T.A.R. Lazio Roma Sez. III, Sent., 03-01-2012, n. 33 Atti amministrativi diritto di accesso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

I.Il Dott. A.L., magistrato amministrativo, prospetta nel ricorso in esame di essere stato già sottoposto a numerosi procedimenti disciplinari, con incolpazioni varie e di avere pertanto formulato l’istanza di accesso ad atti datata 12.5.2011. Soggiunge che della sua vicenda si sono occupate la stampa e diverse interrogazioni parlamentari e che successivamente, essendogli stato notificato, dalla procura della Repubblica per il tramite del nucleo carabinieri di Firenze, avviso a rendere sommarie informazioni testimoniali presso il P.M. titolare di un fascicolo relativo ai fatti, anche con riferimento "alle attenzioni disciplinari rivoltemi dal CPGA", ha chiesto, in vista di tale escussione a SIT, accesso ai documenti (specificati in epigrafe) di cui all’istanza 23.5.2011. Invero, precisa il ricorrente, la sua intenzione, oltre che riferita "alle specifiche richieste che" gli "sarebbero state rivolte dal PM", era ed è quella di portare all’attenzione della Procura della Repubblica tutti i fatti relativi alla sua vicenda e "di cui non si può escludere la possibile utilizzazione", da parte del ricorrente stesso, "nell’ambito delle indagini in corso o per formulare nuove denunce".

L’Amministrazione, rimarca ancora il ricorrente, ha respinto le istanze suddette per alcuni atti, per altri ha ammesso l’accesso e per altri ancora ha chiesto chiarimenti sull’interesse all’accesso stesso, omettendo poi (dopo la precisazione del ricorrente di voler verificare la sussistenza di ipotesi di reato in suo danno per eventuali denunce) ogni ulteriore risposta.

II.Ciò stante il ricorrente propone il ricorso per l’accesso agli atti di cui in epigrafe, ex art. 116 cpa, rimarcando che l’interesse all’accesso, erroneamente escluso dalla P.A., consiste nel diritto a presentare denuncia per reati eventualmente commessi in proprio danno e nel diritto a rappresentare al PM tutti i fatti utili alle indagini (e quindi "per eventuali azioni giudiziarie in altra sede"), a prescindere dalla eventuale acquisizione per mezzo di sequestro da parte della Procura della Repubblica. L’attualità dell’interesse è dimostrata dalle indagini in corso. La questione interferisce poi, assume l’istante, con la procedura disciplinare, "nella quale si intende eccepire la eventuale sussistenza di fatti reato da accertare".

III.Deduce pertanto quanto segue:

a)Violazione dell’art. 3 della L. n. 241 del 1990, difetto di motivazione, eccesso di potere, travisamento del fatto, erronea valutazione dei presupposti, essendo già stato riconosciuto al ricorrente (TAR Lazio, RM, n. 11358/2008) il diritto di accesso ad atti per eventuali azioni giudiziarie ed essendo evidente che il Segretario Generale sta censurando le possibilità di difesa penale del ricorrente e le relative azioni, al di fuori della propria possibilità di sindacato;

b)Violazione di legge e dei principi comunitari in materia di diritto di difesa e di accesso ai documenti. Violazione degli artt. 6 e 13 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo;

c)Violazione dell’art. 22 e ss. della L. n. 241 del 1990, sotto ulteriore profilo, essendo preclusa alla P.A. ogni valutazione sulla fondatezza o ammissibilità della domanda o denuncia che si intende proporre in sede giurisdizionale;

d)Eccesso di potere per contraddittorietà, essendo già stato consentito l’accesso a diversi atti della procedura disciplinare, non comprendendosi pertanto le ragioni del diniego;

e)Violazione dell’art. 10 bis della L. n. 241 del 1990.

L’istante chiede poi la condanna dell’Amministrazione per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c..

L’Amministrazione è costituita in giudizio e controdeduce ex adverso. Anche i controinteressati B., S. e G. producono memorie difensive.

Alla Camera di Consiglio del 16.11.2011, la causa è stata discussa ed è passata in decisione.

