Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 08-11-2011) 25-11-2011, n. 43713

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, con sentenza del 30.10.2008 riformava parzialmente la decisione di primo grado del Tribunale di Bolzano con la quale K.A. era stato condannato – con le circostanze attenuanti generiche ritenute equivalenti alla recidiva contestata – alla pena di anni sette di reclusione per il reato di tentato omicidio in danno di B. B. ritenendo la sussistenza del reato di lesioni personali aggravate con la conseguente riduzione della pena in anni due e mesi dieci di reclusione.

Decidendo sui ricorsi proposti dall’imputato e dal Procuratore generale presso la Corte di appello di Trento, la Corte di cassazione con la sentenza in data 12.5.2009, annullava con rinvio la sentenza impugnata ritenendo fondato il ricorso della Procuratore generale. In specie, questa Corte riteneva fondato il denunciato vizio di motivazione in ordine alla esclusione della volontà omicida e, conseguentemente, della configurabilità del reato di tentato omicidio, avendo il giudice dell’appello fondato la decisione esclusivamente sulla incertezza della direzione dei colpi e della posizione dell’imputato al momento in cui aveva colpito la persona offesa durante la colluttazione; non avendo, invece, adeguatamente valutato circostanze che "avrebbero potuto portare alla conferma del giudizio di primo grado sulla sussistenza del tentato omicidio, quali il fatto che i colpi erano stati più di uno ed inferti con forza ed erano stati diretti verso organi vitali, tanto che era stato tranciato il muscolo pettorale ed era stato toccato l’osso della costola", nonchè, "la brevissima distanza tra l’imputato e la vittima che non consentiva di sbagliare il raggiungimento di organi vitali…la mancata considerazione del fatto che l’imputato pur avendo cagionato lesioni molto gravi tali da poter portare alla morte, non aveva prestato soccorso alla vittima che solo per il casuale passaggio sul posto di una pattuglia della polizia aveva evitato di morire".

Nel giudizio di rinvio la Corte di appello di Trento, con sentenza del 7.4.2010, confermava la decisione di primo grado.

2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, denunciando la mancanza, contraddlttorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza del reato di tentato omicidio.

In specie, ad avviso del ricorrente, la Corte di merito la fondato la propria decisione su una ricostruzione del fatto lacunosa e non suffragata dall’evidenza probatoria. Infatti, dalle circostanze emerse nei diversi gradi di giudizio non risultava possibile ricostruire con sufficiente certezza la dinamica dell’evento, tenuto conto del buio, delle condizioni dell’abitazione in cui si erano svolti i fatti, dello stato alcolemico dei protagonisti; anche la consulenza tecnica disposta dal pubblico ministero non aveva consentito di pervenire a conclusioni certe a causa del tempo trascorso e della completa rimarginazione della ferita riportata dalla vittima. Contesta, quindi, la valutazione in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo del dolo tratto essenzialmente dall’arma da taglio utilizzata e dalla forza impressa al colpo diretto al torace della vittima.

Con la memoria depositata il 23.3.2010 ribadisce sostanzialmente le predette doglianze ed evidenzia la omessa motivazione della sentenza impugnata in ordine alle censure formulate nell’atto di appello del 13.6.2008 con specifico riferimento alla ricostruzione della dinamica dei fatti.

Motivi della decisione

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

E’ opportuno ricordare che, l’art. 628 c.p.p., comma 2, limita l’ambito del ricorso per cassazione avverso la sentenza di rinvio alle questioni non decise dalla pronuncia di annullamento e che tale disposizione deve essere interpretata alla luce del principio della tendenziale irrevocabilità e incensurabilità delle decisioni della Corte di cassazione che costituisce lo scopo stesso della attività giurisdizionale e si mostra pienamente conforme alla funzione di giudice ultimo della legittimità affidato alla medesima Corte dall’art. 111 Cost. (Sez. 2, n. 41461, 06/10/2004, Guarneri, rv.

230578).

Tanto premesso, deve rilevarsi che le censure mosse dal ricorrente – peraltro, in gran parte generiche – attengono esclusivamente alla valutazione dell’elemento soggettivo del reato di tentato omicidio, ovvero all’animus necandi, sul quale è intervenuta la pronuncia di questa Corte, così come sintetizzata in premessa, che aveva annullato la sentenza di secondo grado ritenendo il vizio di motivazione sulla sussistenza del reato di tentato omicidio, escluso dalla sentenza annullata.

Il ricorrente, quindi, ripropone le medesime questioni sulle quali è intervenuta la decisione di questa Corte e sulle quali la Corte di appello in sede di giudizio di rinvio ha adeguatamente e coerentemente motivato, dando conto del proprio convincimento secondo lo schema enunciato nella sentenza di annullamento ed in particolare, sulla base dello strumento da taglio utilizzato, sulla parte del corpo della vittima attinta e sulla forza impressa al colpo che aveva provocato una ferita della lunghezza di circa venti centimetri con la recisione del muscolo pettorale sinistro e che raggiungeva le costole, definita potenzialmente mortale.

Pertanto, a fondamento del ricorso vengono poste in maniera generica questioni di fatto volte ad una nuova ed ulteriore valutazione delle circostanze già esaminate dal giudice del rinvio anche alla luce delle contestazioni difensive che sono state esaminate e valutate con argomenti logici, coerenti e privi di contraddizioni.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di prova circa l’assenza di colpa nella proposizione dell’impugnazione (Corte Cost., sent. n. 186 del 2000) al versamento della somma di Euro mille alla cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro mille alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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