Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 13-06-2012, n. 9645

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato l’8/5/2008 S.D. adì il giudice del lavoro del Tribunale di Ancona deducendo irregolarità e disfunzioni nella costituzione e gestione del fondo di cui all’art. 26 del CCNL dell’Area della Dirigenza del Comparto Regioni – Autonomie locali del 23 dicembre 1999, fondo destinato al finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato dei dirigenti. Per quel che qui interessa il ricorrente sostenne che l’anomalia risiedeva nel fatto che nella determinazione del predetto fondo il Comune di Ancona aveva tenuto conto delle sole funzioni dirigenziali risultate effettivamente coperte nel corso del 1998, mentre avrebbe dovuto considerare tutte le posizioni dirigenziali previste in organico; inoltre, lo stesso fondo era stato erroneamente utilizzato anche per il pagamento dell’indennità di posizione ad una unità dirigenziale assunta con contratto a tempo determinato.

Inutilmente esperita la procedura di interpretazione autentica per il tramite dell’Aran, di cui al D.Lgs n. 165 del 2001, art. 64, comma 1, il giudice adito, con sentenza parziale del 10/3/2010, dichiarò che l’art. 26 del ccnl 23.12.99 doveva interpretarsi nel senso che nella determinazione del fondo doveva tenersi conto di tutte le posizioni dirigenziali previste in organico e non solo di quelle effettivamente coperte e che lo stesso poteva essere utilizzato per le indennità spettanti ai soli dirigenti assunti a tempo indeterminato.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il Comune di Ancona, in persona del sindaco p.t, che affida l’impugnazione a due motivi di censura. Resiste con controricorso S.D.. Il ricorrente deposita, altresì, memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

Preliminarmente va respinta l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa di S.D. sia con riguardo alla necessità, nella fattispecie, della formulazione del quesito, sia in ordine alla dedotta omessa indicazione del fatto controverso.

Invero, la sentenza impugnata risulta essere stata pubblicata in data 10 marzo 2010, cioè in epoca notevolmente successiva all’entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47 che ha abrogato l’art. 366-bis cod. proc. civ. che prevedeva la necessità del quesito di diritto a conclusione di ciascun motivo nei casi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1), 2), 3) e 4).

Si è, infatti, già avuto modo di affermare (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 7119 del 24/03/2010) che "alla stregua del principio generale di cui all’art. 11 preleggi, comma 1, secondo cui, in mancanza di un’espressa disposizione normativa contraria, la legge non dispone che per l’avvenire e non ha effetto retroattivo, nonchè del correlato specifico disposto della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 58, comma 5 in base al quale le norme previste da detta legge si applicano ai ricorsi per cassazione proposti avverso i provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore della medesima legge (4 luglio 2009), l’abrogazione dell’art. 366-bis cod. proc. civ. (intervenuta ai sensi della citata L. n. 69 del 2009, art. 47) è diventata efficace per i ricorsi avanzati con riferimento ai provvedimenti pubblicati successivamente alla suddetta data, con la conseguenza che per quelli proposti antecedentemente (dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006) tale norma è da ritenersi ancora applicabile".

In ogni caso il ricorrente ha formulato a conclusione di entrambi i motivi i quesiti di diritto e negli stessi non è dato intravvedere la eccepita mancanza del fatto controverso, essendo, al contrario, compiutamente esposta la questione di cui si dibatte.

Va egualmente respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dal controricorrente con riferimento alla presunta violazione del principio di autosufficienza per mancata riproduzione della norma collettiva oggetto di disamina.

Invero, trattandosi di contratto collettivo del settore pubblico e non di un accordo integrativo dello stesso vige il particolare regime di pubblicità di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 47, comma 8.