IV.Tanto premesso in punto di fatto, va rilevato che per il ricorso in esame si profilano, in via preliminare, dubbi di radicale inammissibilità in riferimento alla richiesta di ostensione degli atti in epigrafe specificati sub 1, 2, 3, 4, 8, 9, 10, 13, 14, 15, 16, in base alle seguenti considerazioni:

IV.1)per tali atti, il Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, investito ai sensi dell’art. 20 del Regolamento Interno di tale Organo, ha rilevato, con delibera assunta nella seduta del 30 maggio 2011, non essere stata indicata, da parte dell’interessato, la sussistenza di un interesse rilevante all’accesso ed ha pertanto dato "mandato al Segretario Generale di richiedere all’interessato quale sia l’interesse giuridicamente rilevante sotteso all’esercizio del diritto di accesso";

IV.2)il Segretario Generale, in esecuzione della delibera suddetta, ha chiesto all’interessato, con Det. del 6 giugno 2011, per i documenti sopra menzionati, di specificare l’interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente a una situazione giuridicamente rilevante e collegata ai documenti stessi, "che giustifica la richiesta di accesso", ai sensi dell’art. 22 della L. n. 241 del 1990, "non essendo adeguato, sotto tale profilo, l’interesse enunciato";

IV.3)le suddette determinazioni dell’Amministrazione possono quindi sembrare interlocutorie e non definitive, anche alla luce dell’art. 6 comma 5 del D.P.R. n. 184 del 2006, ai sensi del quale "ove la richiesta sia irregolare o incompleta, l’amministrazione, entro dieci giorni, ne dà comunicazione al richiedente con raccomandata con avviso di ricevimento ovvero con altro mezzo idoneo a comprovarne la ricezione. In tale caso, il termine del procedimento ricomincia a decorrere dalla presentazione della richiesta corretta";

IV.4) se così fosse, il procedimento per l’accesso ai ripetuti documenti non si sarebbe (lesivamente) concluso, per il ricorrente, con il contestato atto (ove qualificato, appunto, meramente interlocutorio) del Segretario Generale 6.6.2011, ed il termine di conclusione procedimentale, rilevante anche ai fini del decorso del termine d’impugnativa, avrebbe ricominciato a decorrere soltanto con l’istanza integrativa prodotta dall’interessato all’Amministrazione in data 9/10.6.2011;

IV.5) il silenzio diniego su tale istanza si sarebbe peraltro formato, dopo 30 gg. dalla sua presentazione, ex art. 25 co. 4, della L. n. 241 del 1990, soltanto in data 9.7.2011, per cui, il ricorso in esame, essendo stato notificato all’Amministrazione il 5.7.2011, potrebbe ritenersi (nella parte riferita ai documenti in questione) inammissibile in quanto mosso avverso un atto non definitivo ed un diniego tacito non ancora perfezionatosi.

V.Ritiene tuttavia il Collegio (in ossequio a canoni interpretativi finalizzati a favorire per quanto possibile l’ingresso in giudizio e il riscontro giurisdizionale di istanze in tema di accesso e trasparenza) di risolvere il dubbio di inammissibilità del ricorso (in parte qua), nel senso del riconoscimento della portata comunque lesiva e reiettiva dell’atto dell’Amministrazione in data 3/6.6.2011, anche in considerazione del fatto che lo stesso Segretario Generale, nella successiva nota, in atti, del 13.6.2011 (non impugnata dal ricorrente), qualifica come "precedente diniego" la determinazione già emessa il 6.6.2011.

VI. Quanto sopra, tuttavia, con la precisazione, da parte di questo Collegio, che la motivazione della richiesta di accesso e il relativo interesse enunciati nella citata istanza del ricorrente 9/10.6.2011 ("voler verificare se sussistano ipotesi di reato commesse in mio danno, per eventuale proposizione di denunce innanzi all’autorità giudiziaria"), non possono ritenersi essere stati ritualmente introdotti in sede procedimentale e conseguentemente non possono essere fatti valere a fondamento dell’asserita illegittimità del diniego di accesso opposto dall’Amministrazione.

VII. L’istante prospetta dunque, a motivazione della richiesta di accesso in data 23.5.2011 (della quale il Collegio ritiene di doversi occupare prioritariamente), l’interesse ad acquisire i documenti richiesti al "fine di consentire un’esatta e completa deposizione testimoniale sui fatti" relativamente al formale invito della Procura della Repubblica a rendere SIT presso l’ufficio del PM titolare del fascicolo.

Al riguardo il Collegio, concordando con l’Amministrazione (salvo che per alcuni casi e documenti specifici dei quali si dirà nel prosieguo), ritiene che l’interesse suddetto non sia tale da supportare adeguatamente la pretesa dell’istante di ottenere in ostensione i ripetuti documenti. Invero, ai sensi dell’art. 22 della L. n. 241 del 1990, l’interesse che giustifica l’accesso deve essere diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso.

Orbene, se è vero, per un verso, che l’accertamento dell’interesse all’esibizione degli atti amministrativi riguardanti il soggetto che richiede l’accesso ai sensi dell’art. 22 della L. 7 agosto 1990, n. 241, va effettuato con riferimento alle finalità che egli dichiara di perseguire, non potendosi operare alcun apprezzamento in ordine alla fondatezza o ammissibilità della domanda o della censura che sia stata proposta o si intenda proporre, la cui valutazione spetta solo al giudice chiamato a decidere, è altrettanto vero che, come la giurisprudenza riconosce (cfr. CdS, IV, 8.7.2003, n. 4049), sotto il profilo logico deve pur sempre sussistere un legame tra finalità dichiarata e documento richiesto. Ciò perché concretezza dell’interesse personale all’accesso ai documenti amministrativi significa che la posizione legittimante all’accesso non va confusa con quella di altri soggetti o con l’interesse pubblico nè può essere caratterizzata da un eccessivo grado d’astrazione: con la conseguenza che il titolare deve esternare non solo le ragioni per cui intende accedere ma, soprattutto, la coerenza di tali ragioni con gli scopi alla cui realizzazione il diritto d’accesso è preordinato (Consiglio Stato, decisione citata). In altri termini, se il giudizio circa la concreta pertinenza della documentazione alla causa non può che spettare all’autorità giudiziaria adita, non di meno spetta all’amministrazione valutare, in ordine al diritto d’accesso, l’astratta inerenza dell’istanza a quel giudizio. Diversamente opinando, infatti, l’intenzione annunciata di proporre un’azione giudiziaria giustificherebbe la richiesta di qualsivoglia documento.

VIII.Nel caso di specie, non sussistono i presupposti per l’accesso. L’essere stato chiamato, da parte di una Procura della Repubblica, a rendere sommarie informazioni testimoniali, come genericamente prospettato dal ricorrente, non attribuisce a quest’ultimo il diritto di ricercare autonomamente -imponendo a pubbliche amministrazioni l’ostensione di atti e documenti dalla stessa detenuti e per lo più riguardanti oltretutto soggetti terzi- elementi conoscitivi su fatti e circostanze asseritamente utili alla deposizione. Invero, il soggetto chiamato a sommarie informazioni testimoniali deve limitarsi a rappresentare i fatti a lui noti e non è legittimato, per ciò stesso, a ricercare, attraverso l’esercizio di un supposto diritto di accesso, mezzi di prova di eventuali reati. Ogni potere di indagine al riguardo, nei confronti di terzi, e la valutazione della sussistenza dei relativi presupposti giustificativi, spettano, infatti, esclusivamente all’Autorità giudiziaria penale, mediante gli strumenti a disposizione della stessa. Del resto, la semplice chiamata a SIT, in cui l’interessato è chiamato a testimoniare su fatti conosciuti a tutela di interessi oggettivi, nemmeno costituisce, in senso proprio, sede di difesa da parte dell’interessato di propri soggettivi interessi giuridici, tale da giustificare di per sé la richiesta di accesso. Fermo restando poi quanto rilevato sub VI, deve soggiungersi, ad abundantiam, che analoga irrilevanza, ai fini della giustificazione dell’interesse all’accesso (che deve essere concreto ed attuale), assume l’intendimento manifestato dal ricorrente di verificare la sussistenza di ipotesi di reato per "eventuali" denunce. La prospettazione, invero, è generica e non è comunque tale da manifestare un concreto collegamento tra i documenti e una posizione soggettiva giuridicamente tutelata del ricorrente. Anzitutto, invero, l’istante non specifica (a fronte di un’ampia congerie di documenti richiesti) quali siano i fatti, i comportamenti e le circostanze cui potrebbero riferirsi le sue denunce, ed in ogni caso si tratta, anche in questo caso, di un’attività di ricerca probatoria che non compete al privato. Va poi rimarcata l’irrilevanza di un interesse a proporre denunce in sede penale, in relazione al fatto che in ogni caso l’azione penale è obbligatoria, spettando alla magistratura ogni indagine e decisione al riguardo (cfr. TAR Lazio, III quater n. 7998 del 17.10.2011).

IX. La stessa dichiarata interferenza, inoltre, degli atti richiesti con i procedimenti disciplinari a carico del ricorrente, è generica e non specificata e differenziata per ciascuno dei molteplici documenti indicati. Ed anche in ordine a tale aspetto va rimarcato che l’interesse all’accesso deve essere invece concreto, così come deve essere chiaro e comprovato il collegamento del documento con la posizione giuridicamente tutelata dell’interessato. Entrambi tali presupposti, a fronte dell’ampia gamma di atti richiesti in ostensione, non risultano adeguatamente comprovati e la richiesta ostensiva del ricorrente appare dunque piuttosto orientata ad un controllo generalizzato (ed in quanto tale inammissibile) dell’operato dell’Amministrazione.

X. E’ noto, al riguardo, che le disposizioni in materia di diritto di accesso, mirano a coniugare la ratio dell’istituto, quale fattore di trasparenza e garanzia di imparzialità dell’Amministrazione – come enunciato dall’art. 22 della L. n. 241 del 1990 – con il bilanciamento da effettuare rispetto ad interessi contrapposti, fra cui anche quello all’efficiente funzionamento degli uffici pubblici; in tale ottica, al comma 3 del successivo art. 24 si dispone l’inammissibilità delle istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni. Inoltre, in base al comma 7 dello stesso art. 24, "deve …essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi, la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici". Occorre, dunque, la dimostrazione di una rigida "necessità" e non di una mera "utilità" dei documenti richiesti in ostensione. Tanto più nei casi in cui, come nella specie, l’accesso sia esercitato non già in relazione agli atti di un procedimento amministrativo di cui il richiedente è parte, ma in relazione agli atti di procedimenti amministrativi rispetto ai quali il richiedente è terzo (cfr. CdS, VI, 12.1.2011, n. 116 e n. 117). Nella specie, a fronte del mero intendimento di accertare e denunciare "eventuali" ed imprecisati fatti reato, la stretta necessità (e non mera utilità) di ostensione degli atti a fini difensivi non appare affatto comprovata.

XI.Le sopra esposte considerazioni e/o le altre qui di seguito enunciate (vedi peraltro CdS; VI, n. 117/2011, per la possibilità, in sede giudiziale, di individuare ragioni d’insussistenza dei presupposti dell’accesso anche indipendentemente dai motivi indicati nel provvedimento) danno conto dell’infondatezza del primo e del terzo motivo di ricorso, per i seguenti atti, come in epigrafe numerati:

-sub 2 ("dinieghi di accesso ai titoli del G. e agli altri documenti del concorso"), dovendosi al riguardo aggiungere che i "dinieghi di accesso" suddetti, in quanto tali, sono stati evidentemente a suo tempo opposti all’attuale ricorrente e si presumono pertanto essere stati dallo stesso conosciuti, con irrilevanza quindi dell’attuale richiesta in ostensione di tali stessi "dinieghi";

