Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 03-11-2011) 25-11-2011, n. 43771

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con ordinanza, deliberata il 16 maggio 2011 e depositata il 30 maggio 2011, il Tribunale ordinario di Roma, in funzione di giudice distrettuale del riesame delle ordinanze che dispongono misure coercitive, ha confermato l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di quella stessa sede, 21 aprile 2011, di custodia cautelare in carcere a carico di S.W., indagato per il delitto di associazione finalizzata al traffico degli stupefacenti, ai sensi del Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 74, per la partecipazione alla organizzazione capeggiata da M.G. e operante nella zona sud – est di Roma, con permanenza protratta dal maggio 2008 al’agosto 2010, nonchè per due reati scopo ascritti ai capi 13 e 14 della rubrica del provvedimento coercitivo.

Sulla base del compendio indiziario, costituito dalle intercettazioni, dai servizi di osservazione, dal sequestro di varie partite di stupefacenti e dagli arresti in flagranza di alcuni associati, il Tribunale ha, con specifico riguardo ai singoli reati, ha motivato:

a) in ordine al concorso con M., N.M., S., P.P. e con il cognato B.D., nella detenzione di un chilogrammo di cocaina (trasportato nella abitazione del ridetto congiunto, per la lavorazione e il confezionamento), in seguito alle intercettazioni delle conversazioni dell’indagato e degli altri sodali compartecipi, la polizia giudiziaria irruppe nella abitazione di B., sorprendendo S. nel mentre tentava di sopprimere la cocaina, gettandola nella tazza della latrina, senza tuttavia conseguire l’intento, in quanto la polizia giudiziaria riuscì a recuperare grammi 42,10 di stupefacente già disciolto nell’acqua; la negativa difensiva del contributo dell’indagato alla concorsuale condotta è resistita dal coinvolgimento di S. nei "contatti propedeutice al traffico suddetto; e ulteriore conferma della compartecipazione è offerta dalla recriminazione di F. (nel corso della conversazione con Vignone del 7 marzo 2010) che nè l’interlocutore nè S. si fossero avveduti dell’appostamento della polizia giudiziaria;

b) in ordine al concorso con Fi.Ma.Gr. nella detenzione di grammi 19 di cocaina, sequestrati nella abitazione di costei, e di una ulteriore, più consistente partita di un chilogrammo della stessa sostanza sequestrato in altro appartamento della donna, la tesi difensiva che le comunicazioni telefoniche tra l’indagato e la Fi. avessero a oggetto non la cocaina, bensì – ed esclusivamente – la relazione sentimentale intrattenuta dai due interlocutori è confutata dal rilievo del ritrovamento della droga in esito alla perquisizione operata in seguito alla conversazioni intercettate, nel corso delle quali l’indagato e la amante facevano riferimento al traffico con espressioni allusive o criptiche, come ad esempio la sollecitazione della Fi. a S. di portarle "quindici Euro";

c) in ordine al delitto associativo, la condotta associativa di referente del sodale F., con funzioni di raccordo e di collaborazione nel traffico, è dimostrata dai numerosissimi colloqui intercettati, della stabilità dei rapporti tra l’indagato e i sodali, dalla continuativa collaborazione prestata da S. nella attività di cessione; è "emblematica" la conversazione nel corso della quale F. interessa S. per la realizzazione di una nuova pressa, occorrente alla organizzazione per la lavorazione della droga; il rapporto intrattenuto con F. è assolutamente fiduciario; ulteriori colloqui con terzi acquirenti dimostrano l’attività di spaccio di S.; conclusivamente il vicendevole ausilio offerto dalle reciproche condotte alla attuazione del programma criminale, ha pienamente integrato gli estremi del delitto associativo.

2. – Ricorre per cassazione l’indagato, col ministero del difensore di fiducia, avvocato Gianluca Tognozzi, mediante atto recante la data del 14 giugno 2011, col quale denunzia, à sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, deducendo: le risultanze investigative non permettono di supporre che S. fosse "stabilmente inserito in alcuna organizzazione"; le conversazioni valutate a carico dell’indagato sono sporadiche e contenute in uno "spazio temporale ridotto", il Tribunale ha omesso di motivare circa la esistenza "del sodalizio criminoso"; inoltre c’è incertezza in ordine al ruolo associativo di S.; gli investigatori lo considerano "personaggio marginale"; il supposto ruolo di raccordo è contraddetto dalla circostanza che l’indagato per contattare M. dovette "rivolgersi sostanzialmente al F. stesso o, comunque, alla famiglia di quest’ultimo"; il tono di M. nelle telefonate con S. "è tutt’altro che confidenziale";

