T.A.R. Lazio Roma Sez. II ter, Sent., 03-01-2012, n. 54

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Con l’istanza del 18.2.2010 il signor M.D.M., nella qualità di legale rappresentante della società DMM s.n.c., ha chiesto il rilascio dell’autorizzazione unica di cui alla L.R. Lazio n. 21 del 2006, ivi rappresentando di essere già titolare dell’autorizzazione ai sensi dell’articolo 3, lett. C), della L. n. 287 del 1991.

Il comune vi ha dato riscontro con la comunicazione dell’avvio del procedimento e contestuale preavviso di rigetto di cui alla nota prot. n. 14606/2010 del 14.5.2010, nei confronti della quale la ricorrente società ha prodotto controdeduzioni con la nota del 20.5.2010; tuttavia, con la Det. n. 679 del 2 luglio 2010, comunicata con la nota del 7.7.2010, il comune ha provveduto alla richiesta conversione con l’avvertenza che l’attività poteva continuare ad essere svolta solo congiuntamente ad altra attività prevalente, ai sensi dell’articolo 6, comma 1, lett. a), della L.R. n. 21 del 2006.

Quindi, con la successiva Det. n. 808 del 29 luglio 2010, notificata il 4.8.2010, il comune ha denegato il rilascio dell’autorizzazione alla somministrazione al pubblico di alimenti e bevande sulla base del combinato disposto degli articoli 10, comma 4, e 11 del nuovo regolamento comunale in materia e considerato che in precedenza era stata disposta la conversione del titolo autorizzatorio già posseduto da parte della stessa.

Con il ricorso in trattazione la società ricorrente ha impugnato le dette determinazioni, deducendone l’illegittimità per i seguenti motivi di censura:

1- Violazione dell’articolo 20 della L. n. 241 del 2000 ed eccesso di potere per l’intervenuta formazione del silenzio, per violazione dell’articolo 4, comma 5, del regolamento della Regione Lazio n. 1 del 19.1.2009 e dell’articolo 17, comma 4, della deliberazione C.C. n. 35 del 2010.

Sull’istanza della società ricorrente del 18.2.2010 presentata ai fini del rilascio dell’autorizzazione di somministrazione al pubblico si sarebbe già formato, alla data di adozione delle impugnate determinazioni, il provvedimento tacito per silenzio assenso sulla base dell’articolo 4, comma 5, del regolamento regionale n. 1 del 2009 e dell’articolo 17, comma 4, della deliberazione C.C. n. 35 del 2010.

2- Violazione e falsa applicazione degli articoli 41 e 117 della Costituzione e del D.L. n. 223 del 2006 ed eccesso di potere per violazione della normativa comunitaria in materia di tutela della concorrenza e del mercato, per sviamento, per contraddittorietà, per illogicità, per ingiustizia manifesta, per travisamento dei fatti e per difetto di istruttoria ed idonea motivazione.

La innovativa normativa di cui alla deliberazione C.C. n. 35 del 2010, invocata da parte dell’amministrazione a fondamento delle impugnate determinazioni, non avrebbe in realtà potuto avere applicazione nel caso di specie, in quanto approvata in un momento successivo alla presentazione dell’istanza di cui trattasi; la stessa deliberazione sarebbe altresì illegittima, nella parte in cui sancisce il divieto di rilascio di nuove autorizzazioni alla somministrazione in alcune zone del centro della città, in quanto in contrasto con la normativa nazionale e comunitaria nella materia e, comunque, ai predetti fini, l’amministrazione avrebbe almeno dovuto provvedere con adeguata istruttoria relativa all’effettivo stato delle cose nel quartiere San Lorenzo.

Inoltre il diniego impugnato sarebbe illegittimo anche sotto il profilo dell’erroneità della motivazione in quanto, muovendo dal presupposto che l’autorizzazione di cui già è titolare la società ricorrente sia ostativa al rilascio dell’autorizzazione "unica", limita ingiustificatamente la potenzialità espansiva del titolo.

3- Violazione e falsa applicazione dell’articolo 25, comma 6, della L.R. Lazio n. 21 del 2006 ed eccesso di potere per violazione dell’articolo 11 della deliberazione C.C. n. 36 del 2006 e degli articoli 10, comma 4, e 11 della deliberazione C.C. n. 35 del 2010, e per travisamento dei fatti e difetto dei presupposti.

