Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 12-06-2012, n. 9500

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte d’Appello di Roma, con la sentenza n. 7139/08 accoglieva gli appelli proposti da F.S., S.M.G., Sa.Fa. e D.L.D. nei confronti di Poste Italiane spa, e rigettava l’appello proposto da G. G. nei confronti della medesima società, tutti relativi alla sentenza del Tribunale di Roma n. 27383 del 9 dicembre 2003.

2. Il Tribunale aveva respinto le domande proposte nei confronti di Poste Italiane spa dirette ad ottenere la dichiarazione di nullità delle clausole di apposizione del termine nei contratti stipulati tra le parti con la conseguenza che il rapporto di lavoro doveva considerarsi a tempo indeterminato sin dalla stipula, nonchè la condanna della società di ripristinare la funzionalità del rapporto con la ripresa in servizio ovvero la reintegra nel posto di lavoro con assegnazione delle mansioni pregresse, e la condanna della convenuta al pagamento anche a titolo risarcitorio, delle retribuzioni globali di fatto dal di della prima esclusione fino all’effettivo ripristino del rapporto da determinarsi in base alla retribuzione mensile percepita, oltre rivalutazione ed interessi.

3. La Corte d’Appello, in riforma dell’impugnata sentenza, dichiarava che sussisteva un rapporto di lavoro a tempo indeterminato:

per F.S., a decorrere dal 20 ottobre 1998;

per S.M.G., a decorrere dal 30 novembre 1998;

per D.L.D., a decorrere dal 27 ottobre 1998;

per Sa.Fa., decorrere dal 2 ottobre 2000.

Condannava la società convenuta al risarcimento del danno da commisurarsi per ciascuno alle retribuzioni maturate e non percepite dalla data delle rispettive messe in mora con interessi legali a decorrere dalla sentenza (per F. dal 25 maggio 2001, per S. dal 24 maggio 2001, per D.L. dal 12 giugno 2001 e per Sa. dal 25 maggio 2001).

Rigettava l’impugnazione proposta da G.G..

4. Per la cassazione della suddetta sentenza ha proposto appello G.G. nei confronti di Poste Italiane spa, prospettando un motivo di ricorso.

5. Resiste la società intimata con controricorso.

6. Poste Italiane spa ha proposto ricorso nei confronti di F. S., S.M.G., Sa.Fa. e D.L. D., per la cassazione della medesima sentenza, prospettando tre motivi di ricorso.

7. I suddetti lavoratori resistono con controricorso.

8. F., Fa. e D.L. hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

9. S.M.G. ha depositato copia del verbale di conciliazione sindacale intercorsa tra la medesima e la società ricorrente.

Motivi della decisione

1. Preliminarmente, deve essere disposta la riunione dei giudizi, in quanto i ricorsi in esame hanno ad oggetto la medesima sentenza.

2. Sempre in via preliminare, il ricorso proposto da Poste Italiane spa nei confronti di S.M.G. deve essere dichiarato inammissibile.

La lavoratrice ha depositato verbale di conciliazione intervenuta tra la medesima e Poste Italiane spa, in sede sindacale, in data 11 novembre 2010.

Dal verbale di conciliazione prodotto in copia, risulta che le parti hanno raggiunto un accordo transattivo concernente la controversia de qua, dandosi atto dell’intervenuta amichevole e definitiva conciliazione a tutti gli effetti di legge e dichiarando che – in caso di fasi giudiziali ancora aperte – le stesse saranno definite in coerenza con il presente verbale.

Il suddetto verbale di conciliazione si palesa idoneo a dimostrare la cessazione della materia del contendere nel giudizio di cassazione ed il conseguente sopravvenuto difetto di interesse delle parti a proseguire il processo; alla cessazione della materia del contendere consegue pertanto la declaratoria di inammissibilità del ricorso in quanto l’interesse ad agire, e quindi anche ad impugnare, deve sussistere non solo nel momento in cui è proposta l’azione o l’impugnazione, ma anche nel momento della decisione, in relazione alla quale, ed in considerazione della domanda originariamente formulata, va valutato l’interesse ad agire (Cass., S.U., n. 25278 del 2006, Cass., n. 16341 del 2009).

