T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 02-01-2012, n. 6

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ricorso depositato il 29 aprile 2008, il ricorrente ha impugnato il provvedimento in epigrafe, con il quale è stata rigettata l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno precedentemente rilasciato per motivi di lavoro subordinato; l’istante ha chiesto al Tribunale Amministrativo Regionale di disporne l’annullamento, previa sua sospensione, in quanto viziato da violazione di legge ed eccesso di potere.

Si è costituito in giudizio il MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, chiedendo il rigetto del ricorso.

Con ordinanza del giorno 8 maggio 2008, il Tribunale Amministrativo ha respinto l’istanza incidentale di sospensione degli effetti dell’atto impugnato, ritenendo insussistente il fumus boni iuris.

Sul contraddittorio così istauratosi, all’udienza del 16 dicembre 2011, la causa è stata discussa e decisa con sentenza definitiva.

2. Il ricorso deve essere respinto per i seguenti motivi.

2.1. La legislazione nazionale adottata negli ultimi anni, D.Lgs. n. 286 del 1998, L. n. 189 del 2002, D.L. n. 195 del 2002, si fonda sulla radicale premessa per la quale nessun soggetto extracomunitario può entrare nello Stato, ed ivi stabilmente soggiornare, qualora non sia munito di visto di ingresso e di permesso di soggiorno, e cioè di un titolo amministrativo che autorizzi questi allo stabilimento, alla circolazione ed allo svolgimento di attività per specifiche tassative ragioni (di visita, affari, turismo, studio, lavoro, ricongiungimento familiare e motivi familiari, protezione sociale, asilo e protezione temporanea, cure mediche).

2.2. Il diniego di rinnovo del premesso di soggiorno è stato adottato dalla Questura poiché, si legge in motivazione, il ricorrente non aveva prodotto documentazione attestante lo svolgimento di attività lavorativa e neppure il possesso di redditi derivante da fonte lecita. In particolare, la società stipulante il contratto di soggiorno (LA PRIMULA COSTRUZIONI SRL) risulta essere trasferita dal 2005 per ignota destinazione (così la nota del Commissariato di Polizia del 13 febbraio 2007); analoghi accertamenti negativi risultano dalle ricerche effettuate dall’INAIL.

2.3. Orbene, era senza dubbio onere dell’istante dimostrare alla pubblica amministrazione di essere in possesso di idonea documentazione atta a confermare lo scopo lavorativo e le condizioni del soggiorno, nonché la disponibilità di mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno (art. 4 D.Lgs. n. 286 del 1998). In particolare, il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo è subordinato per il lavoratore non appartenente all’Unione europea alla dimostrazione di disporre di idonea sistemazione alloggiativa e di un reddito annuo, proveniente da fonti lecite, di importo superiore al livello minimo previsto dalla legge per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria (art. 26, art. 3 D.Lgs. n. 286 del 1998). L’art. 39, comma 3, D.P.R. n. 394 del 1999 specifica la necessaria disponibilità in Italia, da parte del richiedente, di una somma non inferiore alla capitalizzazione, su base annua, di un importo mensile pari all’assegno sociale.

2.4. Nella specie, come evidenziato in sede cautelare, il ricorrente non ha depositato alcuna documentazione atta a dimostrare la sussistenza di un rapporto di lavoro attualmente in essere ed il possesso di un reddito derivante da fonti lecite.

2.5. Invero, nel corso della fase di merito, il ricorrente, con la memoria depositata il 2 marzo 2009, ha effettivamente allegato documentazione attestante una nuova assunzione avvenuta in data 12 giugno 2008. Si tratta, tuttavia, di allegazione di fatti successivi all’adozione e notificazione del provvedimento impugnato e che, dunque, non riguardano il segmento di potere oggetto del presente giudizio; al più possono essere fondatamente posti a base di una istanza di riapertura del procedimento.

2.6. Quanto alla mancata traduzione del provvedimento in una lingua a lui conosciuta, essa non costituisce vizio di legittimità del provvedimento espulsivo, non incidendo in alcun modo sulla correttezza del potere esercitato, ma essendo esclusivamente finalizzata a rendere effettivo il diritto di difesa sancito dall’art. 24 Cost. (Consiglio Stato, sez. IV, 19 ottobre 2004 , n. 6749); diritto che il ricorrente ha avuto ogni facoltà di esercitare nel corso del presente giudizio.

2.7. Il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato, presupponendo correttamente il mancato inserimento lavorativo del ricorrente, è pertanto legittimo.

3. Sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite, stante la condizione di disagio sociale comunque emersa nel corso del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

RIGETTA il ricorso e COMPENSA interamente le spese di lite tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 16 dicembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Domenico Giordano, Presidente

Dario Simeoli, Referendario, Estensore

Fabrizio Fornataro, Referendario

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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