Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 13-06-2012, n. 9655 Indennità o rendita

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 19 febbraio 2009, L.G. chiede, con quattro motivi, la cassazione della sentenza depositata in data 19 febbraio 2009, con la quale la Corte d’appello di Potenza ha, per quanto qui interessa, respinto il suo appello avverso la decisione del Tribunale di Melfi di rigetto delle sue domande:

a) nei confronti dell’INAIL, di riconoscimento dell’infortunio sul lavoro occorsogli in data (OMISSIS), con conseguente corresponsione dell’indennità temporanea da infortunio (in luogo di quella corrispostagli dall’INPS) nonchè della rendita vitalizia conseguente ad una riduzione della capacità lavorativa nella misura del 24% e b) nei confronti della datrice di lavoro Barilla G. e R. Fratelli s.p.a., di annullamento – con le conseguenze tutte di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 18 – del licenziamento comunicatogli in data 6 maggio 1996 per superamento del periodo di comporto, ma in realtà, secondo il ricorrente, per assenze conseguenti all’infortunio occorsogli l’anno precedente, come tali non computabili, a norma di contratto collettivo, ai fini di tale superamento. Resistono alle domande del L. i due intimati, con rituali controricorsi.

Motivi della decisione

1 – Va preliminarmente disattesa la deduzione della società controricorrente di inammissibilità del ricorso per cassazione, in quanto tardivamente notificato.

La società avrebbe infatti notificato la sentenza della Corte territoriale, prima presso il domicilio eletto dal L. nel relativo giudizio e poi, essendo risultato sconosciuto il domiciliatario avv. Vito Salvia all’indirizzo indicato di Corso XVIII agosto 1960 in Potenza, presso la cancelleria della Corte d’appello di Potenza in data 12 aprile 2008.

La società conclude nel senso che, poichè il ricorso le era stato notificato solo in data 19 febbraio 2009, oltre il termine breve di cui all’art. 325 c.p.c., esso sarebbe inammissibile nei suoi confronti.

La censura non è sostenuta da alcuna indicazione relativamente al deposito da parte della società della copia notificata della sentenza della Corte territoriale, che comunque non è rinvenibile nel fascicolo d’ufficio o in quelli di parte.

Essa pertanto è inammissibile o improcedibile, ai sensi del combinato disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) e dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4).

2 – Col primo motivo, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 2 degli artt. 61 e 441 c.p.c. in relazione agli artt. 115 e 116 e l’omessa motivazione della sentenza impugnata, per non avere la Corte d’appello fatto corretta applicazione del principio di equivalenza causale. Il motivo conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto: "Dica la …

Corte se, ai fini della qualificazione di un infortunio sul lavoro o di una malattia professionale il ruolo causale dell’attività lavorativa non è escluso da una preesistente condizione patologica del lavoratore e anzi, il ruolo di concausa va attribuito anche ad una minima accelerazione di una pregressa malattia".

Il motivo è inammissibile.

Premesso che al ricorso è applicabile, ratione temporis, la norma di cui all’art. 366-bis c.p.c. (abrogata, ai sensi del combinato disposto della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d) e art. 58, comma 5 unicamente con riguardo ai ricorsi per cassazione proposti avverso sentenze pubblicate successivamente alla data del 4 luglio 2009), va infatti qui ribadito il condiviso orientamento di questa Corte (cfr., da ultimo, ad es. Cass. 16 febbraio 2012 n. 2222) secondo cui deve ritenersi inammissibile il quesito di diritto del tutto astratto, privo di riferimenti al caso concreto e di decisività, tale cioè da non consentire in base alla sua sola lettura di individuare la soluzione adottata dalla sentenza impugnata e i termini della relativa contestazione nonchè di poter circoscrivere la pronuncia nei limiti del relativo accoglimento o rigetto".

Alla stregua di tale orientamento, si rileva che il quesito formulato dal ricorrente è del tutto astratto, in quanto privo della indicazione dello scopo perseguito in rapporto alla situazione di fatto oggetto dell’accertamento da parte della sentenza impugnata.

La risposta affermativa o negativa al quesito sarebbe infatti inutile non rinvenendo in questo l’oggetto concreto suo proprio.

3 – Col secondo motivo viene denunciata la violazione dell’art. 2110 c.c. Premesso che l’art. 38 del C.C.N.L. applicabile riferisce la disciplina del licenziamento per superamento del comporto unicamente alle assenze per malattia o infortunio non sul lavoro e considerato che il ricorrente aveva negato col ricorso introduttivo che le sue assenze dal lavoro successive al (OMISSIS) fossero per malattia comune, la Corte territoriale non avrebbe dovuto, come viceversa aveva fatto, limitare la propria valutazione dell’assenza al solo "profilo inerente la qualificazione come infortunio sul lavoro, mentre avrebbe dovuto valutarla anche come malattia professionale", valutazione che, comportando le mansioni del ricorrente continui sollevamenti di pesi consistenti, sarebbe certamente risultata positiva, alla stregua della tabella di cui al D.M. 9 aprile 2008 (che peraltro non è applicabile ratione temporis, essendo viceversa applicabile al caso di specie il D.P.R. 13 aprile 1994, n. 336).