-sub 3 ("verbali delle commissioni relativi al proposto monitoraggio delle e-mail del sottoscritto e la eventuale corrispondenza acquisita, con specifica indicazione delle posizioni assunte dal dott. F.M."), dovendosi tener conto della prioritaria ed assorbente circostanza che l’Avvocatura dello Stato, con memoria depositata il 31.10.2011, ha plausibilmente prospettato che "il Dott. Liberati non è stato mai sottoposto ad alcun monitoraggio delle e-mail (com’è del resto ovvio trattandosi di iniziativa che sarebbe stata palesemente illegittima)", sicchè non si vede effettivamente, allo stato, sussistere alcuna possibilità di accogliere la richiesta di accesso a documentazione relativa ad un fatto che l’Amministrazione assume "del tutto inesistente". In proposito resta da precisare che dell’esistenza di tale fatto il ricorrente -al di là della generica indicazione fatta in ricorso e del cenno, reso oralmente in Camera di Consiglio, alla pendenza di una questione sul punto dinanzi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo- non ha fornito riscontri oggettivi a supporto, dovendosi pertanto allo stato disattendere la detta richiesta di accesso, fermo restando, peraltro, che in presenza di concreti diversi elementi, trattandosi di questione comunque direttamente e personalmente riguardante il ricorrente stesso, l’istanza di accesso potrà eventualmente essere ripresentata;

-sub 4 ("i provvedimenti contenenti le ragioni della mancata verifica delle ipotetiche responsabilità descritte dall’anonimo per cui è procedimento disciplinare, anche con riferimento alla posizione dei dott.ri A.A., F.R. e L.S."), tenuto conto, in aggiunta a quanto in generale esposto nei paragrafi precedenti, del non percepibile collegamento della documentazione con gli interessi diretti e differenziati e con la posizione, anche disciplinare, giuridicamente tutelata del ricorrente, nonché della mancata considerazione, da parte del ricorrente stesso, dell’art. 38 comma 2 del Regolamento del Consiglio di Presidenza che impone l’archiviazione degli esposti anonimi;

-sub 5 -"i documenti relativi alla posizione lavorativa della dott.ssa A.G. (funzioni, mansioni, distacco, passaggio di sede, stati matricolari, ecc.) e le ragioni del loro diniego e del mancato inserimento nella pratica disciplinare"-

tenuto conto, in aggiunta a quanto in generale esposto nei paragrafi precedenti, del fatto che è rimasto incontestato il rilievo formulato sul punto dall’Amministrazione, nel Provv. datato 3 giugno 2011, che "non v’è luogo a deliberare in quanto l’accesso è già stato negato e pende ricorso al Giudice amministrativo", e ribadito altresì il rilievo del non percepibile collegamento della documentazione in questione con gli interessi diretti e differenziati e con la posizione, anche disciplinare, giuridicamente tutelata del ricorrente;

-sub 6 ("i documenti in base ai quali la commissione disciplinare V.- B.- M. ha giustificato l’affermazione di "falsa invalidità" della collega regatante"), dovendosi aggiungere che è rimasto incontestato il rilievo formulato sul punto dall’Amministrazione, nel Provv. datato 3 giugno 2011, che "non v’è luogo a deliberare in quanto l’accesso è già stato negato e pende ricorso al Giudice amministrativo" e che l’Avvocatura dello Stato, in rappresentanza dell’Amministrazione stessa, con memoria difensiva del 31.10.2011, ha evidenziato che, giusta sentenza di questo TAR n. 6430/2011, il Dott. Liberati ha ritenuto satisfattivo quanto difensivamente rappresentato dalla P.A. in altro giudizio circa il fatto di non detenere alcun documento riguardante "un magistrato ordinario sofferente di mal di schiena e in realtà partecipante a varie regate sportive";

-sub 7 ("tutti gli esposti oggetto di archiviazione senza esercizio dell’azione disciplinare e i relativi provvedimenti del CPGA") dovendosi aggiungere che è rimasto incontestato il rilievo formulato sul punto dall’Amministrazione, nel Provv. datato 3 giugno 2011, che "non v’è luogo a deliberare in quanto l’accesso è già stato negato e pende ricorso al Giudice amministrativo";

