T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 02-01-2012, n. 1 Armi da fuoco e da sparo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) La ricorrente, agente in servizio presso la Polizia Locale di Milano, espone di aver subito in data 20 febbraio 2011 un furto presso la propria abitazione, nel corso del quale le venivano sottratti la pistola d’ordinanza e il relativo caricatore che teneva occultati sotto la seduta del divano.

In ragione del furto subito la Prefettura di Milano le notificava il provvedimento oggetto dell’impugnazione, con il quale le veniva fatto divieto di detenzione di armi.

La ricorrente sostiene l’erroneità del giudizio di inaffidabilità posto a fondamento del divieto, sul rilievo che l’arma le è stata sottratta in circostanze eccezionali e imprevedibili a mezzo di un illecito perpetrato da malviventi mediante effrazione degli accessi al proprio appartamento; inoltre, il divieto avrebbe enfatizzato un episodio isolato trascurando di considerare l’impeccabile stato di servizio dell’interessata. Anche l’ulteriore circostanza addotta dall’amministrazione a fondamento del provvedimento (avere la ricorrente manifestato disinteresse per la procedura, non avendo dato riscontro alla richiesta di fornire osservazioni sui fatti accaduti in occasione del furto) sarebbe affatto insussistente, non avendo la ricorrente mai ricevuto la raccomandata contenente la richiesta di chiarimenti, a causa di disservizi del’ufficio postale di Locate Triulzi.

L’amministrazione si è costituita in giudizio con atto di pura forma.

2) In via preliminare si osserva che, in relazione agli elementi di causa, sussistono i presupposti per l’adozione di una decisione in forma semplificata, adottata in esito alla camera di consiglio per la trattazione dell’istanza cautelare, stante l’integrità del contraddittorio, l’avvenuta esaustiva trattazione delle tematiche oggetto di giudizio, nonché la mancata enunciazione di osservazioni oppositive delle parti, rese edotte dal Presidente del Collegio di tale eventualità.

Le censure formulate nel ricorso, (con le quali si contesta la mancanza dei presupposti di adozione del divieto in termini di difetto di istruttoria e di motivazione, nonché di eccesso di potere) possono essere trattate congiuntamente perché strettamente connesse sul piano logico e giuridico; esse non meritano condivisione.

Nella materia in esame, i poteri dell’Autorità di pubblica sicurezza sono ampiamente discrezionali e finalizzati alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblici, sicché i relativi provvedimenti negativi sono sufficientemente motivati mediante il riferimento a fatti idonei a far dubitare, anche solo per indizi, della sussistenza dei requisiti di affidabilità richiesti dalla normativa (cfr. in argomento, tra le tante, T.A.R. Molise Campobasso, sez. I, 02 aprile 2008, n. 109), fermo restando che rientra nella discrezionalità amministrativa la valutazione, ai fini del giudizio di affidabilità rispetto al non abuso dell’arma, di singoli episodi anche privi di rilevanza penale (cfr. in argomento T.A.R. Liguria Genova, sez. II, 28 febbraio 2008, n. 341; T.A.R. Piemonte Torino, sez. II, 17 marzo 2007, n. 1317).

L’abuso dell’arma non richiede necessariamente condotte commissive, ma è suscettibile di configurarsi anche mediante comportamenti omissivi, consistenti nel mancato assolvimento degli oneri di custodia che, a tutela generale della pubblica sicurezza e per evidenti finalità di prevenzione dei pericoli derivanti dall’uso delle armi, l’ordinamento impone a chi detenga armi o esplosivi (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 27 gennaio 2009 n. 420).

Nel caso di specie, la scarsa diligenza manifestata dalla ricorrente nella conservazione dell’arma oggetto di furto costituisce circostanza sufficiente a sorreggere il provvedimento interdittivo adottato dal Prefetto, specie considerando che la ricorrente, in luogo di conservare l’arma in dotazione in luogo sicuro e adeguatamente protetto, la teneva in casa senza osservare alcuna cautela, non potendosi considerare il suo occultamento sotto la seduta del divano precauzione idonea ad evitarne il rinvenimento e la sottrazione, come in effetti è poi avvenuto.

Tale condotta, evidenziando l’omissione della necessaria diligenza nella custodia dell’arma, integra un comportamento di oggettiva gravità, di per sé idoneo, secondo il criterio dell’id quod plerumque accidit, a far dubitare dell’affidabilità del titolare della licenza, specie considerando la rilevanza primaria degli interessi all’ordine e alla sicurezza pubblici coinvolti nella materia de qua, con conseguente ragionevolezza della valutazione espressa dall’amministrazione.

La giurisprudenza ha posto in evidenza come, ai fini del provvedimento interdittivo, rivestano rilevanza anche una mera disattenzione o un deficit di diligenza nell’impiego delle cautele dirette ad impedire che persone diverse dal titolare possano impadronirsi e servirsi dell’arma (cfr. CdS, sez. VI, 11 dicembre 2009 n. 7774; id. 2 aprile 2010 n. 1896).

In senso contrario non rilevano la "storia e le capacità professionali" della ricorrente, né che la ricorrente medesima non si sia resa responsabile di altre condotte espressive di scarsa affidabilità, in quanto entrambe le circostanze nulla tolgono alla gravità della condotta posta in essere e valorizzata dall’amministrazione.

In tale quadro, il provvedimento impugnato, oltre a basarsi su specifiche risultanze istruttorie, esplicita, seppure in modo sintetico, il quadro fattuale e giuridico posto a suo fondamento, sicché sono immediatamente percepibili le ragioni sottese alla determinazione assunta, con conseguente infondatezza della censura di carenza motivazionale, specie considerando che, secondo la costante giurisprudenza, la motivazione dei provvedimenti in materia di armi, attesa l’ampia discrezionalità che li caratterizza, è censurabile solo se del tutto mancante o manifestamente illogica, in quanto spetta all’Amministrazione decidere se il soggetto dia o meno affidamento in ordine al non abuso dell’arma (cfr. C.d.S., sez. IV, 19 dicembre 1997, n. 1440; Tar Veneto, 1 giugno 2001, n. 1383; Tar Piemonte, sez. II, 14 aprile 2004, n. 849).

Il Collegio ritiene che gli argomenti sin qui esaminati siano di per sé sufficienti a confermare la correttezza delle valutazioni effettuate dall’Autorità e trasfuse nel provvedimento impugnato. Conseguentemente, non è rilevante ai fini del decidere l’esame dell’ulteriore censura la cui eventuale fondatezza non potrebbe in ogni caso condurre all’annullamento dell’atto impugnato.

Invero, il provvedimento a motivazione plurima non può essere annullato qualora anche uno solo dei motivi fornisca autonomamente la legittima e congrua giustificazione della determinazione adottata (T.A.R. Toscana Firenze, sez. II, 13 ottobre 2010, n. 6457; T.A.R. Campania Napoli, sez. VIII, 02 luglio 2010, n. 16564; sez. VIII, 03 febbraio 2010, n. 555).

In definitiva, il ricorso è infondato e deve essere respinto.

Le spese, come di regola, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando,

respinge il ricorso, come in epigrafe proposto;

condanna la ricorrente al pagamento in favore dell’amministrazione resistente delle spese e degli onorari di lite, che liquida complessivamente in Euro 300,00 oltre IVA e CPA se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 10 novembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Domenico Giordano, Presidente, Estensore

Stefano Celeste Cozzi, Referendario

Raffaello Gisondi, Referendario

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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