Si è, infatti, statuito (Cass. Sez. Lav. n. 8231 del 11/04/2011) che "in tema di giudizio per cassazione, l’esenzione dall’onere di depositare il contratto collettivo del settore pubblico su cui il ricorso si fonda deve intendersi limitata ai contratti nazionali, con esclusione di quelli integrativi, atteso che questi ultimi, attivati dalle amministrazioni sulle singole materie e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono, se pure parametrati al territorio nazionale in ragione dell’amministrazione interessata, hanno una dimensione di carattere decentrato rispetto al comparto, e per essi non è previsto, a differenza dei contratti collettivi nazionali, il particolare regime di pubblicità di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 47, comma 8. Ne consegue che operano gli ordinari criteri di autosufficienza del ricorso, il quale risulta inammissibile ove il ricorrente non riporti il contenuto della normativa collettiva integrativa di cui censuri l’illogica o contraddittoria interpretazione." Nè va sottaciuto che ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 5 nelle controversie di cui ai commi 1 e 3 e nel caso di cui all’art. 64, comma 3, il ricorso per cassazione può essere proposto anche per violazione o falsa applicazione dei contratti e accordi collettivi nazionali di cui all’art. 40, per cui sussiste il potere del giudice di legittimità di leggere direttamente il testo contrattuale e di enunciarne il significato, in quanto l’errore è equiparato a quello di violazione di legge.

Può, quindi, procedersi all’esame dei motivi del ricorso.

Col primo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 c.c. in relazione all’art. 26 del CCNL dell’Area della Dirigenza del Comparto Regioni Autonomie locali del 23 dicembre 1999, con riferimento alle posizioni dirigenziali previste in organico e non ricoperte.

Sostiene il ricorrente che l’interpretazione dell’art. 26 del summenzionato contratto collettivo eseguita dal Tribunale di Ancona, per il quale nella determinazione del fondo per la retribuzione di posizione e di risultato dovrebbe tenersi conto di tutte le posizioni dirigenziali previste in organico e non solo di quelle effettivamente coperte, viola il canone ermeneutico della letteralità: invero, secondo la difesa dell’ente territoriale il testo dell’art. 37 del ccnl 10/4/96, da interpretarsi in stretta correlazione col citato art. 26 del ccnl del 23/12/99 dal quale è richiamato, così come affermato pure dal giudicante, introduce al comma 4 il principio per il quale l’incremento del fondo, per il caso di posizioni organizzative di nuova istituzione, può esservi solo ed esclusivamente nel caso in cui tali posizioni siano effettivamente ricoperte; inoltre, allo stesso art. 37, comma 5 si stabilisce che il valore complessivo del finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato non può essere inferiore a quello dell’indennità di funzione in godimento ai dirigenti in servizio. Aggiunge il ricorrente che il Tribunale anconetano ha eluso anche il canone dell’interpretazione complessiva di cui all’art. 1363 c.c. ed in particolare l’indagine sulla coerenza della norma del contratto collettivo rispetto all’ordinamento giuridico in cui va ad inserirsi e ad operare, in quanto l’interpretazione adottata in sentenza dell’art. 26 del ccnl 23/12/99 comporta una ingiustificata moltiplicazione della spesa pubblica nel momento in cui stabilisce che per il finanziamento del fondo si deve tener conto anche delle posizioni che, pur presenti in organico, non risultano, tuttavia, più ricoperte. Una norma, in tal modo violata secondo tale tesi difensiva, è quella di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 1 che, dettando regole generali sull’ordinamento del lavoro nelle pubbliche amministrazioni, prescrive, nei rispetto dell’art. 97 Cost., la razionalizzazione del costo del lavoro pubblico ed il contenimento della spesa complessiva per il personale, diretta ed indiretta, entro i vincoli della finanza pubblica. A titolo di esempio la difesa dell’ente richiama le disposizioni della Legge Finanziaria del 2008, vale a dire la L. n. 244 del 2007 che all’art. 1, comma 557, nel prevedere il rispetto per le autonomie regionali e locali degli obiettivi di finanza pubblica di cui ai commi 655 e 695, impone agli enti sottoposti al patto di stabilità di assicurare la riduzione delle spese di personale garantendo il contenimento della dinamica retributiva ed occupazionale attraverso la razionalizzazione delle strutture burocratiche amministrative. A tal fine la stessa disposizione normativa prevede che i suddetti enti possono far riferimento alla L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, commi 189, 191, e 194 (Legge Finanziaria del 2006) per la determinazione dei fondi per il finanziamento della contrattazione integrativa al fine di rendere coerente la consistenza dei fondi stessi con l’obiettivo di riduzione della spesa complessiva di personale. In conclusione, il ricorrente richiama l’attenzione sul fatto che il finanziamento del fondo per la retribuzione di posizione e di risultato dirigenziale deve essere strumentalmente correlato all’assetto funzionale ed organizzativo dell’ente stesso.