3. Deve essere, quindi, esaminato il ricorso proposto da G. G..

3.1. Occorre premettere che il suddetto lavoratore era stato assunto da Poste Italiane spa, con contratto a tempo determinato, dal 7 febbraio al 30 aprile 1998, con proroga al 30 maggio 1998 "per esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi in attesa del progressivo completo equilibrio sul territorio delle risorse umane", e dal 22 giugno al 30 settembre 1998 per sostituzione del personale durante il periodo di ferie.

3.2. Con l’unico motivo di ricorso il G., con riguardo alla statuizione della Corte d’Appello relativa al contratto di lavoro a termine dal 22 giugno al 30 settembre 1998, prospetta l’omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio costituito dalla cessazione dell’efficacia del CCNL di settore alla data del 31 dicembre 1997 (come perorato da esso parte appellante) o della sua eventuale ultrattività (come perorato dalla società appellata). Tale deduzione sarebbe stata svolta sin dall’atto introduttivo del giudizio di primo grado e in appello.

A sostegno di tale prospettazione, parte ricorrente invoca la disposizione di cui all’art. 87 del citato CCNL 26 novembre 1994, secondo cui fatte salve le decorrenze espressamente indicate per i singoli istituti, il presente contratto ha decorrenza dalla data della stipulazione e rimarrà in vigore fino al 31 dicembre 1997.

3.3. Il motivo non è fondato.

Contrariamente a quanto sostenuto nel motivo di ricorso, la Corte di merito si è pronunciata sulla vigenza, all’epoca della stipula del contratto, della norma collettiva che prevedeva la clausola legittimante l’apposizione del termine invocata nel contratto stesso.

Ed infatti nella sentenza impugnata si osserva che l’accordo del 25 settembre 1997, nell’integrare l’art. 8 del CCNL, stabiliva nuovamente, secondo la possibilità concessa dalla L. n. 56 del 1987, art. 23 ipotesi ulteriori di apposizione della clausola del termine al contratto di lavoro. Presupposto logico di tale affermazione è la ritenuta intervenuta conferma della volontà congiunta delle parti stipulanti di ritenere legittimamente operanti anche le altre ipotesi, tra cui quella dell’assenza per ferie, previste dal citato art. 8 del CCNL del 1994.

Questa Corte ritiene che la suddetta motivazione contenuta nella sentenza impugnata, da un lato dimostri la non fondatezza del motivo di ricorso nella parte in cui viene dedotta l’omessa pronuncia, e dall’altro appare pienamente condivisibile in quanto basata su una interpretazione corretta delle norme contrattuali. Ed infatti, l’estensione al mese di maggio 1998 del periodo di ferie previsto dall’art. 8 del CCNL del 1994 (inizialmente fissato al periodo giugno -settembre), per effetto dell’accordo 27 aprile 1998, dimostra l’implicito riconoscimento dell’operatività dell’ipotesi legittimante la stipulazione di contratti a termine per necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie anche per i successivi mesi estivi del 1998 (e per i successivi periodi feriali), a prescindere da ulteriori accordi autorizzatori; deve osservarsi da ultimo che la suddetta interpretazione non si pone in contrasto con la sopra citata norma di cui all’art. 87 del CCNL del 1994, la quale fa salve le diverse decorrenze fissate per singoli istituti.

3.4. Il ricorso di G.G., pertanto, deve essere rigettato.

3.5. Le spese di giudizio sono compensate in ragione della complessità del giudizio.

4. Prima di passare all’esame del ricorso di Poste Italiane spa, è opportuno riepilogare, in fatto, le vicende contrattuali che hanno interessato i lavoratori F., D.L. e Sa. e la società Poste Italiane spa.

F.S. stipulava un contratto a termine dal 17 febbraio al 30 aprile 1998, con proroga al 30 maggio 1998 "per esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi in attesa del progressivo completo equilibrio sul territorio delle risorse umane"; un contratto a termine dal 22 giugno al 30 settembre 1998 per sostituzione del personale durante il periodo di ferie; un contratto a termine dal 20 ottobre 1998 al 30 gennaio 1999, per esigenze organizzative e produttive, contratto prorogato fino al 30 aprile 1999.

L’apposizione del termine veniva ritenuta illegittima con riguardo al contratto con decorrenza 20 ottobre 1998.

