Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 03-11-2011) 25-11-2011, n. 43772

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ordinanza in data 16.05.2011 il Tribunale di Roma, costituito ex art. 309 c.p.p., rigettava la richiesta di riesame proposta da D.G. avverso il provvedimento 21.04.2011 (eseguito il 03.05.2011) del Gip dello stesso Tribunale che disponeva nei suoi confronti la custodia cautelare in carcere per il reato di concorso, con il fratello F., nella detenzione a fini di spaccio di Kg.

12 di marijuana, episodio del (OMISSIS).

Trattasi di una vasta indagine su traffico di stupefacenti nella zona sud-est di Roma per il periodo successivo al 2008. L’associazione in questione faceva capo a M.G. coadiuvato in posizione preminente da N.F. e da A.P., con un articolazione diretta da tale F., ed era strutturata sulla partecipazione di molti soggetti in varia misura operativi nel narcotraffico.

In fatto, in nella data anzidetta era stato arrestato D. F. dopo che nella villa di famiglia erano stati rinvenuti Kg.

10 dello stupefacente in una cantina e Kg. 2 in un furgone, il tutto al momento dell’arrivo, nell’abitazione, di N.F. e A. P., preannunciati da una telefonata (intercettata).

Quanto alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico dell’odierno ricorrente, riteneva detto Tribunale che emergessero elementi idonei a configurare non mera connivenza (e cioè solo conoscenza che il fratello detenesse lo stupefacente), ma vero e proprio concorso nella detenzione che doveva ricavarsi dal significato di alcune telefonate (alla fidanzata del fratello ed a M.G., capo dell’organizzazione) che rivelavano la sua piena adesione al gruppo che gestiva il traffico in questione.

Le esigenze cautelari, ricollegate alla gravità del fatto ed al pericolo di reiterazione criminosa, anche in considerazione della latitanza del M., imponevano la custodia carceraria.

2. Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione l’anzidetto indagato che motivava l’impugnazione deducendo: a) esso ricorrente risultava estraneo all’intera indagine, pur condotta con rilevante ampiezza; b) egli risultava sempre ignaro delle vicende del traffico; c) la telefonata con il M., che il Tribunale assume come rilevante, non era avvenuta il 14.09.2009, ma nel Giugno precedente; si trattava di un marchiano errore tra la data della conversazione e quella della trascrizione; ciò comportava diversa interpretazione ed anche incertezza in ordine all’effettivo colloquiante; d) della seconda telefonata non vi era trascrizione, ma solo uno stralcio rinvenibile in una informativa, con dubbio significato in un contesto non noto; e) quanto alle esigenze cautelari, mancata considerazione della risalenza del fatto, del ruolo marginale, dell’incensuratezza, della buona condita sociale e lavorativa, e mancata concessione degli arresti domiciliari pur fruiti da altri indagati in condizione analoga.

3. Il ricorso, fondato nei limiti e nei termini di cui alla seguente motivazione, deve trovare accoglimento.

L’ordinanza impugnata si fonda sulla convinzione che l’indagato non avesse la mera conoscenza che il fratello F. detenesse lo stupefacente, ma ne avesse vera e propria codetezione. In difetto di elementi diretti di prova in ordine ad un possesso in senso più strettamente materiale, il Tribunale si fonda sul tenore di alcune telefonate intercettate che – si sostiene – rivelerebbero un’adesione (almeno generica, stante la mancata imputazione D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 74) al gruppo associato (dunque al di là delle innocue amicizie e dei rapporti familiari). Di tale telefonate, le prime due analizzate (il giorno del fatto -(OMISSIS)- ed il giorno successivo) sono ritenute dallo stesso Tribunale (v. f. 2 dell’ordinanza) rappresentare niente più che la certa consapevolezza, in capo a D.G., della presenza dello stupefacente detenuto dal fratello, dunque non idonee a superare la soglia della mera connivenza. Ed invero – così prosegue il provvedimento (v. f. 3) – "dirimente e decisivo" risulta il colloquio che si dice datato 14.09.2009, ore 21,15, dal quale (poichè non si evidenziano, neppure in linguaggio criptico, riferimenti al sequestro della marijuana del 04.08.09) si dovrebbe ricavare che D.G. aveva consuetudine con il M.. Orbene, al di là del merito del colloquio e della sua interpretazione, deve rilevare questa Corte come, sul punto, sussista un’evidente problema di datazione (che il Tribunale non ha colto) ricavabile dal relativo verbale di trascrizione in forma integrale (ali. 23), problema non facilmente risolvibile sulla base di quanto a disposizione di questa Corte. Ed invero in detto verbale compaiono due date: -14 settembre 2009 (sembrerebbe quale data della telefonata, ore 21,15); -09.06.2009 (sembrerebbe quale data del verbale di trascrizione, ore 10). Però, se la telefonata è del 14 settembre, è all’evidenza errata la data del 9 giugno dello stesso anno quale data della trascrizione. Il testo e le indicate collocazioni rendono probabilmente poco plausibile ipotizzare -come sostiene la difesa- che la data del 14.09.09 si riferisca alle operazioni di trascrizione e che, quindi, la data del 09 Giugno sia quella della telefonata. Può ipotizzarsi, allora, un errore materiale della data del verbale di trascrizione (dunque non il 09 Giugno 09, ma da collocare dopo il 14 settembre), ma tale eventuale errore materiale non può essere in questa sede semplicemente dato per presupposto, senza possibilità di chiarirlo e neppure risolvendolo con una data diversa frutto di più o meno ragionevoli congetture. Del resto il rilevato errore non può non riverberarsi -anche a prescindere dal capovolgimento suggerito dalla difesa- sulla data della telefonata in questione, in un verbale connotato da un (almeno) sicuro errore. Già il punto impone, dunque, annullamento con rinvio perchè si pervenga a più certa collocazione della telefonata, ritenuta dal Tribunale centrale per la decisione, con accesso agli atti a disposizione, e dunque nel confronto con altre risultanze (tra cui la sequenza dei verbali e delle telefonate). E’ poi del tutto evidente, in diretta conseguenza, che anche il significato da attribuire al colloquio in questione può subire diversa interpretazione a seconda della sua collocazione nel tempo. Deve quindi essere rilevato criticamente come appaia non adeguatamente motivato il collegamento che fa il Tribunale -in chiave accusatoria- tra la telefonata in questione, di qualunque data sia (in cui M. ed il G. si rimandano al giorno dopo: "me cerchi te domani"), e quella tra il N. e l’ A. circa un credito vantato dal D.F. (non da G.). Allo stesso modo l’appuntamento tra M. e l’indagato, odierno ricorrente (di cui alla telefonata del 27.09.2009), viene collocato dal Tribunale al livello di elemento indiziario per la codetenzione dello stupefacente di cui all’addebito D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 73 per il fatto del (OMISSIS). Si tratta di elementi che inducono, quanto all’odierno ricorrente, conoscenza e forse frequentazione del M., ma che (non essendo stato contestato il reato associativo) sembrano labili riferimenti in chiave di codetenzione nell’episodio specifico, in mancanza di motivazione che riesca ad esaltare la prospettabile funzionalità di tale frequentazione rispetto all’addebitata codetenzione.- Anche in relazione alle esigenze cautelari, l’ordinanza fa prevalere, senza apprezzabile giustificazione, la gravità del fatto e la ritenuta collocazione dell’indagato nel circuito delinquenziale, rispetto a plurimi elementi positivi (giovane età, incensuratezza, regolare lavoro, risalenza del fatto), in contraddizione con la mancata incolpazione associativa e basandosi su conversazioni nelle quali non si parla (almeno direttamente) di droga. Peraltro l’ordinanza impugnata affronta il tema della necessità della restrizione carceraria, rispetto a forme cautelari meno aspre, che pure erano state chieste dal ricorrente, sempre in base ai presupposti contatti con "il vertice del sodalizio e con i referenti più operativi", pur non risultando in tal senso che due telefonate (concentrate -pare- nel Settembre 2009) con il solo M..

Si impone, pertanto, annullamento per vizio di motivazione, con rinvio al Tribunale di Roma per nuovo giudizio.- Deve seguire altresì la comunicazione prevista dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

A scioglimento della riserva formulata all’udienza del 3 Novembre 2011, così provvede: annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Roma.

Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del presente provvedimento al Direttore dell’Istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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