Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 12-06-2012, n. 9503 Licenziamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- La sentenza attualmente impugnata rigetta l’appello di Poste Italiane s.p.a. avverso la sentenza del Tribunale di Taranto n. 1408/2006 del 21 marzo 2006, di accoglimento della domanda di N.V., con conseguente declaratoria di nullità dell’Accordo integrativo al c.c.n.l. del 26 novembre 1994, nella parte relativa alla previsione dell’automatica risoluzione del rapporto di lavoro senza corresponsione del preavviso, e con condanna di Poste Italiane s.p.a. al pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso, oltre accessori di legge.

La Corte d’appello di Lecce, per quel che qui interessa, precisa che:

a) costituisce ormai diritto vivente il principio secondo cui, nel rapporto lavorativo privatizzato dei dipendenti postali, la clausola di risoluzione automatica contenuta nell’Accordo integrativo del contratto collettivo 26 novembre 1994 è nulla;

b) la dichiarazione di nullità, con conseguente permanenza del vincolo contrattuale, porta ad escludere il diritto al preavviso e alla indennità sostitutiva, entrambi presupponenti l’estinzione del rapporto;

c) però, in una situazione in cui siano presenti elementi di giudizio dai quali desumere la volontà del datore di estinguere il rapporto e quella del lavoratore di acquietarvi si crea una situazione che, dando luogo alla cessazione del rapporto, determina il diritto al preavviso e dunque all’indennità sostitutiva, ove esso non venga rispettato;

d) dalla giurisprudenza si desume infatti la compatibilità della configurabilità di un atto di recesso, in termini di licenziamento, con la dichiarazione della nullità della clausola in oggetto, ove, come nella specie, può dirsi pacificamente voluto dalla parte datoriale l’effetto estintivo ed è altrettanto certo che il lavoratore anzichè opporvisi chieda l’applicazione degli istituti che presuppongono o l’estinzione del rapporto;

e) si deve, pertanto, considerare corretta la decisione impugnata che, pur senza motivare sul punto, dopo aver escluso la validità della clausola in questione, ha dichiarato il diritto alla richiesta indennità sostitutiva.

1- Il ricorso di Poste Italiane s.p.a. domanda la cassazione della sentenza per due motivi; resiste, con controricorso, V. N. che, preliminarmente, eccepisce l’inammissibilità del ricorso per invalidità della procura notarile rilasciata dal Presidente del Consiglio di amministrazione della società Poste Italiane asseritamente privo del potere di rappresentare in giudizio la società stessa e quindi di delegarne ad altri l’esercizio – al Responsabile della Direzione Affari Legali della società medesima, il quale, in base ad essa, ha sottoscritto la procura alle liti per il presente giudizio.

Motivi della decisione

1. Deve essere preliminarmente esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso svolta dall’intimato sul rilievo che la procura speciale ad litem sarebbe stata rilasciata da soggetto non abilitato a conferirla (nella specie l’avv. S.A., Responsabile della Direzione Affari Legali di Poste Italiane spa), in quanto la procura notarile in base alla quale a tale soggetto è stato delegato il potere di rappresentare in giudizio la società sarebbe invalida perchè rilasciata dal Presidente del Consiglio di amministrazione della società stessa, sfornito del potere di rappresentanza in giudizio, in base agli artt. 16 e 18 dello statuto sociale, secondo cui tale potere compete soltanto all’Amministratore delegato e al Consiglio di amministrazione della società.

Tale eccezione deve essere accolta, sia pure per una ragione parzialmente diversa da quella fatta valere dal controricorrente, rilevabile d’ufficio, essendo jus receptum, che:

1) in tema di rappresentanza sostanziale delle persone giuridiche, vige il principio secondo cui la legittimazione processuale – relativamente alla qualità dichiarata – va anche d’ufficio accertata dal Giudice con riferimento all’astratta idoneità della veste del soggetto che agisca in nome e per conto dell’ente ad abilitarlo alla rappresentanza sostanziale nel processo (vedi, ex plurimis, Cass. 29 settembre 2003, n. 14455);

2) in tema di rappresentanza processuale delle persone giuridiche, il Giudice (e, quindi, anche la Corte di cassazione) è tenuto ad accertare, anche d’ufficio, la legittimazione processuale delle parti, deve cioè verificare se il soggetto che ha dichiarato di agire o contraddire in nome e per conto dell’ente abbia anche dichiarato di fare ciò in una veste astrattamente idonea, per legge o per ^ espressa disposizione statutaria, ad abilitarlo alla rappresentanza processuale dello stesso ente; in difetto di tale prova, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile, in quanto promossa da soggetto non legittimamente rappresentato in giudizio (vedi, per tutte: Cass. 25 ottobre 2011, n. 22101);

3) in tema di rappresentanza processuale, il potere rappresentativo, con la correlativa facoltà di nomina dei difensori e conferimento di procura alla lite, può essere riconosciuto soltanto a colui che sia investito di potere rappresentativo di natura sostanziale in ordine al rapporto dedotto in giudizio, con la conseguenza che il difetto di poteri siffatti si pone come causa di esclusione anche della legitimatio ad processum del rappresentante, il cui accertamento, trattandosi di presupposto attinente alla regolare costituzione del rapporto processuale, può essere compiuto in ogni stato e grado del giudizio e quindi anche in sede di legittimità, con il solo limite del giudicato sul punto, e con possibilità di diretta valutazione degli atti attributivi del potere del potere rappresentativo (Cass. SU 16 novembre 2009, n. 24179; Cass. 20 dicembre 2006, n. 27284;

Cass. 20 novembre 2009, n. 24546);

4) inoltre, in tema di rappresentanza delle persone giuridiche, solo in presenza di contestazioni circa la qualità di rappresentante sostanziale in capo al procuratore speciale che abbia sottoscritto la procura alle liti incombe, sulla parte rappresentata, l’onere della prova dei poteri rappresentativi spesi in ordine al rapporto dedotto in giudizio; ne consegue che, in difetto di tale contestazione, l’allegazione dei suddetti poteri è sufficiente ai fini della valida nomina dei difensori (Cass. 28 settembre 2011, n. 19824).