l’interessamento dell’indagato per la difesa del cognato B. è espressione non della affectio societatis, bensì del "legame di affinità"; S. si era adoperato per scagionare il congiunto; l’ottemperanza alle disposizioni di M. "trova fondamento nell’intimidazione subita"; la supposizione del concorso dell’indagato nella detenzione della droga trasportata nella abitazione di B. è illogica e disancorata dalle emergenze investigative; quanto all’ulteriore reato fine, i colloqui telefonici tra S. e la Fi. concernono "unicamente al rapporto extraconiugale tra i due"; nel corso della telefonata del 25 febbraio 2010 " S. avanza esplicite richieste di natura sessuale alla Fi."; dovevano essere apprezzati "il tono, il registro e il ritmo della conversazione"; il Tribunale ha omesso di pronunciarsi sull’"ascolto delle bobine magnetiche"; nella conversazione del 25 febbraio 2010, n. 4162, il riferimento della Fi. è alla "relazione parallela (..) del S. con la propria compagna ufficiale"; il Collegio ha "arbitrariamente" ritenuto che la menzione della consegna di quindici Euro, nella telefonata delle ore 17.05 del 25 febbraio 2010, fosse allusiva alla fornitura della cocaina; come risulta dal servizio di osservazione, S. non è salito nella abitazione della donna; inoltre la droga (supposto oggetto della cessione di pochi istanti prima) fu trovata dalla polizia giudiziaria "già stipata in una calza, nascosta in uno stivale custodito nella camera da letto della Fi.". 3.-Il ricorso è infondato.

Alla stregua della ampia rappresentazione operata dal Tribunale delle deduzioni difensive, risulta escluso che tra i temi sottoposti al giudice del riesame vi fosse pur quello concernente la effettiva esistenza della associazione finalizzata al traffico degli stupefacenti capeggiata dal M.: il Collegio ha, infatti, premesso che S. negava la sua personale partecipazione alla organizzazione argomentando che sarebbe emersa la "estraneità" di esso indagato alla associazione in parola (senza che, pertanto, ne fosse contestata la esistenza).

Orbene, in relazione alla succitata questione (con riferimento alla quale il ricorso reca la denunzia dell’omesso esame da parte del giudice a quo) il ricorrente – con palese inosservanza del canone della autosufficienza del ricorso, espressione del requisito della specificità dei motivi sanzionato a pena di inammissibilità – ha omesso di rappresentare e dimostrare di aver sollecitato l’esame del giudice di merito colla richiesta di riesame, ovvero con motivi nuovi ai sensi dall’art. 309 c.p.p., comma 6, o mediante memoria ovvero, infine, con dichiarazione inserita a verbale.

Epperò le relative deduzioni, costituenti censure di merito in punto di fatto, non possono trovare ingresso nella sede del presente scrutinio di legittimità, in quanto non sono riconducibili ai vizi della motivazione del provvedimento impugnato in relazione alla tipologia dei motivi di ricorso contemplata dall’art. 606 c.p.p., comma 1.

Per il resto non ricorre vizio alcuno della motivazione.

Il giudice a quo ha dato conto adeguatamente – come illustrato nel paragrafo che precede sub 1. – delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da illogicità di sorta, sicuramente contenuta entro i confini della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione (v. per tutte: Cass., Sez. 1, 5 maggio 1967, n. 624, Maruzzella, massima n. 105775 e, da ultimo, Cass., Sez. 4, 2 dicembre 2003, n. 4842, Elia, massima n. 229369) e, pertanto, sottratta a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità; laddove le deduzioni, le doglianze e i rilievi residui espressi dal ricorrente, benchè inscenati sotto la prospettazione di vitia della motivazione, si sviluppano tutti nell’orbita delle censure di merito, sicchè, consistendo in motivi diversi da quelli consentiti dalla legge con il ricorso per cassazione, sono inammissibili à termini dell’art. 606 c.p.p., comma 3. 3.3 – Conseguono il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La Cancelleria provvederà agli adempimenti di rito ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

P.Q.M.

A scioglimento della riserva del 3 novembre 2011:

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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