Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 13-06-2012, n. 9652 Pensione di riversibilità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di Appello di Torino con sentenza del 22 febbraio 2010, in accoglimento del gravame svolto da P.D. contro la decisione di primo grado di rigetto, ha ritenuto fondata la domanda intesa ad ottenere la condanna dell’INPS alla corresponsione in suo favore della pensione maturata dal coniuge divorziato D. V., deceduto il (OMISSIS).

2. Nel pervenire a tale conclusione la Corte territoriale ha osservato che nel caso di specie, nonostante l’assenza, nella sentenza di divorzio, di precise indicazioni in ordine alla natura dell’erogazione di un assegno una tantum del valore di Euro 24.600,000 da versarsi in rate di importo invariabile di Euro 200,00 entro ogni giorno 20 del mese e fino al 31.12.2012, la predetta erogazione poteva ritenersi prevista a titolo di assegno di mantenimento così sussistendo il presupposto condizionante il riconoscimento della diritto alla pensione di reversibilità.

5. L’INPS ricorre per cassazione con unico motivo. Resiste l’intimata con controricorso.

Motivi della decisione

4. L’INPS, deducendo violazione della L. n. 898 del 1970, art. 9 così come modificato dalla L. n. 74 del 1987, art. 13 nonchè della L. n. 898 del 1970, art. 5 si duole che la corte territoriale abbia ritenuto la P. titolare di assegno di mantenimento, con conseguente legittima pretesa alla pensione di reversibilità, sulla base di un’interpretazione della statuizione relativa all’accordo economico tra le parti che ha condotto la forte torinese ad assimilare l’erogazione una tantum sia pur continuativa e cadenzata all’assegno di mantenimento.

5. Il ricorso è meritevole di accoglimento.

6. Osserva il Collegio che, sulla questione controversa, la giurisprudenza di questa Corte non ha un orientamento univoco, dal momento che, secondo Cass. n. 10458 del 2002 e la recente pronuncia n. 3635 del 2012, il diritto del coniuge divorziato al trattamento di reversibilità sussiste solo nei casi in cui, in sede di regolamentazione dei rapporti economici al momento del divorzio, le parti non abbiano convenuto la corresponsione di un capitale una tantum ma quella di un assegno periodico del quale il detto coniuge ancora benefici al momento del decesso dell’obbligato; mentre in altre pronunce rese da questa Corte (v. Cass n. 16744 del 2011 e 13108 del 2010) si afferma l’opposto principio secondo cui anche la corresponsione, in unica soluzione, al coniuge "più debole" di somme di denaro (o di altre utilità patrimoniali), soddisfa il requisito della previa titolarità dell’assegno di divorzio che consente al coniuge medesimo di accedere alla pensione di reversibilità o (in concorso con il coniuge superstite) a una sua quota.

7. Orbene ritiene il Collegio, in sintonia con altra recente decisione di questa Corte (resa in causa r.g.n. 17603/2010 INPS c/Corri Patrizia), che sia da preferire la prima delle suddette interpretazioni e alla stessa intende dare continuità, pienamente condividendo e facendo proprie le considerazioni di cui alla citata Cass. n. 3635 del 2012, perchè frutto di una ricostruzione del significato delle disposizioni normative che vengono in rilievo nella presente controversia che si appalesa essere la più aderente al loro dato testuale nonchè alla complessiva ratio dell’intervento legislativo in questa specifica materia.

8. In effetti – come opportunamente si osserva nella indicata sentenza -nel quadro normativo previsto dalla L. n. 898 del 1970, art. 5 sussiste un’alternativa tra obbligo della somministrazione periodica di un assegno a favore di un coniuge posto dalla sentenza di divorzio a carico dell’altro e corresponsione di detto assegno in unica soluzione su accordo tra le parti e che solo con riguardo alla prima fattispecie i relativi provvedimenti, ai sensi del successivo art. 9, comma 1, devono ritenersi pronunciati "allo stato degli atti", attesane la funzione di bilanciamento e riequilibrio degli interessi contrapposti degli ex coniugi, con conseguente possibilità di una loro revisione (in aumento o in diminuzione, fino addirittura alla radicale elisione dell’assegno), in qualsiasi tempo, per effetto del mutamento delle condizioni economiche delle parti e senza che il coniuge resistente possa efficacemente opporre, alla controparte, l’eventuale exceptio iudicati.

