Cass. civ. Sez. I, Sent., 12-06-2012, n. 9533 Controversie in materia elettorale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ricorso al Tribunale di Milano in data 3 settembre 2010, la signora C.P.M. impugnò la Delib. Consiglio della regione Lombardia 28 luglio 2010, di convalida dell’elezione dei consiglieri regionali della 9 legislatura, allegando l’esistenza di una causa d’ineleggibilità L. 23 aprile 1981, n. 154, ex aret. 2, n. 10 in capo a P.G., eletto nella circoscrizione della Provincia di Como. Questi, già presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante di Nord Energia s.p.a., con capitale maggioritario indirettamente posseduto dalla Regione Lombardia, aveva rassegnato le sue dimissioni dalla carica il 15 marzo 2010, con atto indirizzato all’amministratore delegato di Nord Energia s.p.a. e trasmesso dal presidente del collegio sindacale al Registro delle imprese il 31 marzo 2010 (ivi annotato il 7 aprile 2010), come da autocertificazione presentata dallo stesso P. alla Giunta delle elezioni, e quindi oltre il termine per la presentazione delle candidature, fissato per il 27 febbraio 2010. La ricorrente chiese quindi che l’elezione del P. fosse annullata, e fosse dichiarato il suo diritto a subentrargli in via di surrogazione in quanto prima dei non eletti nella circoscrizione della Provincia di Como.

Il P. si costituì, ed eccepì tra l’altro la decadenza della ricorrente per essere stato il ricorso depositato oltre il termine di trenta giorni di cui al D.P.R. n. 570 del 1960, art. 82 da calcolarsi con riferimento alla proclamazione degli eletti fatta dall’Ufficio Centrale Circoscrizionale presso il tribunale di Como L. n. 108 del 1968, ex art. 8; il difetto di legittimazione della ricorrente, che non aveva dimostrato di essere prima dei non eletti nella circoscrizione; e l’inesistenza della causa d’ineleggibilità perchè egli aveva presentato le dimissioni il 23 febbraio 2010 al direttore generale della società.

Nel giudizio intervennero sia la Regione Lombardia, e sia il Consiglio regionale della Lombardia, chiedendo il rigetto del ricorso.

Il Tribunale assunse una deposizione testimoniale sulla circostanza che il P. aveva consegnato al direttore generale della società, il 23 febbraio 2010, le dimissioni dalla carica. Quindi, con sentenza 28 febbraio 2011, il tribunale respinse il ricorso.

2. avverso la sentenza proposero appello C.P.M., in via principale, e P.G. in via incidentale. La Regione e il Consiglio regionale si costituirono chiedendo il rigetto dell’appello principale. La Corte d’appello di Milano, con sentenza in data 24 ottobre 2011, respinse l’appello principale. Esaminando poi l’appello incidentale, la corte, respinto il motivo vertente sulla dedotta tardività del ricorso introduttivo del giudizio in primo grado, ritenne fondato il secondo motivo, con il quale era stato dedotto che la ricorrente C. non aveva fornito alcuna prova in merito alla circostanza di essere "risultata prima dei non eletti alla carica di consigliere regionale nella lista circoscrizionale n. (OMISSIS) corrispondente alla Provincia di Como".

3. Per la cassazione di questa sentenza, non notificata, ricorre C.P.M. per quattro.

Il P. resiste con controricorso e ricorso incidentale per un motivo.

La Regione Lombardia resiste con controricorso. Il Consiglio regionale della Lombardia resiste a sua volta con controricorso.

La ricorrente principale ha depositato memoria.

Motivi della decisione

4. Il ricorso incidentale del P. verte sulla pretesa tardività dell’azione proposta dalla C. per l’annullamento della sua elezione, questione avente natura pregiudiziale rispetto a quelle poste dal ricorso principale. Tuttavia, essendo stato il P. interamente vittorioso nel giudizio in cui fu emessa la sentenza impugnata, il ricorso deve intendersi condizionato, e poichè la sentenza si è pronunciata sul punto, l’interesse del ricorrente nasce esclusivamente dall’eventuale accoglimento del ricorso principale, e deve essere esaminato dopo di questo (Cass. Sez. un. 31 ottobre 2007 n. 23019).

5. Con il primo motivo di ricorso si censura l’affermata legittimità dell’intervento in causa del Consiglio regionale della Lombardia. Si afferma che l’organo in questione non ha alcun autonomo interesse alla causa. Con il secondo motivo si censura per le stesse ragioni l’affermata legittimità dell’intervento in causa della Regione Lombardia.

