Cass. civ. Sez. III, Sent., 12-06-2012, n. 9527 Somministrazione di energia elettrica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. E.M. impugna per cassazione, sulla base di tre motivi, illustrati con memoria, la sentenza della Corte di Appello di Napoli, depositata il 2 novembre 2009, che, in parziale riforma della sentenza di primo grado, confermava la declaratoria di risoluzione del contratto di somministrazione di energia elettrica intercorso con l’ENEL, per grave inadempimento dell’odierna ricorrente, ma rideterminava equitativamente, ex art. 1226 c.c., in base alla comune esperienza il danno subito dall’ente erogatore, stimandolo all’attualità in Euro 2.800,00=, oltre imposte ed altri accessori come stabiliti in primo grado. L’ENEL resiste con controricorso e chiede il rigetto del ricorso.

2. La ricorrente deduce:

2.1. Violazione art. 18, 19 e 20 c.p.c. e dell’art. 1969 c.c., comma 19, per avere la Corte territoriale erroneamente respinto l’eccezione d’incompetenza territoriale, che assume ritualmente e tempestivamente sollevata, nonostante comprovatamente ricorressero "tutti e cadauno dei concorrenti elementi di fatto in unica località", (avvenuta stipula e sottoscrizione del consumatore, continua esecuzione e pagamento del contratto di utenza), radicandosi in detto luogo la competenza, con esclusione, rilevabile anche di ufficio, i quella di qualsiasi altro foro.

2.2. Errata interpretazione falsa applicazione degli artt. 112, 113, 115 e 116 c.p.c., art. 2697 c.c. e art. 652 e 75 c.p.p., per avere la Corte territoriale illegittimamente negato efficacia nel giudizio civile al giudicato penale di assoluzione di essa ricorrente, per insussistenza del fatto, dal reato di furto aggravato di energia in danno dell’ENEL, che,non costituendosi parte civile in detto procedimento penale avrebbe tentato di sfuggire proprio agli effetti di detto giudicato.

2.3. Aggiuntiva e ripetuta violazione degli artt. 112, 113, 115 e 116 c.p.c., art. 2697 c.c., comma 1, artt. 2909, 1453 e 2051 c.c. per avere la Corte territoriale ritenuto la responsabilità della ricorrente quale custode del misuratore di energia, nonostante la sua forzata estromissione dall’appartamento a seguito del sisma del novembre 1980 e per il tempo necessario al relativo ripristino, senza tenere conto che il caso fortuito, la forza maggiore o il fatto giuridico del terzo avrebbero dovuto considerarsi, in quanto interruttivo di qualunque essenziale nesso eziologico, esimenti di qualsiasi addebito di colpa reale o presunta.

3.1. Il primo motivo è infondato, dato che, diversamente da quanto sostiene la ricorrente, correttamente è stata rigettata l’eccezione di incompetenza, perchè – come esattamente rilevato dalla Corte territoriale – non sono stati contestati tutti i concorrenti criteri di collegamento: l’eccezione di incompetenza, tempestivamente proposta, vale a dire quella avanzata con la comparsa di risposta, atteneva esclusivamente al forum contractus. Pertanto, correttamente la Corte territoriale non ha preso in esame le altre ragioni d’incompetenza non avanzate con la comparsa di risposta (tra le quali quella desumibile dal disposto dell’art. 1469 c.c.).

3.2.1. Anche il secondo motivo non coglie nel segno. La Corte d’Appello ha escluso l’efficacia del giudicato penale di assoluzione nel presente giudizio sulla base di tre concomitanti ragioni: a) perchè l’azione civile è stata proposta prima della pronuncia della decisione penale, b) il fatto ascritto in sede penale (furto) era diverso da quello azionato in civile (omessa vigilanza dell’apparecchio fornito di misurazione e rilevazione dei consumi, avendo sostenuto la odierna ricorrente che non aveva la disponibilità dell’appartamento a seguito del terremoto del novembre 1980); c) l’intervento dell’assoluzione per insufficienza di prove e, quindi, in base all’art. 530 c.p.p., comma 2.

3.2.2. La ricorrente censura solo la prima ratio decidendi e ciò rende inammissibile il motivo di ricorso in esame. Invero, quando la statuizione impugnata sia fondata su più ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali sia giuridicamente e logicamente idonea a sorreggere la pronuncia, l’omessa censura di una di tali ragioni rende inammissibile, per difetto d’interesse, il motivo di ricorso per cassazione relativo alle altre, in quanto la sua eventuale fondatezza non potrebbe mai condurre alìannullamento della sentenza, essendo divenuta definitiva la motivazione autonoma non impugnata. (Cass. 14.2.2012, n. 2107; Cass. 3.11.2011, n. 22753, ord.; Cass. 11.2.2011, n. 3386; 20.11.2009, n. 24540; Cass. 18.7.2000, n. 9449; Cass. 18.4.1998, n. 3951; Cass. 9 dicembre 1994, n. 10555).

3.3. Anche il terzo motive si rivela del tutto privo di pregio. Esso, infatti, nonostante l’impropria qualificazione quale violazione di norme di legge, contesta la ricostruzione dei fatti di competenza del giudice di merito. Nella specie, la Corte territoriale ha congruamente e correttamente motivato in ordine all’irrilevanza, ai fini dell’accertamento della responsabilità, dell’assenza della ricorrente dall’appartamento, sia perchè la stessa, quale affidataria del misuratore era contrattualmente tenuta alla sua custodia, sicchè rispondeva della sua manomissione anche senza esserne l’autrice, sia perchè non era stato provato che la manomissione fosse avvenuta durante detto periodo di assenza.

4. Ne deriva il rigetto del ricorso. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 1.400,00=, di cui Euro 1.200,00= per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 24 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2012

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