Il motivo conclude con la formulazione del seguente quesito: "Dica…

se, ai fini del computo del periodo di comporto di cui all’art. 2110 c.c., la valutazione delle assenze del lavoratore dovute a patologia avente una etiologia professionale prescinde dalla qualificazione come infortunio sul lavoro o come malattia professionale".

Il quesito conclusivo, oltre ad essere del tutto astratto nei termini in precedenza precisati, non appare comunque pertinente rispetto alla pronuncia impugnata, la quale esplicitamente ha escluso ("l’ernia discale da cui è affetto non è in alcun modo collegata causalmente con l’attività lavorativa da lui svolta, tanto meno con l’evento del (OMISSIS)") la dipendenza dall’infortunio e comunque l’origine professionale delle assenze dal servizio successive al (OMISSIS), anche non considerando, ai fini del comporto, la breve assenza denunciata nell’immediato dal ricorrente come derivante da infortunio.

Un tale accertamento è derivato sia dalla valutazione delle prove testimoniali raccolte e relative al comportamento del lavoratore il giorno del presunto infortunio, sia dagli accertamenti medici del C.T.U. nominato in appello, che infatti aveva anche escluso, sulla base di un esame di TAC effettuato otto giorni dopo tale data e di diagnosi mediche effettuate poco dopo, l’11 e il 17 luglio 1995, che le assenze che avevano condotto al superamento del comporto fossero conseguenti all’infortunio o comunque all’ernia discale e relativa lombosciatalgia.

4 – Col terzo motivo, viene denunciata l’insufficiente motivazione della sentenza, in quanto fondata su di una relazione di C.T.U. che aveva esaminato e valorizzato altra c.t.u, redatta in primo grado dal dr. B. e dichiarata nulla per mancata convocazione del ct. di parte.

Il motivo è infondato, in quanto le poche circostanze che, secondo il ricorso, il C.T.U. nominato in appello avrebbe desunto dalla relazione del primo C.T.U. nominato dal Tribunale, poi sostituito e la cui relazione sarebbe stata dichiarata nulla per difetto di contraddittorio, appaiono meramente di contorno, comunque insufficienti a sostenere la decisività del rilievo, nel senso che se il C.T.U. (e quindi i giudici che ne avevano condiviso le conclusioni) non ne avesse tenuto conto, la soluzione sarebbe stata con notevole probabilità diversa.

In proposito, va infatti ricordato che, secondo il costante orientamento di questa Corte, è necessario un rapporto di causalità tra la circostanza che si assume trascurata o erroneamente valorizzata e la soluzione giuridica data alla controversia, tale da far ritenere che quella circostanza, se fosse stata considerata o, rispettivamente, omessa avrebbe portato con certezza o con rilevante probabilità ad una diversa soluzione della controversia (cfr., ad es., Cass. 21 novembre 2006 n. 24744 o 22 gennaio 2007 n. 1270).

5 – Col quarto motivo il ricorrente deduce infine ancora l’insufficiente motivazione della sentenza, la quale avrebbe travisato il significato del ricorso introduttivo (ritenendo che riguardasse solo una parte delle assenze successive al (OMISSIS)) e i fatti di causa (con l’affermare erroneamente che il licenziamento era stato intimato in relazione ad assenze per malattia precedenti la data del (OMISSIS)).

Il motivo è infondato, la richiamata affermazione della Corte territoriale costituendo un mero lapsus, ininfluente ai fini della decisione, poichè emerge dalla complessiva motivazione della sentenza che la Corte territoriale ha comunque ritenuto che tutte le assenze per malattia successive alla data del (OMISSIS) (e quindi tutte quelle utilizzate per il superamento del comporto) fossero indipendenti da infortunio o malattia professionale.

6 – Concludendo, in base alle considerazioni svolte, il ricorso va respinto e il ricorrente va conseguentemente condannato a rimborsare alla società le spese di questo giudizio, liquidate in dispositivo, mentre restano irripetibili quelle dell’INAIL, ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c. nel testo vigente all’epoca della proposizione del ricorso introduttivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare alla società resistente le spese di questo giudizi, liquidate in Euro 60,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per onorari, oltre accessori di legge (12,50% + IVA + CPA); nulla per le spese dell’INAIL. Così deciso in Roma, il 23 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 13 giugno 2012

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