9. Laddove la corresponsione in unica soluzione dell’assegno divorzile, giusta il disposto dell’art. 5, comma 2, esclude la sopravvivenza, in capo al coniuge beneficiario, di qualsiasi ulteriore diritto, di contenuto patrimoniale e non, nei confronti dell’altro coniuge, attesa la cessazione (per effetto del divorzio) di qualsiasi rapporto tra gli ex coniugi: con la conseguenza che nessuna ulteriore prestazione, oltre quella già ricevuta, può essere legittimamente invocata, neppure per il peggioramento delle condizioni economiche del coniuge assegnatario, o comunque in ragione della sopravvenienza di quei giustificati motivi cui l’art. 9 subordina rammissibilità dell’istanza di revisione.

10. Come già affermato da questa Corte, se si procede ad una liquidazione in un’unica soluzione di quanto compete al coniuge più debole, dopo tale liquidazione non sopravvive un rapporto da cui possano scaturire nuovi ulteriori obblighi: invero, l’aspettativa ad un assegno è stata esaurita attraverso l’una tantum, ed è venuto meno in tal caso (a seguito del divorzio) ogni rapporto di natura personale fra i coniugi, potenziale fonte di altre pretese anche economiche.

11. Tale conclusione è ulteriormente confortata dalla considerazione che la possibile modifica "in aumento" dell’assegno periodico trova, alla luce della L. n. 898, giustificazione nella circostanza che tale revisione può assumere due direzioni, comportando, cioè, sia un aumento sia una diminuzione delle corresponsioni.

12. Se si consentisse, per converso, di porre in discussione – attraverso i meccanismi previsti dall’art. 9 – il rapporto definito con l’una tantum, si perverrebbe all’assurdo di prevedere solo uno strumento attraverso cui la cifra concordata in sede di divorzio potrebbe essere aumentata e non invece diminuita.

13. Gli esposti rilievi evidenziano come la revisione sia del tutto incompatibile con la liquidazione in unica soluzione, che del resto cesserebbe di essere, per l’appunto "unica", ove potesse venire affiancata, in epoca successiva, da un assegno periodico (cfr. in tali sensi, in motivazione: Cass. 5 gennaio 2001 n. 126, cui adde per analoghe statuizioni: Cass. 29 agosto 1998 n. 8654; Cass. 27 luglio 1998 n. 7365).

14. Si aggiunga, al di là della lettera del combinato disposto della L. n. 898 del 1970, art. 5 e art. 9 e con specifico riferimento alle condizioni cui è subordinato il diritto del coniuge divorziato all’attribuzione della pensione di reversibilità, che le disposizioni scrutinate – se esaminate alla luce di quanto affermato dal giudice delle leggi (Corte Cost. sent. n. 777 del 1988; n. 87 del 1995 e n. 419 del 1999) e dalla normativa dettata in tema dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263 – mostrano che, ai fini del riconoscimento del diritto in questione, deve farsi una distinzione tra la situazione in cui, dal giudice che ha pronunciato la sentenza di divorzio, sia stato attribuito all’ex coniuge l’assegno periodico, da quella in cui, su concorde determinazione delle parti in sede di regolamentazione dei rapporti economici al momento del divorzio, lo stesso giudice, in luogo dell’assegno periodico, abbia disposto a favore dell’ex coniuge, a titolo di trasferimento patrimoniale, la corresponsione di una determinata somma, o di un altro bene o diritto (come ad esempio la proprietà di un immobile).

15. Il diritto dell’ex coniuge alla pensione di reversibilità ha, invero, uno dei suoi necessari elementi genetici nella titolarità "attuale" dell’assegno (vedi, in termini, Corte cost n. 419/1999 citata), ove si consideri che solo nel caso in cui egli benefici di un’erogazione economica a carico dell’ex coniuge al momento del decesso di costui, ha ragion d’essere la sua sostituzione con la pensione di reversibilità (o di una sua quota), posto che la funzione propria dell’attribuzione di tale trattamento pensionistico al coniuge divorziato è quella – solidaristico assistenziale – di consentirgli la prosecuzione del sostentamento prima assicuratogli dal coniuge deceduto.

16. Nel caso di soddisfazione delle sue pretese economiche in un’unica soluzione, realizzata concordemente con l’altro coniuge e approvata nella sentenza che pronuncia lo scioglimento del matrimonio, manca questa condizione imprescindibile, in considerazione della capacità di quanto pattuito – per come reputata dal Tribunale a seguito di un controllo e di una valutazione globale di tutte le circostanze di cui alla L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, cit. – di assicurargli, anche per il futuro, mezzi adeguati al suo sostentamento e, dunque, una situazione economica incompatibile con la sopra indicata funzione assolta dalla pensione di reversibilità.

