Cass. civ. Sez. III, Sent., 12-06-2012, n. 9521

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata in questa sede la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza emessa in primo grado dal Tribunale di Torre Annunziata, che, in accoglimento della domanda proposta dalla s.a.s. Eurafrica Shipping Lines (ESLI), ha condannato la s.r.l.

SO.CO.MAR a pagare all’attrice L. 20.800.000, USD 82.000,00 e DM 5.000,00, oltre interessi legali e spese processuali, in restituzione di somme indebitamente percepite in esecuzione di un contratto di fornitura di servizi marittimi, risolto il 31.5.1987 per recesso di ESLI. La Corte di appello ha respinto anche la domanda riconvenzionale della convenuta, diretta ad ottenere il pagamento del compenso di L. 158.500.000.

Socomar propone quattro motivi di ricorso per cassazione. L’intimata non ha depositato difese.

Motivi della decisione

1.- Con il primo motivo, denunciando violazione degli art. 1703, 1709, 1713, 1719 e 2697 cod. civ., nonchè art. 263 c.p.c. e segg., in relazione all’art. 2033 cod. civ., la ricorrente sottopone alla Corte di cassazione il seguente quesito:

"Nell’ipotesi di mandato oneroso, con obbligo contrattuale di rendiconto, quando il mandante, lungi dal contestare la validità e l’efficacia del contratto, alla sua scadenza chieda la restituzione di somme pagate in eccedenza rispetto agli esborsi che il mandatario assume di avere fatto…, quale tipo di azione deve esperire il mandante per conseguire ciò che pretende: quella di cui all’art. 2033 cod. civ. o quella di cui all’art. 1713 c.c. e all’art. 262 c.p.c., e segg.".

2.- Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc. civ., considerato che il quesito – oltre che generico e astratto – non è congruente con le ragioni della decisione impugnata e propone censure irrilevanti ai fini della decisione.

In primo luogo va chiarito che l’art. 2033 cod. civ. è stato correttamente posto a base della domanda di restituzione di somme, perchè le prestazioni scambiate in esecuzione di un contratto inefficace – qual è quello che sia stato risolto – vanno qualificate indebite tanto quanto quelle eseguite in virtù di un contratto invalido, pur se gli obblighi di restituzione possono essere diversamente regolati. In entrambi i casi infatti viene meno il titolo giustificativo delle prestazioni medesime.

Quando si tratta di contratti ad esecuzione continuata o periodica, in relazione ai quali la risoluzione non ha efficacia retroattiva, la restituzione delle prestazioni già eseguite normalmente non spetta non perchè l’art. 2033 cod. civ. sia in linea di principio inapplicabile, come ha erroneamente ritenuto la sentenza impugnata, ma perchè le prestazioni non possono in concreto considerarsi indebite, se nel periodo di efficacia del contratto siano state eseguite le relative controprestazioni.

La Corte di appello ha condannato Socomar alla restituzione di somme sulla premessa che – pur trattandosi di contratto ad esecuzione continuata – ESLI ha dimostrato di avere corrisposto alla controparte somme maggiori di quelle ad essa spettanti.

Il quesito ed il motivo di diritto mettono in questione la natura formale dell’azione proposta allo scopo di ottenere la restituzione, anzichè argomentazioni attinenti alla fondatezza della domanda, cioè se la parte condannata alla restituzione abbia effettivamente ricevuto di più di quanto ha dato.

3.- Il secondo, il terzo ed il quarto motivo – che tutti denunciano violazioni di legge (il terzo motivo anche vizi di motivazione) – sono inammissibili sia per l’omessa formulazione dei quesiti, sia perchè mettono in discussione questioni di merito ed accertamenti in fatto a cui la Corte di appello è pervenuta con adeguata motivazione. Si ricorda che l’art. 366 bis cod. proc. civ. era in vigore alla data del deposito della sentenza impugnata, perchè introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 e 27 e non ancora abrogato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, entrata in vigore per questa parte il 4 luglio 2009 (art. 47 e 58).

La mancanza o l’inidonea formulazione dei quesiti comporta pertanto l’inammissibilità dei motivi (cfr. fra le tante, Cass. Civ. S.U. 5 gennaio 2007 n. 36 e 11 marzo 2008 n. 6420; Cass. Civ. Sez. 3, 30 settembre 2008 n. 24339 e 9 maggio 2008 n. 11535).

Anche le censure di vizio di motivazione debbono concludersi con un momento di sintesi, contenente la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione è da ritenere viziata e inidonea a giustificare la decisione (cfr. (Cass. civ. Sez. Un. 1 ottobre 2007 n. 20603 e 18 giugno 2008 n. 16258; Cass. Civ. Sez. 3, 4 febbraio 2008 n. 2652; Cass. Civ. Sez. Ili, 7 aprile 2008 n. 8897, n. 4646/2008 e n. 4719/2008, fra le tante. Da ultimo cfr.

Cass. civ. 29 febbraio 2008 n. 5471; Cass. civ. 18 novembre 2011 n. 24225).

2.- Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

3.- Non essendosi costituita l’intimata non vi è luogo a pronuncia sulle spese.

P.Q.M.

La Corte di cassazione dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 9 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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