D.L.D. stipulava un contratto a termine dal 17 febbraio al 30 aprile 1998, con proroga al 30 maggio 1998 "per esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi in attesa del progressivo completo equilibrio sul territorio delle risorse umane"; un contratto a termine dal 22 giugno al 30 settembre 1998 per sostituzione del personale durante il periodo di ferie; un contratto a termine dal 27 ottobre 1998 al 30 gennaio 1999, per esigenze organizzative e produttive, contratto prorogato fino al 30 aprile 1999.

L’apposizione del termine veniva ritenuta illegittima con riguardo al contratto con decorrenza dal 27 ottobre 1998 Sa.Fa.

stipulava un primo contratto a termine dal 22 giugno al 30 settembre 1998 per ferie, ed un ulteriore contratto dal 2 ottobre 2000, al 31 gennaio 2001 "per esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi in attesa del progressivo completo equilibrio sul territorio delle risorse umane".

L’apposizione del termine veniva ritenuta illegittima con riguardo al contratto con decorrenza dal 2 ottobre 2000.

5. L’impugnazione riguarda, pertanto, la ritenuta illegittimità dei contratti a termine stipulati nel mese di ottobre 1998 per le esigenze eccezionali sopra indicate.

5.1. Con il primo motivo di ricorso la società Poste Italiane deduce la violazione e falsa applicazione della L. 18 aprile 1962, n. 230, artt. 1 e 2 nonchè della L. 26 febbraio 1987, n. 56, art. 23 (art 360 c.p.c., n. 3).

Erroneamente, la Corte d’Appello avrebbe ritenuto che la possibilità riconosciuta i contraenti collettivi di introdurre nuove ipotesi di assunzione a termine, sarebbe soggetta a limiti temporali, dal momento che la L. n. 56 del 1987 non prevede alcun limite temporale al riguardo.

5.2. Con il secondo motivo di ricorso è prospettata, con più argomenti, la violazione e falsa applicazione della L. n. 56 del 1987, art. 23 dell’art. 8 del CCNL 26 novembre 1994, nonchè degli accordi sindacali del 25 settembre 1997, del 16 gennaio 1998, del 27 aprile 1998, del 2 luglio 1998, del 24 maggio 1999 e del 18 gennaio 2001, in connessione con gli artt. 1362 c.c. e ss..

Tali disposizioni sarebbero violate in ragione dell’individuazione del termine ultimo di validità ed efficacia temporale dell’accordo integrativo del 25 settembre 1997 alla data del 30 aprile 1998.

Il suddetto accordo non contiene in sè alcuna limitazione, in quanto integrativo della disciplina del CCNL, per cui non può valere che per l’intera durata dello stesso.

Gli accordi attuativi, successivi alla stipulazione dell’accordo integrativo del 25 settembre 1997, intercorsi tra le parti, costituiscono atti meramente ricognitivi, privi di natura negoziale, della permanenza delle esigenze sottese alla stipula dei contratti a termine e non pongono nuovi limiti temporali.

La posizione giuridica attiva, affermata meritevole di tutela non costituisce diritto quesito, indisponibile da parte degli agenti contrattuali, anche qualora l’accertamento preliminare della sua esistenza non sia stata ancora oggetto di verifica giudiziale per il tramite di sentenza passata in giudicato.

5.3. Con il terzo motivo d’impugnazione è prospettata omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5), costituito dalla fonte di individuazione della volontà delle parti collettive di fissare, alla data ultima del 30 aprile 1998, il termine finale di efficacia dell’accordo integrativo del 25 settembre 1997, atteso che dal corpo della motivazione non è dato comprendere in forza di quale ragionamento logico o di quale percorso argomentativo, la Corte di appello sia pervenuta a tale statuizione.

5.4. I suddetti motivi d’impugnazione devono essere trattati congiuntamente in ragione della loro connessione.

Gli stessi non sono fondati.

5.5. Ed in specie per i contratti che ricadono temporalmente nella previsione di cui al D.L. 1 ottobre 1996, n. 510, art. 9 convertito in L. 28 novembre 1996, n. 608, tale norma "prevede che le assunzioni a tempo determinato effettuate dall’ente poste nel periodo compreso dal 26 novembre 1994 al 30 giugno 1997 decadono allo scadere del termine finale di ciascun contratto e non possono quindi dare luogo a rapporti di lavoro a tempo indeterminato" (v. Cass. 30.10.2001 n. 13515, Cass. 22.1.2002 n. 668, Cass. 22.2.2002 n. 2615).

