Cass. civ. Sez. I, Sent., 12-06-2012, n. 9534 Divorzio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 1948 depositata il 5 maggio 2010, pronunciando sull’appello proposto da F.M. avverso precedente decisione del Tribunale di Roma n. 6794/2006 che aveva posto a suo carico il pagamento dell’assegno in favore della moglie divorziata M.S. in Euro 200,00 mensili ed in Euro 500,00 mensili in favore della figlia Ma., ha ritenuto non perfezionato, nonostante la convergenza emersa ex actis, l’accordo asseritamente raggiunto tra i coniugi circa la corresponsione dell’assegno in unica soluzione realizzabile mediante la cessione alla M. ed alla figlia della quota di comproprietà della casa familiare, nonchè invariate le condizioni assunte a base della statuizione impugnata in relazione alle reciproche capacità reddituali delle parti. Confermata in parte qua la decisione appellata, l’ha riformata nel resto, disponendo l’affidamento della minore, all’epoca dodicenne, ad entrambi i genitori con potestà congiunta, ma con collocazione prevalente presso la madre e facoltà del padre di vederla e tenerla con sè secondo quanto statuito in motivazione.

Avverso questa decisione F.M. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui ha resistito l’intimata M. S. con controricorso contenente ricorso incidentale a sua volta articolato in quattro motivi ai quali non ha replicato il ricorrente principale.

Motivi della decisione

In linea preliminare va disposta la riunione dei ricorsi ai sensi dell’art. 335 c.p.c. in quanto proposti avverso la medesima decisione.

Il ricorrente principale denuncia col primo motivo violazione della L. n. 898 del 1970, art. 5 e dell’art. 2729 c.c. e correlato vizio d’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione all’accertamento del diritto della M. all’assegno divorzile, non sostenuto dal riscontro circa l’effettivo tenore di vita goduto dal nucleo familiare in costanza di matrimonio, nonchè malgoverno del regime probatorio in ordine a tale requisito. La Corte distrettuale non avrebbe rilevato che la M. non aveva dimostrato l’insussistenza di mezzi adeguati e l’impossibilità oggettiva di procurarseli; che, secondo quanto accertato dalla Guardia di Finanza, ella aveva percepito nell’anno 2008 retribuzione mensile di Euro 950,00; che per sua stessa ammissione aveva lavorato prima e durante il matrimonio e l’assegno di mantenimento le era stato attribuito in sede di separazione in ragione delle sue gravi condizioni di salute, pacificamente risolte; che si era iscritta all’università seguendo il corso di studi con profitto. Di contro avrebbe travisato le sue condizioni patrimoniali, reputate solide sulla scorta della contestazione di un mutuo di Euro 279.000,00 impiegato per la costruzione di una villa di tre piani intestata alla sua convivente e garantita da ipoteca, e dei regali costosi fatti alla figlia, senza considerare che la garanzia reale è stata prestata dalla convivente e che egli era mero fideiussore del prestito concesso dalla banca.

Non avrebbe infine rilevato la riduzione del suo reddito d’impresa dal 2006 al 2008; che l’esercizio commerciale in (OMISSIS) in cui ha saltuariamente prestato collaborazione è gestito dalla sorella A.; l’esiguo importo risultante da suo conto corrente, cointestato alla convivente K.E.. I dati sintomatici apprezzati non sono idonei a fondare giudizio presuntivo; gli altri sono stati trascurati nonostante la loro decisività.

Col secondo motivo il ricorrente denuncia violazione della L. n. 898 del 1970, art. 5 e correlato vizio d’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia rappresentato dall’accordo intervenuto con la M. avente ad oggetto la cessione del 50% della casa coniugale, ai fini dell’esonero dal pagamento dell’assegno divorzile. Siffatta modalità solutoria per raggiungere il suo effetto non necessitava di essere formalizzato nell’atto notarile, perfezionandosi proprio col provvedimento del giudice.

Il primo motivo del ricorso incidentale denuncia violazione dell’art. 155 c.c. per lamentare l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha disposto l’affidamento condiviso della figlia senza tener conto del comportamento gravemente contrario ai suoi doveri del padre nè offrire adeguato sostegno motivazionale circa l’interesse della stessa bambina.

Il secondo motivo, con riferimento a violazione dell’art. 155 bis c.c., reitera la precedente censura, deducendo il travisamento da parte della Corte del merito del rapporto padre-figlia, in una bigenitarialità che in realtà non esisterebbe, stante il mancato versamento dell’assegno di mantenimento della bambina da parte del F. per ben cinque anni e la sua trascuratezza rispetto ai suoi bisogni.

Il terzo motivo introduce tematica in ordine all’assegnazione della casa familiare.

Il quarto motivo ascrive alla sentenza impugnata vizio di motivazione su punti non meglio definiti della controversia.