L’impugnata deliberazione comunale non avrebbe potuto, comunque, trovare applicazione nel caso di specie proprio in quanto la società ricorrente era in realtà già titolare di un titolo autorizzatorio per la somministrazione, essendo, invece, la detta deliberazione indirizzata esclusivamente alle nuove attività di somministrazione.

Il Comune di Roma si è costituito in giudizio in data 2.12.2010, depositando memoria difensiva, con allegata documentazione, con la quale ha argomentatamente dedotto l’infondatezza nel merito del ricorso del quale ha chiesto il rigetto.

Con l’ordinanza n. 5248/2010 del 9.12.2010 ( riformata in appello con l’ordinanza del C.d.S., sez. V, n. 1180/2011 del 15.3.2011 ai soli fini della sollecita fissazione del merito di primo grado) è stata respinta l’istanza di sospensione cautelare dell’esecutività dei provvedimenti impugnati.

Con la memoria del 7.11.2011 Roma Capitale ha ribadito le proprie difese, insistendo per il rigetto del ricorso.

Alla pubblica udienza del 15.12.2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da separato verbale di causa.

Motivi della decisione

1. – Il ricorso è infondato nel merito per le considerazioni che seguono.

1.a – Con il primo motivo di censura la ricorrente ha dedotto l’intervenuta formazione del silenzio assenso sulla sua istanza di rilascio dell’autorizzazione alla somministrazione al pubblico di alimenti e bevande inoltrata all’amministrazione comunale in data 18.2.2010.

Il Regolamento regionale Lazio del 19 gennaio 2009, n. 1, dispone al comma 5 dell’articolo 4, rubricato " Autorizzazione all’apertura degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande.", che "5. Qualora entro novanta giorni dalla presentazione della domanda di rilascio dell’autorizzazione, attestata dal protocollo del comune, non venga comunicato al richiedente il provvedimento di diniego … la domanda si intende accolta"; la richiamata deliberazione C.C. n. 35 del 2010, concernente il nuovo regolamento comunale nella materia, a sua volta, dispone all’articolo 17, comma 4, che "qualora entro 90 giorni dalla presentazione della domanda di rilascio dell’autorizzazione per l’apertura dell’esercizio di somministrazione attestata dal protocollo del Municipio, non venga comunicato al richiedente il provvedimento di diniego, la domanda si intende accolta …".

Va poi aggiunto che il preavviso di diniego – atto di natura endoprocedimentale volto a garantire il diritto in capo agli istanti "di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti" – ai sensi dell’articolo 10 bis, comma 2, della L. n. 241 del 1990, comporta l’effetto dell’interruzione dei termini per la conclusione del procedimento i quali, conseguentemente, iniziano nuovamente a decorrere per intero dalla data di presentazione delle osservazioni o, in mancanza, dalla scadenza del termine di cui al secondo periodo.

E’ evidente, pertanto, che – come sostiene la società ricorrente – nella materia opera ex lege l’istituto del silenzio assenso; tuttavia, è necessario verificare se, in concreto, nel caso di cui trattasi la relativa fattispecie si sia effettivamente perfezionata.

L’istanza è stata presentata da parte della ricorrente in data 18.2.2010, come da protocollo comunale n. 6330; con la successiva nota di cui al prot. n. 17631 del 13.5.2010, l’amministrazione ha comunicato alla stessa l’avvio del procedimento di diniego dell’istanza, dando atto della conseguente interruzione dei termini del procedimento (che pertanto iniziano nuovamente a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni); le dette osservazioni sono state presentate da parte della ricorrente con la nota di replica ai sensi dell’articolo 10 bis della L. n. 241 del 1990 solo in data 20.5.2010.

Ne consegue che il nuovo termine dei 90 giorni per la formazione del silenzio decorre dalla predetta data del 20.5.2010 e sarebbe venuto a scadenza il 20.8.2010, mentre è comprovato in atti che l’impugnata determinazione di diniego è stata adottata il 29.7.2010.