-sub 8 ("tutti gli esposti proposti contro il sottoscritto e trattati dal CPGA") sulla base del rilievo, formulato in sede difensiva dall’Amministrazione, per cui gli esposti presentati contro il Dott. Liberati "sono stati già oggetto di ostensione nel corso del giudizio r.g.n. 3922/2011 mediante deposito in copia nella camera di consiglio del 15 luglio 2011". Resta sul punto da precisare che la richiesta di accesso può riguardare, a sensi della L. n. 241 del 1990, documenti già esistenti e non la formazione di un’attestazione circa l’esaustività dei documenti rilasciati in ostensione, fermo peraltro restando, in proposito, che ove plausibilmente constino all’interessato, sulla base di riscontri oggettivi (allo stato non rappresentati), ulteriori esposti a suo carico, potrà eventualmente chiedere di accedere ad essi con nuova domanda;

-sub 11 ("i documenti relativi allo stage svolto dal G. presso il CPGA"), dovendosi aggiungere che è rimasto incontestato il rilievo formulato sul punto dall’Amministrazione, nel Provv. datato 3 giugno 2011, che "l’accesso non è possibile in quanto non risulta alcun atto corrispondente a quello richiesto";

-sub 12 ("le eventuali determinazioni disciplinari nei confronti del dottor G. a seguito di trasmissione di decreto penale di condanna per diffamazione aggravata in mio danno"), dovendosi aggiungere che è rimasto incontestato il rilievo formulato sul punto dall’Amministrazione, nel Provv. datato 3 giugno 2011, che "l’accesso non è possibile in quanto non risulta alcun atto corrispondente a quello richiesto";

-sub 13 ("i provvedimenti di archiviazione ed i verbali relativi alla segnalazione disciplinare ed al successivo accertamento dell’appartenenza massonica (in sonno) del presidente di una delle associazioni dei Consiglieri di Stato, dottor F.D., e del dottor G.S.") ; sub 14 ("i provvedimenti concernenti l’autorizzazione al fuori ruolo degli ultimi 10 anni"); sub 15 ("verbali della commissione e del Plenum relativi alla mancata approvazione della proposta di inserimento di una dichiarazione annuale di non appartenenza massonica da parte dei magistrati amministrativi, con indicazione dei singoli voti"); sub 16 ("gli eventuali provvedimenti di autorizzazione ad incarichi extragiudiziari emessi a favore di colleghi indagati o condannati in sede penale"), dovendosi al riguardo ribadire che non si vede il collegamento, alla stregua di quanto rappresentato dall’interessato, della documentazione suddetta con un interesse specifico e concreto del richiedente e con una sua posizione legittimante giuridicamente tutelata, tra l’altro dovendosi considerare che trattasi di documentazione riguardante posizioni di terzi soggetti di cui non è dimostrata la "necessità" di acquisizione per difesa di interessi propri del ricorrente e sembrando, in definitiva, le richieste di ostensione di cui trattasi, riferite ai documenti menzionati, piuttosto concretare una sorta di inammissibile controllo generalizzato ed astratto della legalità dell’operato dell’Amministrazione.

XII.Anche gli ulteriori profili di censura mossi dall’istante sono privi di fondamento.

Quanto invero, alla denunciata violazione di principi comunitari in materia di diritto di difesa e di accesso ai documenti e degli artt. 6, 10 e 13 della CEDU, trattasi di censura che non può essere condivisa, dal momento che i principi e le norme suddetti debbono essere evidentemente armonizzati e contemperati con i limiti del diritto di accesso legittimamente posti nell’ordinamento nazionale a tutela del buon andamento dell’Amministrazione e delle esigenze di riservatezza dei terzi.

XIII.Il profilo di contraddittorietà, poi, con precedenti esiti (anche giurisdizionali) di altre istanze di accesso ad atti relativi alla procedura disciplinare, non può essere condiviso, atteso che nella specie sono diversi gli atti richiesti, o le motivazioni della richiesta o le circostanze in presenza delle quali è stata assunta la contestata decisione dell’Amministrazione sulle richieste di ostensione di documenti amministrativi.

XIV.Inoltre, come costantemente affermato da questo Tribunale, deve ritenersi inapplicabile l’art. 10 bis della L. n. 241 del 1990 ai procedimenti diretti ad ottenere l’accesso ad atti, sia in base all’elemento testuale, in quanto l’elenco dei procedimenti, contenuto in tale disposizione, cui essa non è applicabile, non si ritiene che abbia carattere di tassatività, sia in base al dato sistematico, poiché il procedimento di accesso realizza un interesse meramente partecipativo, strumentale alla soddisfazione di un interesse primario, che non si concilia con la previsione di una ulteriore fase subprocedimentale (cfr. T.A.R. Lazio Roma, sez. I, n. 13562/2005; sez.II, n.71/2008).

Il ricorso, va conclusivamente respinto in riferimento e limitatamente alle richieste di ostensione documentale sopra riferite.

XV.Restano da definire le richieste di accesso azionate in relazione a quanto in epigrafe specificato sub 1 ("tutti i provvedimenti di trasmissione agli organi competenti delle numerose azioni disciplinari per le quali sono stato proposto") e sub 9 (" tutti i provvedimenti di trasmissione alle autorità competenti per l’esercizio delle azioni disciplinari relativi ai suddetti esposti", cioè a quelli presentati a carico del ricorrente). Tali richieste debbono essere accolte, riguardando atti e documenti direttamente ed esclusivamente attinenti alla posizione personale del ricorrente e che quindi, al di là di quanto tuzioristicamente e magari impropriamente rappresentato dallo stesso ricorrente, non richiedono dimostrazione specifica di interesse all’accesso (che è in re ipsa, e cioè insito nel fatto dell’attinenza dei documenti alla posizione soggettiva ed esclusiva del richiedente).

XVI.E’anche da accogliere, per gli stessi succitati motivi, la richiesta documentale sub 10 ("disposizioni relative alla partecipazione dei membri supplenti (dott.ri L. C. e V. P.) alle pratiche disciplinari contro il sottoscritto e relativo trattamento economico"), con esclusione, peraltro, degli eventuali documenti riferiti al "relativo trattamento economico", non essendo stato evidenziato al riguardo, da parte del ricorrente, un interesse specifico all’accesso e un collegamento del documento, in parte qua, con la posizione soggettiva dell’istante (dovendosi pertanto in proposito ribadire quanto già ostativamente evidenziato dal Collegio in via generale in riferimento all’insufficienza e inadeguatezza delle motivazioni poste a fondamento delle richieste documentali azionate).

XVII.Alla stregua delle esposte considerazioni, il ricorso dev’essere in parte respinto ed in parte accolto, per l’effetto dovendosi ordinare all’Amministrazione di esibire all’interessato, entro giorni 30, i documenti di cui sia in possesso e riguardanti quanto sopra specificato sub XV e sub XVI.

XVIII.Le spese processuali, sussistendo giusti motivi, anche in relazione all’esito del ricorso, possono essere compensate tra tutte le parti in causa. Sempre in considerazione, poi, dell’esito del ricorso, in larga parte sfavorevole al ricorrente, e non riscontrandosi mala fede o colpa grave nella resistenza in giudizio dell’Amministrazione, va respinta la richiesta di condanna dell’Amministrazione per responsabilità aggravata, ex art. 96 c.p.c..

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, III, in parte respinge il ricorso in epigrafe ed in parte lo accoglie, ordinando per l’effetto e come da motivazione alla P.A. l’esibizione al ricorrente degli atti sopra specificati.

Compensa le spese.

Rigetta la richiesta di condanna per responsabilità aggravata.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 novembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Domenico Lundini, Presidente FF, Estensore

Giuseppe Sapone, Consigliere

Francesco Brandileone, Consigliere

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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