6. Deve innanzi tutto esaminarsi l’ammissibilità dei due motivi, avendo il P.G. osservato, nella discussione orale, che la ricorrente non ha indicato quale interesse avrebbe all’estromissione delle amministrazioni dal giudizio. Al riguardo, non ritiene il collegio che in questo caso trovi applicazione il principio ricordato dal P.G., per cui l’interesse all’impugnazione va apprezzato in relazione all’utilità concreta derivabile alla parte dall’eventuale accoglimento del gravame, e non può consistere in un mero interesse astratto a una più corretta soluzione di una questione giuridica, non avente riflessi sulla decisione adottata; sicchè è inammissibile, per difetto d’interesse, un’impugnazione con la quale si deduca la violazione di norme processuali, che non spieghi alcuna influenza in relazione alle domande o eccezioni proposte, e che sia diretta quindi all’emanazione di una pronuncia priva di rilievo pratico. La legittimazione delle parti al giudizio deve essere, infatti, esaminata d’ufficio in via pregiudiziale, e l’interesse delle parti alla individuazione di coloro che possono interloquire nel giudizio è in ogni caso immanente all’ambito di efficacia della pronuncia richiesta, e viene in evidenza nel regolamento delle spese.

6. Nel merito i due motivi sono fondati. Costituisce principio generale del contenzioso elettorale, consolidato nella giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 6153 del 1996, Cass. n. 13588 del 2000, e Cass. n. 5323 del 2004), che il giudizio promosso per sentir dichiarare l’illegittimità della deliberazione di decadenza dalla carica di consigliere regionale non ha per oggetto la regolarità delle operazioni elettorali e la conseguente nullità del provvedimento impugnato ma unicamente l’accertamento del diritto del consigliere eletto alla permanenza nella carica con la conseguenza che unico contraddittore necessario nel predetto giudizio è il primo dei candidati non eletti, chiamato a succedere al consigliere decaduto. La notifica del ricorso all’ente non ha quindi la funzione di instaurare nei confronti del comune un rapporto processuale, ma solo di comunicargli notizia del procedimento (Cass. n. 1020 del 1991 e Cass. n. 16205 del 2000). Da ciò consegue che accanto all’interesse all’accertamento del diritto del consigliere eletto a permanere nella carica non è ipotizzatale un autonomo interesse dell’organo elettivo alla sua regolare composizione, che non è posta in discussione quale che risulti il candidato avente diritto a ricoprire la carica di consigliere regionale.

Nè è pertinente, per argomentarne una contraria conclusione, che farebbe salva la possibilità di un intervento adesivo dipendente dell’ente, il richiamo al precedente di Cass. 28 dicembre 2006 n. 27596. Nella motivazione di questa sentenza, infatti, si legge che l’ente "non aveva legittimazione alcuna a prendere parte attiva al giudizio", e tale affermazione non lascia spazio all’ipotesi dell’intervento adesivo dipendente; il quale intervento è bensì preso in esame, ma solo perchè utilizzato in quel giudizio a sostegno dell’ammissibilità dell’impugnazione proposta in quel caso dal comune, e solo per dimostrare l’inammissibilità (ritenuta pregiudiziale a ogni altra questione) anche sotto questo profilo dell’appello, non valendo l’intervento adesivo dipendente a conferire il potere d’impugnare la sentenza sfavorevole alla parte adesivamente sostenuta.

7. Concludendo sul punto, pertanto, deve trovare applicazione il principio per cui il difetto di interesse ad agire rilevato in sede di legittimità comporta la cassazione senza rinvio della sentenza impugnata, che abbia, invece, ritenuto esistente detto interesse, quando l’inammissibilità per difetto di interesse dell’intervento adesivo spiegato in primo grado, non dichiarata dai giudici di merito, è rilevata dalla Corte di Cassazione, con la conseguente pronuncia sulle spese a norma dell’art. 385 c.p.c., comma 2, dato che la causa dell’interveniente non poteva essere proposta (cfr. Cass. nn. 991/1972, 2591/1972, 2359/1988).

8. Con il terzo motivo si censura per violazione del D.P.R. n. 570 del 1960, art. 82 l’impugnata sentenza, nella parte in cui afferma la fondatezza del secondo motivo di appello incidentale del P., e si osserva che la ricorrente non aveva dato alcuna prova di essere "risultata prima dei non eletti alla carica di consigliere regionale nella lista circoscrizionale n. (OMISSIS) corrispondente alla Provincia di Como".

