Cass. civ. Sez. III, Sent., 12-06-2012, n. 9515

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Nel luglio del 2004 il Ministero della Salute propose appello avverso la sentenza del tribunale di Napoli con la quale era stata accolta la domanda di risarcimento proposta da E.G. in relazione ai danni da lui lamentati (contrazione del virus HCV) in conseguenza di una trasfusione di sangue infetto.

La corte di appello di Napoli, investita del gravame proposto dal ministero, lo rigettò nella sostanza, disponendo che, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dalla somma liquidata all’appellato a titolo di risarcimento del danno, fossero detratti gli importi corrispostigli dall’appellante a titolo di indennizzo ex L. n. 210 del 1992.

La sentenza è stata impugnata dal Ministero con ricorso per cassazione sorretto da cinque motivi di doglianza.

Resiste con controricorso E.G..

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2935 (erroneamente indicato in ricorso, per un presumibile lapsus calami, come art. 2035) e 2947 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2935 e 2947 c.c. (decorrenza della prescrizione) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Eccezione di prescrizione.

Decorrenza dalla data di presentazione della richiesta di indennizzo post-trasfusionale, data in cui, usando l’ordinaria diligenza e alla stregua delle conoscenze mediche esistenti, l’attore era in grado di conoscere la causa del contagio.

I motivi – che hanno entrambi ad oggetto la questione della corretta individuazione del dies a quo della prescrizione del diritto al risarcimento del danno da emotrasfusione, e si prestano, pertanto, ad un esame congiunto – sono fondati. Premessa la correttezza del dictum della corte territoriale in punto di corretta individuazione della fattispecie prescrizionale applicabile (a decorrenza quinquennale e non decennale, come erroneamente opinato dal tribunale in prime cure), osserva il collegio come questa stessa corte, a sezioni unite, abbia avuto modo di affermare, in argomento (Cass. 581/2008), che, ai fini della decorrenza della prescrizione, non può darsi rilievo ai verbali delle competenti commissioni mediche onde inferirne il principio che soltanto alla data della comunicazione del relativo responso sia lecito collocarne il relativo dies a quo, dovendosi viceversa ritenere che la prescrizione cominci a decorrere da quando la vittima, usando l’ordinaria diligenza, avrebbe potuto percepire la malattia quale conseguenza di un fatto ingiusto, percezione da verificare non in relazione alla posizione del soggetto leso, ma alla comune conoscenza scientifica ragionevolmente esigibile in una data epoca dai soggetti cui si era rivolta (o avrebbe dovuto rivolgersi) la persona lesa.

Correttamente e condivisibilmente parte ricorrente assume, pertanto, che, nell’anno 1997, rientrava nel patrimonio di nozioni acquisite dalla comunità scientifica – e comunque esigibili dall’uomo medio – la percezione della verosimile derivazione causale dell’infezione, e altrettanto condivisibilmente evidenzia come la richiesta di indennizzo e quella di risarcimento siano fondate su presupposti totalmente diversi, onde la impredicabilità di qualsivoglia effetto interruttivo dell’una rispetto alla domanda dell’altro. Non senza considerare, come ancora evidenziato dalla poc’anzi ricordata pronuncia 581/2008, che la parte danneggiata, presentando la richiesta di indennizzo, dimostra ex facto il raggiungimento di una sufficiente consapevolezza in ordine alle effettive cause del contagio, consapevolezza irrimediabilmente funzionale all’inevitabile decorrere del termine di prescrizione: nella specie, il ricorrente, dopo aver presentato domanda di indennizzo il 10 giugno 1997, ha poi notificato l’atto di citazione il 9 ottobre del 2002, in epoca, cioè, successiva allo spirare del quinquennio entro il quale la domanda risarcitoria andava presentata. All’accoglimento dei primi due motivi di ricorso consegue l’assorbimento delle ulteriori ragioni di doglianza rappresentati con i motivi 3 4 e 5.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, questa corte, in applicazione dell’art. 384 c.p.c., può decidere la causa nel merito, e rigettare la domanda risarcitoria per intervenuta prescrizione del diritto con essa fatto valere.

La disciplina delle spese, che – per motivi di equità scaturente dalla obbiettiva, sia pur diacronica incertezza e delicatezza della materia trasfusionale sotto il profilo risarcitorio – possono essere in questa sede compensate, segue come da dispositivo.

P.Q.M.

La corte accoglie il ricorso e, decidendo nel merito, rigetta la domanda. Dichiara interamente compensate le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 8 febbraio 2012.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *