T.A.R. Lazio Roma Sez. II ter, Sent., 03-01-2012, n. 52 Competenza e giurisdizione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso, notificato il 28 gennaio 2011 e depositato il successivo 8 febbraio, gli interessati, eredi del sig. T.R., quale soggetto responsabile della realizzazione sul terreno sito in P., località T., V.P. n. 156, di un manufatto da destinare a propria abitazione, ha impugnato gli atti meglio specificati in epigrafe perché lesivi del loro interesse connesso al riconoscimento della qualità privata dell’area occupata dalle opere edilizie suddette.

Al riguardo, i medesimi hanno prospettato come motivi di impugnazione la violazione di legge e l’eccesso di potere sotto svariati aspetti sintomatici.

Si sono costituiti in giudizio il Comune di Pomezia e l’Agenzia del Demanio.

Il primo ha eccepito, in rito, l’inammissibilità del gravame per difetto di giurisdizione del giudice adito atteso che la controversia proposta è diretta all’accertamento della demanialità del bene e, nel merito, l’infondatezza delle doglianze prospettate.

Nella Camera di Consiglio del 6 aprile 2011 con ordinanza n. 1293/2001 questo Tribunale ha accolto la domanda di sospensione degli effetti dei provvedimenti impugnati.

All’udienza del 16 novembre 2011 la causa è stata posta in decisione.

Motivi della decisione

Con il presente mezzo di gravame le parti istanti hanno chiesto l’impugnazione dell’ordinanza, a firma del dirigente del Settore Tutela dell’Ambiente del Comune di Pomezia, con cui è stata disposta la completa eliminazione di opere edilizie abusive realizzate sul suolo appartenente al pubblico demanio marittimo.

A prescindere dalla prospettazione delle censure relative alla violazione di alcune fasi procedimentali (quali l’assenza della comunicazione dell’avvio del procedimento oppure il mancato avvio della procedura formale prevista dall’art. 32 del cod. nav.) o riguardanti aspetti sintomatici del vizio di eccesso di potere (quali il difetto di istruttoria e di motivazione), i ricorrenti propongono l’azione di impugnazione sul presupposto che non sia stata accertata correttamente la demanialità del bene interessato dalle opere edilizie, ritenute abusive dall’Amministrazione comunale per il solo fatto di occupare un’area appartenente al demanio marittimo, non rilevando alcun altro aspetto che riguardi l’attività edilizia posta in essere dal de cuius T.R..

Infatti, si può leggere nella parte finale del ricorso in esame che "l’ordinanza impugnata è illegittima perché non è stata preceduta da appropriate indagini in ordine ai presupposti di fatto che ne consentano l’emanazione, quali l’esistenza di un uso pubblico del bene e l’avvenuta turbativa dello stesso…..".

La predetta definizione del thema decidendum induce il Collegio a ritenere fondata l’eccezione di parte resistente in merito all’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

Sul punto hanno una loro incidenza i principi enunciati dalla giurisprudenza più recente.

Si è ritenuto, da un lato, che, in ipotesi di cause connesse rientranti in giurisdizioni diverse, pur non potendo applicarsi la disciplina dettata dal codice di procedura civile sulla connessione (che non può incidere sulla giurisdizione), tuttavia principi di logica processuale (nonché di economia processuale e concentrazione della tutela) impongono di ritenere che dell’intera causa debba decidere il giudice con maggiori competenze e poteri (Cfr. Con. Stato, Sez. VI, 9 novembre 2010 n. 7975).

Dall’altro, è stato ritenuto che il procedimento di delimitazione del demanio marittimo previsto dall’art. 32 Cod. nav., tendendo a rendere evidente la demarcazione fra tale demanio e le proprietà private finitime, si presenta quale proiezione specifica della normale azione di regolamento di confini di cui all’art. 950 Cod. civ., e si conclude con un atto di delimitazione il quale ha una funzione di mero accertamento dei confini del demanio rispetto alle proprietà dei privati, senza l’esercizio di un potere discrezionale da parte dell’Amministrazione; pertanto, il privato che contesti l’accertata demanialità del bene può invocare la tutela della propria situazione giuridica soggettiva dinanzi al giudice ordinario, abilitato alla disapplicazione dell’atto amministrativo se ed in quanto ritenuto illegittimo (Cfr. TAR Sicilia, sede di Palermo, Sez. I, 24 febbraio 2011 e Cons. Stato, Sez. VI, 24 settembre 2010 n. 7147).

Applicando i precedenti giurisprudenziali al caso in esame, si può senz’altro affermare che le parti istanti, pur avendo chiesto l’impugnazione di un provvedimento amministrativo, possono trovare una più ampia tutela solo dal giudice ordinario, al quale è consentito non solo disapplicare l’atto ritenuto illegittimo, ma anche disporre dei mezzi istruttori più penetranti per accertare la natura giuridica e la proprietà del bene che costituisce il presupposto unico ed essenziale che ha dato luogo alla contestata ordinanza di rimozione.

In concreto, risulta evidente che la controversia sia tutta diretta a stabilire se l’area interessata dalle opere edilizie realizzate nel tempo (secondo i ricorrenti, il sig. T.R. nel 1952 ha realizzato sul terreno sito in P., località T., un manufatto da destinare a propria abitazione, assumendo che l’area occupata fosse di proprietà dello stesso) potesse rientrare nel demanio marittimo.

Ciò induce a spostare la cognizione sul presupposto dell’azione posta in essere dall’Amministrazione comunale e dell’Agenzia del demanio.

Sul punto non può non rilevare quella giurisprudenza secondo la quale, in tema di delimitazione dei confini tra proprietà privata e aree del demanio ai sensi dell’art. 32 Cod. nav., quando si intende contestare l’esistenza della proprietà demaniale e quindi il potere in sé, la cognizione delle relative controversie appartiene al giudice ordinario, che può eventualmente disapplicare il provvedimento che illegittimamente abbia decretato la demanialità delle aree, mentre ove si contestino esclusivamente aspetti procedimentali, la giurisdizione resta incardinata dinanzi al giudice amministrativo; pertanto, la vertenza in cui il petitum sostanziale consiste nella declaratoria dell’insussistenza dei presupposti di fatto e di diritto – per affermare, in definitiva, la demanialità delle aree o la proprietà del privato – appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario (cfr. TAR Sicilia, sede Palermo, Sez. I 24 febbraio 2011 n. 333, TAR Veneto, Sez. I, 22 marzo 2010 n. 870).

Quindi, è proprio la questione sottostante all’azione di annullamento che induce a ritenere che la vertenza rientri nella piena giurisdizione del giudice ordinario, davanti al quale il giudizio andrà riassunto ai sensi dell’art. 1, comma 1, del c.p.a..

Per tutte le ragioni espresse, il Collegio, dichiara il ricorso inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice adito.

Stante la particolarità della questione, sussistono giusti motivi per compensare fra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice adito.

Compensa integralmente fra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 novembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Maddalena Filippi, Presidente

Francesco Riccio, Consigliere, Estensore

Maria Cristina Quiligotti, Consigliere

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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