2. Col secondo motivo è denunziata la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c. in relazione all’art. 26 CCNL dell’Area della Dirigenza del Comparto Regioni Autonomie locali del 23 dicembre 1999 con riferimento al presunto divieto di utilizzazione dei fondo di cui all’art. 26 CCNL 23:12.1999 per le indennità spettanti ai singoli dirigenti assunti con contratto a tempo determinato. Si contesta, in particolare, la decisione con la quale è stato ritenuto che il fondo di cui all’art. 26 del ccnl del 23/12/99 deve essere utilizzato per le indennità spettanti ai soli dirigenti assunti con contratto a tempo indeterminato, sostenendosi che in tal modo si sono violate le suddette regole di ermeneutica contrattuale e non si è tenuto conto della nota dell’ARAN del 16/10/2009 con la quale si era precisato che le modalità di finanziamento previste dalla disposizione collettiva in esame trovavano applicazione anche relativamente ai posti di organico di qualifica dirigenziale risultanti coperti da dirigenti assunti con contratti a termine. Con tale nota l’Aran aveva anche spiegato che in tali casi le risorse di cui all’art. 26 del ccnl del 23/12/99 non potevano essere considerate ancora disponibili ai sensi dell’art. 27, comma 9, dello stesso accordo collettivo, la qual cosa comportava che le stesse erano risparmiate dall’ente allorquando il posto in organico era coperto da un dirigente con contratto a termine e potevano essere utilizzate per coprire gli oneri derivanti dalla stipula del contratto col dirigente a termine, salvo a ritornare nella disponibilità nel caso di estinzione del rapporto a termine.

Nella stessa nota dell’Aran, trascritta dal ricorrente, si legge che nessuna norma contrattuale imponeva un diverso finanziamento della retribuzione di posizione qualora alcune delle funzioni dirigenziali dell’ente fossero state affidate a dirigenti assunti con contratto a termine; diversamente (cioè trascurando di considerare l’unitarietà del finanziamento) sarebbe stato innescato, come è dato leggere dalla stessa nota Dell’Aran, un ingiustificato meccanismo di duplicazione della spesa con riferimento alle medesime funzioni dirigenziali, in quanto le risorse destinate alla corresponsione della retribuzione di posizione delle funzioni dirigenziali attribuite a dirigenti con contratto a termine avrebbero finito per essere ulteriormente ripartite tra i soli dirigenti con contratto a tempo indeterminato sotto forma di incremento della retribuzione di risultato sulla base dell’art. 26 del ccnl del 23/12/99 e l’ente avrebbe dovuto finanziare nuovamente la retribuzione di posizione dei dirigenti con contratto a termine.

Infine, il ricorrente evidenzia una contraddizione nella sentenza impugnata in quanto, da un lato, si ritiene che i posti di qualifica dirigenziale vacanti debbano essere computati ai fini della determinazione del Fondo di cui all’art. 26 del ccnl del 23/12/99 e, dall’altro, si finisce per escluderli nell’ipotesi in cui vengano ad essere coperti da un dirigente assunto a termine.

Il ricorso è fondato.

Invero, l’interpretazione logico-letterale e complessiva delle disposizioni collettive sopra richiamate consente di addivenire alla conclusione indicata dal ricorrente, vale a dire a far ritenere che l’art. 26 del CCNL dell’Area della Dirigenza del Comparto Regioni – Autonomie locali del 23 dicembre 1999 va interpretato nel senso che nella determinazione del fondo previsto dalla stessa disposizione contrattuale deve tenersi conto delle sole posizioni dirigenziali effettivamente coperte e non di tutte quelle contemplate nell’organico dell’ente e che, inoltre, lo stesso fondo va utilizzato anche per le indennità spettanti ai dirigenti assunti con contratto a tempo determinato.

Anzitutto, occorre partire dal presupposto che la norma collettiva del citato art. 26 del ccnl del 1999 va letta congiuntamente a quella di cui all’art. 37 del ccnl del 1996, posto che la disciplina prevista in quest’ultimo accordo è espressamente richiamata dalla lett. a) del comma 1 dello stesso art. 26 laddove è prescritto che "A decorrere dall’anno 1999, per il finanziamento della retribuzione di posizione e della retribuzione di risultato sono utilizzate le seguenti risorse: a) l’importo complessivamente destinato al finanziamento del trattamento di posizione e di risultato di tutte le funzioni dirigenziali per l’anno 1998, secondo la disciplina del CCNL del 10.4.1996 e del CCNL del 27.2.1997; b)…….".

A sua volta, l’art. 37 del ccnl 10/4/96, vale a dire la norma collettiva che contempla direttamente il finanziamento della retribuzione di posizione e della retribuzione di risultato, dopo aver stabilito al primo comma che al finanziamento della retribuzione di posizione e della retribuzione di risultato dei dirigenti in servizio a tempo indeterminato si provvede mediante l’utilizzo di determinate risorse che vengono di seguito specificatamente elencate in sei distinte tipologie contrassegnate con le lett. da a) a f), prevede al comma 4 che "nel periodo di vigenza del presente contratto, gli enti che, in attuazione del D.Lgs. n. 29 del 1993, artt. 30 e 31 abbiano rideterminato, con atto formale esecutivo ai sensi di legge, la dotazione organica dei posti di funzione dirigenziale in numero superiore a quello preso a base del calcolo di cui alla lettera a) del comma 1, incrementano il fondo di cui al comma 2 in misura congrua tenuto conto del valore delle posizioni organizzative di nuova istituzione purchè effettivamente ricoperte".

Al comma 5 dello stesso art. 37 è, poi, stabilito che "il valore complessivo del finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato, calcolato ai sensi del comma 1, lett. a), b), e c), non può essere comunque inferiore al valore complessivo, incrementato del 6%, dell’indennità di funzione, per la parte eccedente lo 0,2 della quota di pertinenza della prima qualifica dirigenziale e perla parte eccedente lo 0,1 per la quota di pertinenza della seconda qualifica dirigenziale, in godimento ai dirigenti in servizio al momento dell’entrata in vigore del presente contratto".

Com’è dato vedere già dal tenore letterale di tali disposizioni, contenenti la disciplina di riferimento richiamata dall’art. 26 del ccnl del 23/12/99, emerge la volontà delle parti contraenti di tener conto, nell’operazione di incremento del fondo in questione nei casi di rideterminazione della dotazione organica dei posti di funzione dirigenziale, del valore delle posizioni organizzative di nuova istituzione effettivamente ricoperte e di considerare come parametro di riferimento, per l’individuazione del valore complessivo del finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato, quello dell’indennità di funzione in godimento ai dirigenti in servizio. In tal modo le parti contraenti hanno chiaramente manifestato l’intenzione di non voler considerare indiscriminatamente, nella determinazione del fondo in esame, il valore di tutte le posizioni organizzative in organico, ma solo di quelle effettivamente ricoperte, confermando che anche il valore complessivo del finanziamento non può essere calcolato se non con riferimento all’indennità di funzione in godimento ai soli dirigenti in servizio al momento dell’entrata in vigore dello stesso accordo.

Un’ulteriore conferma al fatto che gli enti pubblici datori di lavoro debbano riferirsi, ai fini che qui interessano, alle effettive coperture dell’organico dirigenziale la si rinviene nel terzo comma dell’art. 26 del ccnl del 23/12/99 in cui è previsto che, in caso di attivazione di nuovi servizi o di processi di riorganizzazione finalizzati all’accrescimento dei livelli qualitativi e quantitativi dei servizi esistenti gli enti valutano anche l’entità delle risorse necessarie per sostenere i maggiori oneri derivanti dalla rimodulazione e nuova graduazione delle funzioni dirigenziali direttamente coinvolte nelle nuove attività e ne individuano la relativa copertura nell’ambito delle capacità di bilancio con conseguente adeguamento delle disponibilità del fondo per la retribuzione di posizione e di risultato, con la precisazione che analoga disciplina si applica agli enti, anche di nuova istituzione, che istituiscano per la prima volta posti di qualifica dirigenziale nella dotazione organica.

In tale specifico riferimento alle funzioni dirigenziali direttamente coinvolte si coglie una continuità logica con la previsione di cui all’art. 37 del precedente ccnl del 10/4/96, incentrata, come si è visto, sulla necessità di considerare, ai fini dell’incremento finanziamento del fondo in esame nei casi di rideterminazione della dotazione organica dei posti di funzione dirigenziale, le posizioni organizzative dirigenziali effettivamente ricoperte.

D’altronde, la lettura della disposizione collettiva in esame nei termini evidenziati dalla difesa dell’ente ricorrente è rispettosa anche della disposizione normativa di cui al D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 1, lett. b), riguardante le norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, disposizione che, ispirata al rispetto del precetto costituzionale di cui all’art. 97, comma 1, contempla espressamente tra le proprie finalità anche quella di razionalizzare il costo del lavoro pubblico attraverso il contenimento della spesa complessiva per il personale, diretta ed indiretta, entro i vincoli della finanza pubblica.

Al riguardo non vi è dubbio che la prevista limitazione dell’incremento finanziario del fondo di cui trattasi alle sole posizioni organizzative dirigenziali effettivamente ricoperte realizza un chiaro intento di contenimento della spesa pubblica.

Oltretutto, tale ragione milita anche a favore dell’interpretazione, basata sulla nota dell’ARAN del 16/10/2009, per la quale l’utilizzazione del fondo deve intendersi estesa anche alle ipotesi di copertura delle posizioni dirigenziali mediante il ricorso alla tipologia dei contratti a termine. In quest’ultimo caso non è, infatti, dato rinvenire nella disposizione collettiva in esame ed in quella ad essa correlata del precedente accordo del 1996 alcun elemento concreto che imponga un diverso finanziamento della retribuzione di posizione qualora alcune delle funzioni dirigenziali previste dall’ordinamento dell’ente siano affidate a dirigenti assunti con contratto a termine, in quanto diversamente finirebbe per ammettersi una duplicazione di spesa con riferimento alle medesime funzioni dirigenziali. Nè può trascurarsi di osservare che nella sentenza impugnata sussiste effettivamente la segnalata contraddizione laddove, da un lato, si interpreta la disposizione in esame nel senso che il fondo debba essere utilizzato con riferimento a tutte le posizioni organizzative dirigenziali previste in organico e, dall’altro, che un tale utilizzo non possa valere per i dirigenti assunti con contratto a tempo determinato.

Inoltre, la ritenuta esclusione della possibilità di estendere l’utilizzazione del fondo alle posizioni organizzative dirigenziali ricoperte temporaneamente con dirigenti assunti a termine non è nemmeno in sintonia con la chiara previsione collettiva della effettività della copertura delle posizioni organizzative che, di certo, è garantita nei casi di ricorso alla assunzione con contratti a termine; tra l’altro, la soluzione adoperata dal giudice di merito non tiene conto della previsione dell’art. 27, comma 9 dello stesso contratto collettivo del 23/12/99 che, nel disciplinare la retribuzione di posizione, stabilisce espressamente che "le risorse destinate al finanziamento della retribuzione di posizione devono essere integralmente utilizzate. Eventuali risorse che a consuntivo risultassero ancora disponibili sono temporaneamente utilizzate per la retribuzione di risultato relativa al medesimo anno e quindi riassegnate al finanziamento della retribuzione di posizione a decorrere dall’esercizio finanziario successivo".

In definitiva, l’art. 26 del CCNL dell’Area della Dirigenza del Comparto Regioni – Autonomie locali del 23 dicembre 1999 va interpretato nel senso che nella determinazione del fondo in esso previsto deve tenersi conto delle posizioni dirigenziali effettivamente coperte all’interno dell’organico dell’ente e che lo stesso fondo va utilizzato anche per le indennità spettanti ai dirigenti assunti con contratto a tempo determinato.

Il ricorso va, pertanto, accolto. Ne consegue che la sentenza impugnata va cassata e che il procedimento va rinviato per la prosecuzione del giudizio al Tribunale di Ancona.

La peculiarità della vicenda dovuta alla particolarità della questione interpretativa induce la Corte a ritenere compensate tra le parti le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza e rinvia per la prosecuzione del giudizio al Tribunale di Ancona. Compensa le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 14 marzo 2012.

Depositato in Cancelleria il 13 giugno 2012
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