Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 03-11-2011) 25-11-2011, n. 43765

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con ordinanza, deliberata il 16 maggio 2011 e depositata il 18 giugno 2011, il Tribunale ordinario di Roma, in funzione di giudice distrettuale del riesame delle ordinanze che dispongono misure coercitive, ha confermato l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di quella stessa sede, 21 aprile 2011, di custodia cautelare in carcere a carico di C.S. e di F.L., indagati per il delitto di associazione finalizzata al traffico degli stupefacenti, ai sensi dell’art. 74 del Testo Unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, per la partecipazione alla organizzazione capeggiata da M. G. e operante nella zona (OMISSIS), con permanenza protratta dal maggio 2008 al’agosto 2010, essendo addebitati: 1) a C., detto (OMISSIS), il "ruolo di stabile acquirente", unitamente a V.M., delle partite di stupefacente somministrate da S.D., custodite da V. e, quindi, consegnate a M.; 2) a F. il ruolo di collaboratore di C. (e V.), di spaccio e di riscossione dei crediti connessi al traffico.

Il Collegio ha motivato: in rito, è infondata l’eccezione difensiva di nullità della ordinanza coercitiva per mancanza di motivazione in quanto il giudice del riesame "può sanare colla propria motivazione le carenza argomentative del provvedimento pur quando esse siano tali da dar luogo alle nullità", sicchè la motivazione del tribunale pone riparo "alla eventuale insufficienza motivazionale del provvedimento impugnato"; nel merito gli indagati sono gravati dal compendio indiziario, costituito dai sequestri di varie partite di stupefacenti, dagli arresti in flagranza di alcuni associati, dai servizi di osservazione, dalle intercettazioni delle copiose comunicazioni e intercettazioni (diffusamente illustrate e riportate anche con testuali citazioni delle trascrizioni) e dalle dichiarazioni del sodale colla-borante S.M.E.A. I.S.; costui ha offerto la chiave di lettura di espressioni criptiche usate nelle comunicazioni per celare il riferimento al traffico degli stupefacenti; le indagini hanno accertato i punti di ritrovo degli associati, i luoghi di deposito dello stupefacente, i laboratori, la disponibilità di adeguata strumentazione, come le presse sequestrate a Fi. e Fr.; il ricorso da parte degli associati a espressioni convenzionali e gergali in uso al gruppo; quanto alle esigenze cautelari, peraltro presunte, la ricorrenza delle medesime è conclamata dai "plurimi e gravi precedenti penale degli indagati (specificamente indicati per ciascuno di essi) e dalla loro latitanza.

2. – Ricorrono per cassazione gli indagati: C. col ministero del difensore di fiducia, avvocato Cesare Placanica, mediante atto recante la data del 28 giugno 2011; F. personalmente mediante atto di pari data.

2.1 – C. dichiara promiscuamente di denunciare, à sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), c) ed e), "violazione" dell’art. 74, comma 2, del Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 192 c.p.p., comma 2, e art. 292 c.p.p., comma 2, nonchè mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, opponendo: le dichiarazioni di S.M.E.A.I.S., in ordine all’approvvigionamento degli stupefacenti e alla appartenenza alla associazione, non sono confortate da "alcun riscontro aggettivo"; le intercettazioni non offrono la dimostrazione della condotta delittuosa; al ricorrente non è addebitato alcun reato scopo; non è stato rinvenuto alcun garage nella disponibilità di V., nè è stato sequestrata droga "in luoghi riconducibili" a costui; le risultanze investigative "sono al più rappresentative di una condotta che può destare sospette.

2.2 – F. sviluppa tre motivi con i quali dichiara promiscuamente di denunciare, à sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), c) ed e), inosservanza o erronea applicazione della legge penale, o di altre norme giuridiche di cui si deve tenere conto nella applicazione della legge penale, in relazione all’art. 74 del Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (secondo motivo); inosservanza di norme processuali in relazione all’art. 292 c.p.p., comma 2, lett. c), (primo motivo), in relazione all’art. 273 c.p.p. (secondo motivo), in relazione all’art. 274 c.p.p. (terzo motivo); nonchè mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione (primo, secondo e terzo motivo).

2.2.1 – Con il primo motivo il ricorrente deduce: l’implicito riconoscimento della fondatezza della eccezione difensiva di nullità, per vizio di motivazione, della ordinanza di custodia cautelare in carcere comportava l’annullamento del provvedimento coercitivo riesaminato, in quanto al giudice del riesame è attribuito il "integrativo confermativo e non sostitutivo di un atto nulla". 2.2.2 – Col secondo motivo il ricorrente oppone: nessun reato fine è addebitato all’indagato; le conversazioni intercettate (colo cinque) e i contatti censiti tra i supposti associati non offrono la dimostrazione della condotta associativa; le dichiarazioni di S. M.E.A.I.S. sono prive di riscontri esterni individualizzanti; la ricostruzione del giudice del riesame è affatto "congetturale". 2.2.3 – Col terzo motivo il ricorrente denunzia, in relazione alla esigenze cautelari: la motivazione della ordinanza impugnata omette di dar conto della attualità delle medesime; la condotta ipotizzata è risalente nel tempo, rispetto al momento di applicazione della misura; il giudice del riesame non ha dimostrato che il pericolo di reiterazione sia attuale.

3.-Il ricorsi sono entrambi infondati.

3.1 – Non ricorre – alla evidenza – il vizio della violazione di legge:

– nè sotto il profilo della inosservanza (per non aver il giudice a quo applicato una determinata disposizione in relazione all’operata rappresentazione del fatto corrispondente alla previsione della norma, ovvero per averla applicata sul presupposto dell’accertamento di un fatto diverso da quello contemplato dalla fattispecie);

– nè sotto il profilo della erronea applicazione, avendo il Tribunale esattamente interpretato le norme applicate, alla luce dei principi di diritto fissati da questa Corte.

E’ appena il caso di aggiungere, in relazione al primo mezzo di impugnazione di F., che al di là della (non decisiva) citazione alcuni arresti di legittimità, il giudice del riesame non ha punto accertato – come pretende il ricorrente – la nullità della ordinanza riesaminata (per radicale carenza di motivazione); nè, peraltro, la parte ha dimostrato che il provvedimento coercitivo sia inficiato dalla mancanza (assoluta) della motivazione la quale – a differenza della insufficienza sanata dal Tribunale – comporta la nullità della ordinanza.

3.2 – Neppure ricorre vizio alcuno della motivazione.

Il giudice a quo ha dato conto adeguatamente – come illustrato nel paragrafo che precede sub 1. – delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da illogicità di sorta, sicuramente contenuta entro i confini della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione (v. per tutte: Cass., Sez. 1^, 5 maggio 1967, n. 624, Maruzzella, massima n. 105775 e, da ultimo, Cass., Sez. 4^, 2 dicembre 2003, n. 4842, Elia, massima n. 229369) e, pertanto, sottratta a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità; laddove le deduzioni, le doglianze e i rilievi residui espressi dal ricorrente, benchè inscenati sotto la prospettazione di vitia della motivazione, si sviluppano tutti nell’orbita delle censure di merito, sicchè, consistendo in motivi diversi da quelli consentiti dalla legge con il ricorso per cassazione, sono inammissibili à termini dell’art. 606 c.p.p., comma 3. 3.3 – Conseguono il rigetto dei ricorsi e la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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