1.b – Con il secondo motivo di censura è stato dedotto che la deliberazione C.C. n. 35 del 2010, invocata da parte dell’amministrazione a fondamento delle impugnate determinazioni, non avrebbe in realtà potuto trovare applicazione nel caso di specie, in quanto approvata in un momento successivo alla presentazione dell’istanza di cui trattasi.

In realtà la deliberazione citata è stata adottata nella seduta pubblica del 16.3.2010 e, pertanto, sebbene in un momento successivo alla presentazione dell’istanza di cui trattasi, tuttavia, indubbiamente, mentre era ancora pendente il termine di conclusione del relativo procedimento, con la conseguenza che, correttamente, l’amministrazione ha ritenuto che le relative prescrizioni dovessero avere applicazione nel caso di specie; peraltro – è in ogni caso da osservare – analoga limitazione era già in precedenza contenuta nella deliberazione C.C. n. 36 del 2006.

Con un ulteriore profilo di censura la ricorrente ha dedotto che la detta deliberazione sarebbe illegittima, nella parte in cui sancisce il divieto di rilascio di nuove autorizzazioni alla somministrazione in alcune zone del centro della città, in quanto in contrasto con la normativa nazionale e comunitaria nella materia.

Anche il detto profilo è infondato: la prescrizione di cui trattasi, infatti, impone una limitazione al rilascio dei nuovi titoli autorizzatori non alla luce di mere limitazioni numeriche bensì sulla base di considerazioni concernenti la tutela di interessi pubblici, archeologici, monumentali e storico-artistici, che – in esito ad una valutazione comparativa – sono stati ritenuti prevalenti, secondo un apprezzamento non censurabile alla luce della consolidata giurisprudenza della sezione nella materia, con riguardo alle analoghe prescrizioni di cui alla deliberazione n. 36 del 2006.

1.c – Con l’ultimo motivo si lamenta l’illegittima applicazione al caso di specie della disciplina prevista dall’impugnata deliberazione comunale n. 35 del 2010 in relazione al titolo già rilasciato alla società ricorrente per la somministrazione (sebbene congiunta ad altra prevalente attività di svago), essendo, invece, la detta deliberazione indirizzata esclusivamente alle nuove attività di somministrazione e quindi applicabile alle sole autorizzazioni da rilasciarsi successivamente alla sua entrata in vigore; non vi sarebbe stato dunque alcun ostacolo alla conversione del precedente titolo in una nuova autorizzazione "unica", senza il vincolo di connessione con la prevalente attività di svago

Quanto a tale ultimo primo profilo, deve rilevarsi che la censura ha ad oggetto non la Det. n. 808 del 29 luglio 2010 bensì la precedente Det. n. 679 del 2 luglio 2010 con la quale è stata disposta la conversione d’ufficio della precedente autorizzazione ma con la specificazione che la stessa doveva essere esercitata secondo le medesime modalità di quella originaria, ossia congiuntamente alla prevalente attività di intrattenimento e svago (da svolgersi nei 2/3 della superficie complessiva del locale); al riguardo deve, tuttavia, osservarsi che la determinazione risulta essere stata portata a conoscenza della ricorrente in data 7.7.2010 ( come da puntuale indicazione nell’epigrafe del ricorso) mentre il ricorso è stato notificato solo in data 21.10.2010 e, pertanto, oltre il termine decadenziale di legge dei 60 giorni decorrente dalla comunicazione del provvedimento stesso, con la conseguenza che, pertanto, il ricorso è irricevibile per tardività.

Quanto all’ulteriore profilo, invece, non può negarsi che trattasi di titoli aventi un oggetto non identico (l’autorizzazione della quale la società ricorrente era già titolare in precedenza era relativa alla sola attività di bar esercitata congiuntamente allo svago prevalente), con la conseguenza che si può fondatamente ritenere che l’istanza di cui trattasi non aveva ad oggetto la nuova attività di somministrazione (nel caso di specie ristorazione) al pubblico sull’intera superficie del locale.

Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere respinto siccome infondato nel merito; ne consegue, ulteriormente, che non vi è luogo alla trattazione della connessa istanza risarcitoria.

Spese compensate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 dicembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Maddalena Filippi, Presidente

Francesco Riccio, Consigliere

Maria Cristina Quiligotti, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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