Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 12-06-2012, n. 9513

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Lamezia Terme, giudice del lavoro, ha dichiarato, riguardo alla domanda di risarcimento del danno biologico, alla vita di relazione ed esistenziale, proposta dal dr. B.F., già dipendente dell’Azienda Sanitaria Locale n. (OMISSIS) della stessa città fino al mese di agosto 2002, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario per i fatti antecedenti al 1 luglio 1998 e rigettato la domanda per i fatti descritti come avvenuti in epoca successiva.

Il Tribunale, qualificata la domanda risarcitoria del dott. B. come azione contrattuale, ha ritenuto che per le condotte poste in essere prima del 30 giugno 1998 fosse da dichiarare il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e la giurisdizione del giudice amministrativo; che, per i fatti successivi, la domanda del dott. B. si rivelava priva di fondamento, attenendo la condotta descritta ad una situazione di "disagio collettivo" dei medici dirigenti del reparto ovvero al mancato adempimento di istituti contrattuali riferiti a tutto il personale operante presso l’Unità di Neonatologia.

2. La sentenza è stata gravata di appello dal dott. B. che ne assume la erroneità, evidenziando che la qualificazione, peraltro contestabile, della domanda come azione contrattuale, non conduceva alla declaratoria di difetto di giurisdizione del giudice ordinario, atteso che gli atti e le omissioni, riferibili all’ASL, tutti assolutamente collegati ed ininterrotti, costituivano condotte illecite permanenti, oggettivamente mobbizzanti e tutte orientate inscindibilmente al mantenimento di una condizione di indebita sottomissione del ricorrente a logiche antigiuridiche, immediatamente lesive del suo diritto al riconoscimento della posizione di lavoro.

La condotta dell’ASL n. (OMISSIS) di Lamezia Terme, nei confronti di esso appellante, non era legata puramente e semplicemente a soli atti amministrativi – pur contenenti effetti permanenti – ma era caratterizzata da condotte omissive che parimenti concorrevano con gli atti formali a costituire il comportamento dell’azienda sanitaria, denunciato in ricorso, come complessivamente frutto di una strategia mobbizzante ed illecita, coscientemente posta in essere senza soluzione di continuità. Censurava, inoltre, la sentenza appellata anche con riguardo alla affermata irrilevanza dei mezzi di prova articolati, erroneamente considerati con esclusivo riferimento al periodo successivo al 30 giugno 1998, ed alla ritenuta insussistenza della condotta vessatoria, avendo egli analiticamente descritto, nel ricorso introduttivo, la sua personale vicenda.

Chiedeva, quindi, la totale riforma della sentenza appellata.

Costituitasi, l’Azienda Sanitaria Locale n. (OMISSIS) di Lamezia Terme, assumeva l’infondatezza delle censure dell’appellante ed invocava il rigetto dell’appello con conferma della sentenza di primo grado.

La corte d’appello di Catanzaro con sentenza del 14 febbraio 2008 – 14 luglio 2008 ha rigettato l’appello, così confermando la sentenza di primo grado, ed ha compensato le spese tra le parti.

3. Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione il B. con tre motivi.

Resiste con controricorso la parte intimata.

Il ricorrente ha anche depositato memoria.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è articolato in tre motivi.

Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 45 per non aver la corte d’appello considerato che nella specie si trattava di illecito permanente e che quindi sussisteva la giurisdizione del giudice ordinario per essere la permanenza ancora in corso al momento del passaggio della giurisdizione del giudice amministrativo al giudice ordinario.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione: la corte d’appello non ha considerato ulteriori delibere da cui pure risultava il mobbing subito.

Con un terzo motivo il ricorrente denuncia ancora vizio di motivazione in ordine alla mancata ammissione della prova richiesta.

2. Il ricorso è nel suo complesso inammissibile.

3. Tale è innanzitutto il primo motivo di ricorso che si conclude con il seguente quesito di diritto: "dica la corte se, in presenza di un comportamento illecito permanente dell’azienda nei confronti di un dipendente con rapporto di lavoro privatizzato, adottato prima e dopo il 30 giugno 1998, la giurisdizione debba essere attribuita al giudice ordinario unitariamente per i fatti intercorsi per l’intero periodo fino alla loro cessazione successiva al 30 giugno 1998".

Nella specie la corte d’appello ha ritenuto che non si trattasse di un illecito permanente, ma di singole, distinte e specifiche condotte, essenzialmente riconducibili a procedure concorsuali di attribuzione di incarichi o qualifiche, di cui il ricorrente ha lamentato il carattere ingiusto, discriminatorio e quindi illecito.

Pertanto il quesito di diritto non è concludente perchè è vero che in presenza di illecito permanente proseguito dopo il 30 giugno 1998 sussiste la giurisdizione del giudice ordinario sull’intera controversia, ma nella specie la corte d’appello non ha affatto affermato un diverso principio, ma ha escluso, in punto di fatto, il presupposto dell’illecito permanente ritenendo che dalle risultanze di causa emergessero essere invece plurime le condotte censurate dal ricorrente.

4. Il secondo motivo di ricorso, con cui il ricorrente denuncia vizio di motivazione della sentenza impugnata, è parimenti inammissibile per mancanza della sintesi degli elementi di fatto da cui dovrebbe desumersi l’insufficienza o la contraddittorietà della motivazione.

Il quesito infatti – del seguente tenore "dica la corte se sia viziata per omissione, insufficienza e contraddittorietà della motivazione una sentenza che adduce confusionarie indicazioni su dati cronologici che invece hanno carattere determinante, omette di considerare censure articolatamente dedotte nel ricorso e infine ignora precisi elementi di fatto addotti e documentati nel ricorso medesimo e confluenti nella dimostrazione del carattere permanente degli atti lesivi denunciati dal ricorrente tali da attribuire al giudice ordinano la giurisdizione per l’intero periodo anteriore successivo al 30 giugno 1998 – si sostanzia infatti in una generica critica della sentenza impugnata.

5. Infine inammissibile è anche il terzo motivo che si chiude con il seguente quesito di diritto: dica la corte se, in presenza di una specifica richiesta di ammissione di prova non solo orale, il giudice di merito possa ricusarne la ammissione adducendo motivazioni peraltro insufficienti riferite solo a una parte delle prove richieste. L’assoluta genericità della censura ridonda in inammissibilità della stessa.

6. Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.

Sussistono giustificati motivi (in considerazione dell’evoluzione giurisprudenziale sulla portata e l’incidenza del quesito di diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c.) per compensare tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte, a Sezioni Unite, dichiara inammissibile il ricorso;

compensa tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 22 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2012
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