9. Al riguardo si osserva quanto segue. Il D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 82 nel testo modificato dalla legge L. 23 dicembre 1966, n. 1147, norma applicabile alle elezioni dei consigli regionali delle regioni a statuto ordinario per il richiamo operato dall’art. 19 del 17 febbraio 1968, n. 108, prevede che l’azione popolare possa essere esercitata da qualsiasi cittadino residente, o da chiunque altro vi abbia diretto interesse.

E’ pacifico in causa che l’azione per l’annullamento della elezione di P.G. fu proposta da C.P.M., che assumeva di essere risultata prima dei non eletti alla carica di consigliere regionale nella lista della circoscrizione n. (OMISSIS) corrispondente alla Provincia di Como. E’ tuttavia del pari certo che, nell’esercitare l’azione, la ricorrente si dichiarò residente nel comune di Como; e che la circostanza fu rilevata dallo stesso P., nel suo atto di costituzione in primo grado, che su tale premessa formulò un’eccezione d’incompetenza per territorio, sicchè si tratta di un fatto pacifico in causa. Ne discende che la ricorrente era legittimata all’azione popolare in quanto cittadina elettrice, e che la circostanza che fosse la prima dei non eletti assumeva rilevanza esclusivamente nel merito, ai fini della proclamazione dell’eletto, in caso di annullamento della nomina del P..

Si rileva, d’altra parte, che la stessa corte territoriale aveva esaminato nel merito l’appello della C., in contrasto con la pretesa mancanza di legittimazione, e aveva poi affrontato questa questione, del tutto superfluamente e contraddittoriamente con le premesse, solo dopo aver esposto le ragioni a sostegno del rigetto del gravame.

10. Il motivo deve essere pertanto accolto in base al principio che legittimato all’azione popolare di cui al D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 82 nel testo modificato dalla legge L. 23 dicembre 1966, n. 1147, è qualsiasi cittadine residente, anche se non abbia altro interesse diretto all’accertamento richiesto.

11. Con il quarto motivo si denuncia la violazione dell’art. 2385 c.c., avendo la corte territoriale ritenuto efficaci, agli effetti della L. n. 154 del 1981, art. 2, comma 1, n. 10 le dimissioni del P., risultanti da un atto sprovvisto dei requisiti di legge, qual era il foglio consegnato al direttore generale della società, il 23 febbraio 2010.

12. Il motivo è fondato. La L. 23 aprile 1981, n. 154, art. 2, comma 2 stabilisce che anche la causa d’ineleggibilità prevista, nel n. 10) del comma precedente, per i legali rappresentanti e i dirigenti delle società per azioni con capitale maggioritario della regione non ha effetto, se l’interessato cessa dalle funzioni, in particolare per dimissioni, non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature. Trattandosi, nel caso in esame, della presentazione delle dimissioni di un amministratore di una società per azioni, per le quali l’art. 2385 c.c., comma 3 prescrive l’iscrizione nel registro delle imprese, vale la regola dettata dall’art. 2193 c.c., per cui i fatti dei quali la legge prescrive l’iscrizione nel registro delle imprese, se non sono stati iscritti, non possono essere opposti ai terzi da chi è obbligato a richiederne l’iscrizione, a meno che questi provi che i terzi ne abbiano avuto conoscenza. Ora, l’art. 2189 c.c., comma 1 consente all’interessato di chiedere direttamente l’iscrizione nel registro. E’ certo pertanto che il candidato, il quale si dimetta dalla carica sociale che determina la sua ineleggibilità, ha l’interesse e il potere di richiedere al registro delle imprese l’iscrizione della rinuncia alla carica, quando la rinuncia abbia effetto immediato a norma dell’art. 2385 c.c., comma 1.

Occorre anche aggiungere che, quanto meno ai fini particolari dell’applicazione della L. 23 aprile 1981, n. 154, art. 2, comma 2 gli adempimenti prescritti dall’art. 2385 c.c., u.c., per le finalità informative generali, e non soltanto dichiarative, della pubblicità delle iscrizioni nel registro delle imprese, non potrebbero essere supplite da un atto di data certa, a norma dell’art. 2704 c.c., che contenesse la presentazione delle dimissioni, perchè scopo della norma è anche quello di impedire che la qualità dell’incarico rivestito dal candidato influenzi le operazioni elettorali, e ciò avverrebbe anche qualora la rinuncia all’incarico, tempestivamente presentata e poi documentata in modo inoppugnabile, non fosse stata resa di pubblico dominio.

13. Il motivo deve pertanto essere accolto per il principio di diritto che, ai fini dell’applicazione della L. 23 aprile 1981, n. 154, art. 2, comma 2 d’inefficacia della causa d’ineleggibilità dei legali rappresentanti e dei dirigenti delle società per azioni con capitale maggioritario della regione, della provincia o del comune, la rinuncia alla carica che è all’origine dell’ineleggibilità deve essere documentata con le iscrizioni eseguite nel registro delle imprese, a norma dell’art. 2193 c.c., comma 1.

8. L’accoglimento di questo motivo assorbe ogni altra censura del ricorso principale. Ciò comporta la necessità di passare all’esame del ricorso incidentale.

9. Con il ricorso incidentale P.G. denuncia la violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 570 del 1960, art. 82. Sostiene che il termine utile per impugnare la nomina decorreva non dalla data – 28 luglio 2010 – di pubblicazione della deliberazione del Consiglio regionale della Lombardia che ha convalidato l’elezione dei consiglieri regionali della 9 legislatura nella tornata elettorale del 28 – 29 marzo 2010, bensì da quella – 11 maggio 2010 – della delibera del Consiglio regionale avente a oggetto "l’avvenuta proclamazione dei consiglieri regionali". Di tale deliberazione la signora C. non aveva contestato di aver avuto tempestiva e immediata conoscenza.

10. Il motivo è infondato. La natura non impugnatoria della giurisdizione elettorale cui da luogo la proposizione dell’azione popolare è stata ribadita da numerose pronunce, delle quali è sufficiente ricordare le ultime che si siano specificamente occupate della questione: Sez. un., n. 5938 del 1982; sez. 1, n. 1009 del 1990, e in particolare Cass. 21 luglio 2008 n. 20092, contenente una ricapitolazione della giurisprudenza di legittimità sul punto.

E’ sufficiente, dunque, qui ribadire che nel contenzioso elettorale il giudice ordinario non esercita una giurisdizione di annullamento, perchè la delibera consiliare non costituisce l’oggetto, ma un mero presupposto del giudizio, che tende alla tutela del diritto soggettivo violato, quali che siano gli effetti dichiarativi o costitutivi della decisione, che il giudice, quale mezzo al fine, deve in concreto emanare.

Pertanto detta azione popolare, come può ben essere proposta anche in assenza di un deliberato consiliare di convalida, così, corrispondentemente, prescinde dalla correlativa impugnazione di un siffatto (ove adottato) deliberato (Cass. 16 luglio 2005 n. 15104).

Ne deriva che, di norma, non vi sono termini stabiliti per far valere l’azione popolare, ad eccezione dell’ipotesi in cui la materia controversa (ossia la questione relativa alla ineleggibilità del candidato e alla decadenza dell’eletto) abbia formato oggetto di uno specifico esame da parte dell’organo amministrativo competente e che questo vi abbia appositamente provveduto.

In tal caso, e solo in tal caso, l’azione non può essere proposta oltre il termine di trenta giorni stabilito dal D.P.R. n. 570 del 1962, art. 82 e decorrente dalla pubblicazione o dalla notificazione della deliberazione adottata dal consiglio comunale (ovvero dagli organi chiamati a surrogarlo in caso di sua inerzia).

11. Nel caso in esame, pertanto, la deliberazione del Consiglio regionale della Lombardia, avente a oggetto "l’avvenuta proclamazione dei consiglieri regionali" – della quale, peraltro, neppure si allega la data di pubblicazione – non poteva avere l’effetto di far decorrere un termine di decadenza per la proposizione dell’azione popolare. Il ricorso incidentale è conseguentemente infondato.

12. In conclusione l’impugnata sentenza è cassata in accoglimento del ricorso principale. Nel merito, P.G. è dichiarato decaduto dalla carica dalla carica di consigliere regionale. A lui è surrogato il primo dei non eletti della stessa lista, che non può essere identificato in questa sede – neppure in negativo – per mancanza dei necessari elementi, dovendo a tanto provvedere la competente assemblea regionale.

Le spese dell’intero giudizio sono compensate tra (tutte le parti, perchè l’esito è determinato dal principio di diritto di cui al punto 13, in precedenza non espressamente affermato da questa corte.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile l’intervento in causa del Consiglio regionale della Lombardia e della Regione Lombardia.

Accoglie il ricorso principale, rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata, e decidendo nel merito dichiara P. G. decaduto dalla carica di consigliere regionale, e la surrogazione del primo dei non eletti della stessa lista. Compensa le spese dell’intero giudizio fra tutte le parti.

Così deciso a Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni unite della Corte suprema di cassazione, il 22 marzo 2012.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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