17. In altri termini, il discrimine tra le due diverse situazioni, che hanno opposte ricadute sul versante del riconoscimento della pensione di reversibilità, deve basarsi sulla corresponsione di un assegno periodico, che va di volta in volta cadenzato e parametrato nel tempo con forme di adeguamento automatico, così come esplicitamente previsto nel ripetuto art. 5 (comma 6); non a caso, del resto, la L. n. 898 del 1970, art. 9 bis prevede l’attribuzione di un assegno periodico a carico dell’eredità nel (solo) caso in cui all’ex coniuge in stato di bisogno sia stato riconosciuto il diritto alla corresponsione periodica di somme di denaro ai sensi dell’art. 5, espressamente escludendo, viceversa, il diritto all’assegno nell’ipotesi in cui gli obblighi patrimoniali previsti dall’art. 5 siano stati soddisfatti in unica soluzione.

18. Alla luce delle considerazioni sinora espresse deve, quindi, ribadirsi che non può includersi nella nozione di assegno che da titolo alla pensione di reversibilità – al di là del nomen iuris che i coniugi abbiano inteso adottare nelle loro pattuizioni all’atto dello scioglimento del matrimonio – il conferimento, in unica soluzione, al coniuge che ne abbia diritto, di somme o di altre utilità patrimoniali attuato, per concorde determinazione delle parti, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 8, in funzione di una definitiva regolazione dei loro rapporti economici e ritenuto dal Tribunale, attraverso il manifestato giudizio di "equità" del relativo valore, adempitivo di ogni obbligo di sostentamento nei confronti del coniuge medesimo, così da escluderne, per il futuro, il diritto ad ogni erogazione di carattere economico.

19. Le pattuizioni tra ex coniugi, con oggetto la corresponsione di somme o di altre utilità nascenti da un’unica fonte negoziale, la cui funzione sia quella di sistemare definitivamente i rapporti economici, con il versamento anche rateale del concordato importo omnicomprensivo delle pretese economiche (nella specie la somma di Euro 24.600,00 nella misura fissa di Euro 200,00 mensile) possono essere considerate equivalenti a quei negozi di natura transattiva o aleatoria, la cui efficacia i giudici di legittimità hanno già ritenuto essere subordinata all’approvazione del Tribunale e come tali non assoggettabili alla regolamentazione prevista per l’assegno periodico di divorzio di cui alla L. n. 898 del 1970, art. 5 (in argomento, cfr. Cass. 12939/2003).

20. Conseguentemente, la questione in esame va risolta con l’affermazione del principio di diritto secondo cui: "In tema di divorzio, qualora le parti, in sede di regolamentazione dei loro rapporti economici, abbiano convenuto di definirli in un’ unica soluzione, come consentito dalla L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 8, attribuendo al coniuge che abbia diritto alla corresponsione dell’assegno periodico previsto nel comma 6 dello stesso art. 5, una determinata somma di denaro, anche se liquidata con versamenti rateizzati in misura fissa e predeterminata, o altre utilità, il cui valore il Tribunale, nella sentenza che pronuncia lo scioglimento del matrimonio, abbia ritenuto equo ai fini della concordata regolazione patrimoniale, tale attribuzione, indipendentemente dal nomen iuris che gli ex coniugi le abbiano dato nelle loro pattuizioni, deve ritenersi adempitiva di ogni obbligo di sostentamento nei confronti del beneficiario, dovendosi, quindi, escludere che costui possa avanzare, successivamente, ulteriori pretese di contenuto economico e, in particolare, che possa essere considerato, all’atto del decesso dell’ex coniuge, titolare dell’assegno di divorzio, avente, come tale, diritto di accedere alla pensione di reversibilità o (in concorso con il coniuge superstite) a una sua quota".

21. Avendo la Corte territoriale accolto una diversa opzione ermeneutica il ricorso dell’INPS risulta fondato.

22. Per l’effetto la sentenza impugnata va cassata e la causa, non essendo necessari accertamenti di fatto, è da questa Corte decisa nel merito (art. 384 c.p.c.) nel senso del rigetto della domanda proposta da P.D..

23. Appare equo compensare fra le parti le spese dell’intero processo, in considerazione della problematicità della questione controversa, non ancora oggetto di un orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda. Spese compensate dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 10 maggio 2012.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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