Orbene, come reiteratamente affermato da questa Corte, (vedi, per tutte: Cass. 20 gennaio 2010, n. 954; Cass. 29 settembre 2003, n. 14455), nelle società per azioni il potere di rappresentanza spetta agli amministratori i quali possono conferirlo, in base allo statuto o alle determinazioni dell’organo deliberativo, anche a soggetti che siano preposti a un settore con poteri di rappresentanza sostanziale o inseriti con carattere sistematico nella gestione sociale o in un suo ramo.

Va inoltre considerato che, nell’assetto successivo alla riforma della disciplina delle società di capitali e cooperative introdotta dal D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, l’art. 2384 cod. civ. – che sancisce il carattere generale del potere di rappresentanza attribuito agli amministratori dallo statuto o dalla deliberazione di nomina trova applicazione anche nei confronti del Presidente del Consiglio di amministrazione, che è "amministratore" egli stesso ex art. 2380-bis c.c., comma 5, (Cass. 4 settembre 2007, n. 18574).

Inoltre, qualora la procura notarile alle liti contenga un autonomo mandato ad negotia conferente al difensore il potere di nominare altri difensori, costui, in forza della rappresentanza sostanziale attribuitagli, può validamente rilasciare in nome del dominus la procura speciale a proporre il ricorso per cassazione ad altri difensori, i quali non hanno veste di sostituti del legale che li ha nominati, ma di rappresentanti processuali della parte (vedi, ex plurimis, Cass. 28 giugno 2002, n. 9493).

Tuttavia, la procura per la proposizione, da parte di una società, del ricorso per cassazione non può essere rilasciata al "Responsabile del servizio centrale legale" nella sua qualità di procuratore speciale, in virtù dei poteri conferitigli con procura notarile non depositata nè con il ricorso nè successivamente, secondo quanto previsto dall’art. 372 cod. proc. civ. e neppure rinvenibile nel fascicolo e qualora ciò si verifichi, all’impossibilità del controllo, da parte del giudice di legittimità, della legittimazione del delegante a una valida rappresentazione processuale e sostanziale della persona giuridica consegue, ai sensi dell’art. 77 cod. proc. civ., l’inammissibilità del ricorso in quanto la Corte di cassazione non è posta in condizione di valutare la sussistenza ed i limiti del potere rappresentativo ed in particolare la facoltà di proporre ricorso per cassazione, che è essenziale ai fini della regolare costituzione del rapporto processuale e deve essere controllata dalla Corte anche d’ufficio, a differenza della sussistenza della rappresentanza organica, la cui mancanza deve essere eccepita da chi la neghi (Cass. 13 aprile 1999, n. 3643; Cass. 9 aprile 1999, n. 3484; Cass. 23 giugno 2000, n. 8556; Cass. 12 gennaio 2001, n. 360; Cass. 27 maggio 2005, n. 1128; Cass. 25 settembre 2007, n. 19922; Cass. 2 maggio 2007, n. 10122; Cass. 19 ottobre 2007, n. 22009).

Nel caso che ne occupa, la procura notarile indicata nell’intestazione del ricorso per cassazione (per atto notaio Antonio Ioli in data 23 ottobre 2008, rep. 27136 racc. 10260, registrato il 28 ottobre 2008) con la quale sono stati conferiti dal Presidente del Consiglio di amministrazione di Poste Italiane s.p.a. all’avv. S.A., Responsabile della Direzione Affari legali, i poteri di rappresentanza della società, (nel cui esercizio l’avv. S. ha poi rilasciato all’avv. Gaetano Stefano Pesante la procura a rappresentare e difendere la società stessa nel presente giudizio) non risulta essere stata depositata con il ricorso, nè è stato possibile rinvenirla nel fascicolo.

D’altra parte, neppure in udienza l’avvocato della società intervenuto ha provveduto ad effettuare il suddetto deposito – necessario, tanto più in presenza della specifica contestazione sul punto del controricorrente (Cass. 28 settembre 2011, n. 19824) – che avrebbe potuto avere effetto sanante, visto che, in base alla consolidata e condivisa giurisprudenza di questa Corte, l’esclusione dell’effetto sanante stabilito dall’art. 182 cod. proc. civ. per le decadenze già verificatesi non riguarda le preclusioni che si esauriscono nel processo (Cass. 6 luglio 2007, n. 15304; Cass. 13 dicembre 1977, n. 5437).

Per le suesposte considerazioni, non essendosi regolarmente costituito il rapporto processuale, il ricorso va dichiarato inammissibile.

La suddetta statuizione rende superflui la sintesi e l’esame dei motivi del ricorso.

Le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in euro 30,00 per esborsi, Euro 2000,00 (duemila/00) per onorari di avvocato, oltre IVA, CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione lavoro, il 19 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2012
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