Tale norma eccezionale (che, giustificata da esigenze peculiari nella fase di transizione tra il regime pubblicistico e il regime privatistico, ha superato il vaglio di costituzionalità, v. Corte cost. n. 419/2000), "esprime con chiarezza l’intento di rendere temporaneamente inoperanti, a tutti i contratti conclusi nel determinato arco di tempo, le disposizioni della L. n. 230 del 1962 e successive modifiche" (v. Cass. 2615 del 2002).

Per i contratti successivi al detto periodo ed anteriori al CCNL del 11.1.2001 (nonchè al nuovo regime previsto dal D.Lgs. n. 348 del 2001) vanno applicati i principi più volte affermati da questa Corte in materia, in base ai quali, sulla scia di Cass., S.U., 2.3.2006 n. 4588, è stato precisato che "l’attribuzione alla contrattazione collettiva, della L. n. 56 del 1987, ex art. 23 del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla L. n. 230 del 1962, discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessità di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali e di provare la sussistenza del nesso causale fra le mansioni in concreto affidate e le esigenze aziendali poste a fondamento dell’assunzione a termine" (v. fra le altre Cass. 8.7.2009 n. 15981, Cass. 4.8.2008 n. 21063, v. anche Cass. 20.4.2006 n. 9245, Cass. 7.3.2005 n. 4862, Cass. 26.7.2004 n. 14011).

In tale quadro, ove però un limite temporale sia stato previsto dalle parti collettive (anche con accordi integrativi del contratto collettivo), la sua inosservanza determina la nullità della clausola di apposizione del termine (v. fra le altre Cass. 23.8.2006 n. 18383, Cass. 14.4.2005 n. 7745, Cass. 14.2.2004 n. 2866), per cui, come ripetutamente affermato da questa Corte, deve ritenersi che "in materia di assunzioni a termine di dipendenti postali, con l’accordo sindacale del 25 settembre 1997, integrativo dell’art. 8 del CCNL 26 novembre 1994, e con il successivo accordo attuativo, sottoscritto in data 16 gennaio 1998, le parti hanno convenuto di riconoscere la sussistenza della situazione straordinaria, relativa alla trasformazione giuridica dell’ente ed alla conseguente ristrutturazione aziendale e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso di attuazione, fino alla data del 30 aprile 1998; ne consegue che deve escludersi la legittimità delle assunzioni a termine cadute dopo il 30 aprile 1998, per carenza del presupposto normativo derogatorio, con la ulteriore conseguenza della trasformazione degli stessi contratti a tempo indeterminato, in forza della L.18 aprile 1962, n. 230, art. 1" (v., fra le altre, Cass. 1.10.2007 n. 20608, Cass. 27.3.2008 n. 7979, Cass. 18378 del 2006).

Peraltro, tale limite temporale (del 30-4-1998) non riguarda i contratti stipulati ex art. 8 CCNL 1994 per "necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie" (per i quali v. fra le altre Cass. 2 marzo 2007 n. 4933, Cass. 7.3.2008 n. 6204, Cass. 28.3.2008 n. 8122), mentre, per quanto riguarda la proroga di trenta giorni prevista dall’accordo 27.4.1998, per i contratti in scadenza al 30.4.1998, la giurisprudenza costante di questa Corte ne ha affermato la legittimità, sulla base della sussistenza, riconosciuta in sede collettiva, delle esigenze contingenti ed imprevedibili, connesse con i ritardi che hanno inciso negativamente sul programma di ristrutturazione (v.. fra le altre, Cass. 24.9.2007 n. 19696).

6. Il ricorso deve esser rigettato.

7. In ragione della complessità del giudizio sussistono gravi e eccezionali ragioni per compensare tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi. Dichiara inammissibile il ricorso di Poste Italiane spa contro S.M.G.. Rigetta i ricorsi proposti da G.G. nei confronti di Poste Italiane spa e da Poste Italiane spa nei confronti di F.S., Sa.Fa. e D.L.D.. Spese compensate.

Così deciso in Roma, il 8 marzo 2012.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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