T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 02-01-2012, n. 3 Stranieri

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ricorso depositato il 25 ottobre 2007, il ricorrente ha impugnato i provvedimenti in epigrafe, con i quali sono state rigettate l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato e la domanda di emersione del lavoro irregolare, chiedendo al Tribunale Amministrativo Regionale di disporne l’annullamento, previa loro sospensione, in quanto viziati da violazione di legge ed eccesso di potere.

Si è costituito in giudizio il MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, chiedendo il rigetto del ricorso.

Con ordinanza del 15 novembre 2007, il Collegio ha rigettato l’istanza cautelare di sospensione, ritenendo insussistente il fumus boni iuris.

Sul contraddittorio così istauratosi, all’udienza del 16 dicembre 2011, la causa è stata discussa e decisa con sentenza definitiva.

2. Il Collegio, rimeditando le valutazioni rese in sede cautelare, ritiene che il ricorso debba accolto per i seguenti motivi.

2.1. E’ utile premettere, all’uopo, che la legislazione nazionale adottata negli ultimi anni, D.Lgs. n. 286 del 1998, L. n. 189 del 2002, D.L. n. 195 del 2002, si fonda sulla radicale premessa per la quale nessun soggetto extracomunitario può entrare nello Stato, ed ivi stabilmente soggiornare, qualora non sia munito di visto di ingresso e di permesso di soggiorno, e cioè di un titolo amministrativo che autorizzi questi allo stabilimento, alla circolazione ed allo svolgimento di attività per specifiche tassative ragioni (di visita, affari, turismo, studio, lavoro, ricongiungimento familiare e motivi familiari, protezione sociale, asilo e protezione temporanea, cure mediche).

3.1. Nella specie, l’Amministrazione, con il provvedimento impugnato, ha rigettato l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno deducendo, quale ragione ostativa, l’avere il Prefetto (in data 10 novembre 2003, con rettifica in data 13 febbraio 2004) respinto la domanda di emersione di lavoro irregolare di cittadini extracomunitari addetti al lavoro subordinato, presentata in favore del ricorrente dalla sig.ra A.F.. In particolare, il diniego di regolarizzazione del Prefetto richiamava la nota di polizia del 9 gennaio 2004, alla cui stregua, a seguito di ulteriori accertamenti svolti, era emerso che la ditta intestata alla F. sarebbe stata istituita al solo scopo di regolarizzare, tramite false attestazioni, cittadini extracomunitari, dietro versamento di un compenso.

3.2. Orbene, dispone l’art. 5 comma 5, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286 che il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono negati quando vengano a mancare i requisiti per l’ingresso e il soggiorno. Correttamente, dunque, il provvedimento impugnato avrebbe in ipotesi potuto rilevare, nella mancata regolarizzazione, una condizione ostativa al rinnovo del permesso di soggiorno prevista dalla legge. Sennonché era proprio tale atto presupposto (ovvero il provvedimento del Prefetto, pure gravato in questa sede), ad essere illegittimo.

Difatti, ai sensi dell’art. 1, comma 8, D.L. 9 settembre 2002, n. 195, come convertito con modificazioni in L. 9 ottobre 2002, n. 222 (recante disposizioni urgenti in materia di legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari), le disposizioni sulla legalizzazione del lavoro irregolare non si applicano ai rapporti di lavoro riguardanti lavoratori extracomunitari "che risultino denunciati per uno dei reati indicati negli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale, salvo che il procedimento penale si sia concluso con un provvedimento che abbia dichiarato che il fatto non sussiste o non costituisce reato o che l’interessato non lo ha commesso, ovvero nei casi di archiviazione previsti dall’articolo 411 del codice di procedura penale ovvero risultino destinatari dell’applicazione di una misura di prevenzione o di sicurezza, salvi, in ogni caso, gli effetti della riabilitazione (lett. C, richiamata nella motivazione del diniego di regolarizzazione)". La Corte costituzionale, tuttavia, con sentenza 10-18 febbraio 2005, n. 78 ha dichiarato l’illegittimità della presente lettera, nella parte in cui fa derivare automaticamente il rigetto della istanza di regolarizzazione del lavoratore extracomunitario dalla presentazione di una denuncia per uno dei reati per i quali gli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale prevedono l’arresto obbligatorio o facoltativo in flagranza. Ed è proprio tale automaticità il vizio di cui è irrimediabilmente affetta la determinazione del Prefetto e che invalida anche il conseguente decreto del Questore.

4. Sussistono giusti motivi per compensare interamente le spese di lite tra le parti, atteso che la sentenza della Consulta è sopravvenuta rispetto alla data di adozione degli atti impugnati.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

ACCOGLIE il ricorso e, per l’effetto, annulla i provvedimenti indicati in epigrafe;

COMPENSA interamente le spese di lite tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 16 dicembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Domenico Giordano, Presidente

Dario Simeoli, Referendario, Estensore

Fabrizio Fornataro, Referendario

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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