merito, non sono emersi elementi di prova che abbiano dimostrato l’esistenza dello stato di abbandono del minore costituito da una situazione di carenza di cure materiali e morali da parte dei genitori e dei congiunti più stretti, tale da pregiudicare in modo grave e non transeunte l’equilibrio e lo sviluppo psico-fisico del minore. Ciononostante la Corte di appello ha confermato l’accertamento dello stato di abbandono del minore sulla base di una motivazione che, secondo i ricorrenti, si presenta insufficiente e contraddittoria.

La Corte non condivide le censure mosse alla sentenza della Corte di appello veneziana che appare analiticamente motivata e priva di contraddizioni logiche. La Corte territoriale è giunta alla affermazione della situazione di abbandono sulla base del riscontro dell’inidoneità della coppia genitoriale e dei singoli genitori ad assicurare l’accudimento e la crescita armonica del minore, vissuto dalla nascita (il 1 febbraio 2008) in stato di affidamento extra- familiare. Tale affermazione a sua volta si basa sul riscontro fornito dai servizi sociali che hanno dopo due anni dalla nascita del minore rilevato il non completamento del percorso di disintossicazione e cura della G. e la necessità per quest’ultima di permanere in una struttura terapeutica al fine di recuperare la sua autonomia. Inoltre la Corte di appello ha preso in considerazione l’impossibilità per i fratelli della G. di prendersi cura del minore sino al completamento di tale percorso terapeutico. Quanto alla capacità genitoriale del D. la Corte di appello ha rilevato che, seppure nel breve periodo intercorrente fra il matrimonio con la G. (dell'(OMISSIS)) e il successivo riconoscimento del figlio e il suo nuovo arresto (del 16 giugno 2009), il D. avesse dimostrato un comportamento collaborante e positivo con il figlio e con i servizi sociali, la brevità di tale esperienza non consentiva di considerarla sufficiente e idonea a dimostrare le effettive intenzioni del padre e le sue reali capacità di darne attuazione. La Corte ha rilevato che, anche dopo la scarcerazione prevista per il dicembre 2010, rimaneva indimostrata la possibilità per il D. di reperire un lavoro e di permanere in Italia giacchè dal certificato penale prodotto dal Pubblico Ministero, attestante le numerose e ripetute condanne da lui riportate per reati connessi allo spaccio di stupefacenti, egli risulta colpito anche da un provvedimento di espulsione. La Corte ha anche rilevato l’assenza di parenti del padre in grado di assumere una funzione vicariante per l’affidamento del bambino. Si tratta di considerazioni che non appaiono affatto in contraddizione con il giudizio negativo circa le competenze genitoriali del D. e l’interesse del minore alla protrazione dello stato di affidamento extra-familiare e di incertezza sul suo futuro. Nè gli elementi di valutazione addotti in questo giudizio dai ricorrenti appaiono in qualche modo capaci di rimettere in discussione la completezza e logicità della motivazione della Corte di appello.

Il ricorso va pertanto respinto senza alcuna statuizione in merito alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese processuali del giudizio di cassazione. Dispone che, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 marzo 2012.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2012

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