Con riguardo al primo motivo del ricorso principale, occorre rilevare che, secondo quanto riscontrato dalla Corte del merito, la comparazione tra le condizioni economiche dei coniugi emergenti dagli atti acquisiti ne ha evidenziato la notevole disparità. Il F. verserebbe in situazione disastrosa, secondo quanto accertato dalla Guardia di Finanza, tale da apparire inverosimile, soprattutto se rapportata al credito di cui egli gode presso le banche, che nel periodo di maggior sofferenza economica gli hanno concesso credito mediante mutuo dell’importo di L. 279.000.000 impiegato per la costruzione della villa a tre piani intestata alla convivente. La Corte territoriale ha inoltre osservato che l’improvviso tracollo economico del predetto risulta contraddetto dal tenore di vita e dai costosi regali destinati alla figlia. Di contro la M., la cui età non consentiva positive aspettative di lavoro, ha percepito modesto reddito, come documentato dal CUD in atti. Ciò ha giustificato tanto l’obbligo contributivo posto a carico del F., che la misura degli assegni come stabilita. Emerge da questo articolato tessuto argomentativo che, fondandosi su corretto riferimento all’epoca della pronuncia ai fini dell’accertamento dell’esistenza del diritto all’assegno di divorzio nonchè della sua quantificazione, la Corte territoriale ha in maniera parimenti corretta accertato l’inadeguatezza della condizione economica della M. a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, condotto esaminando comparativamente la sua situazione attuale e quella della famiglia desunta dalle condizioni economiche emerse dalle rispettive allegazioni istruttorie, ed in particolare del coniuge. L’apprezzamento nel merito delle risultanze del complessivo compendio istruttorie che, come rilevato, è stato assunto regolarmente a fonte di convincimento da parte dell’organo giudicante, non è sindacabile in questa sede in quanto sostenuto da adeguata ed esaustiva giustificazione nelle ragioni illustrate a sostegno, riconducibili a tutte le circostanze illustrate. La censura peraltro mira in sostanza alla contestazione nel merito di tale vaglio critico che, per le considerazioni svolte, si sottrae al richiesto sindacato.

Il secondo motivo è inammissibile dal momento che travisa il senso della decisione impugnata che, nella parte censurata non esclude la rilevanza dell’accordo circa la cessione della quota del 50% della casa coniugale ai fini di cui alla L. n. 898 del 1970, art. 8 ma la stessa sussistenza, stante il suo mancato perfezionamento. Il ricorrente introduce pertanto problematica, riguardante le formalità necessarie a tal fine, non pertinente al nucleo della decisione.

Il ricorso per l’effetto deve essere rigettato.

Analoga sorte meritano i primi due motivi del ricorso incidentale, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto attinenti a questioni strettamente connesse.

La questione di diritto sollevata dal ricorrente è stata risolta da questa Corte con sentenza n. 16593/2008, secondo cui "nel quadro della nuova disciplina relativa ai provvedimenti riguardo ai figli dei coniugi separati, di cui agli artt. 155 e 155 bis c.c., come riscritti dalla L. n. 54 del 2006, improntata alla tutela del diritto del minore alla bigenitorialità, al diritto cioè dei figli a continuare ad avere un rapporto equilibrato con il padre e con la madre anche dopo la separazione, l’affidamento condiviso si pone non già, come nel precedente sistema, quale evenienza residuale, bensì come regola, rispetto alla quale costituisce, invece, ora eccezione la soluzione dell’affidamento esclusivo". La deroga a tale regola opera solo se la sua applicazione risulta pregiudizievole per l’interesse del minore, e, in assenza di tipizzazione normativa delle circostanze ostative, l’individuazione di tale pregiudizio resta rimessa alla decisione del giudice del caso concreto, da adottarsi con provvedimento che renda conto, in via di eccezione, dell’opportunità dell’affidamento esclusivo, perchè uno dei genitori versa in condizione di manifesta carenza o inidoneità educativa o comunque tale da rendere quell’affidamento in concreto pregiudizievole per il minore. L’esclusione, e non già l’applicazione della modalità dell’affidamento condiviso deve pertanto risultare sorretta da motivazione che evidenzi l’inidoneità educativa del genitore, e la non rispondenza all’interesse del figlio dell’adozione del modello legale prioritario di affidamento (Cass, citata). A tali principi si è ispirata la Corte del merito che nella specie ha vagliato in positivo la relazione padre-figlia, non ostativa all’affido condiviso, svalutando la violazione dell’obbligo del padre di corrispondere l’assegno di mantenimento in favore della minore nel quadro di un rapporto per ogni altro aspetto positivo ed affettuoso, idoneo a creare un clima di serenità familiare necessario per una sana ed equilibrata crescita della bambina.

Alla stregua delle considerazioni che precedono, devono ritenersi insussistenti sia la dedotta violazione degli artt. 155 e 155 bis c.c., che i prospettati vizi di motivazione della sentenza impugnata, considerato altresì che le ulteriori censure sollevate dalla ricorrente si risolvono in doglianze di merito, non consentite in sede di giudizio di legittimità, in ordine alla valutazione delle risultanze processuali ed all’accertamento dei fatti di causa da parte della Corte di appello.

I restanti motivi sono inammissibili. Il terzo motivo non esplica censura alcuna in ordine all’assegnazione della casa familiare di cui la ricorrente è tuttora assegnataria. Il quarto motivo si risolve in astratta affermazione di vizio motivazionale su di un punto della controversia assolutamente non individuato.

Stante la reciproca soccombenza delle parti, si dispone la compensazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte:

riunisce i ricorsi. Rigetta il principale; rigetta i primi due motivi del ricorso incidentale e dichiara inammissibili il terzo ed il quarto; compensa per l’intero le spese del presente giudizio. Ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, comma 5, in caso di diffusione della presente sentenza si devono omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 marzo 2012.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *