Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 06-10-2011) 25-11-2011, n. 43745

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 29.11.2010 la Corte di appello di Napoli, quale giudice dell’esecuzione, respingeva l’istanza avanzata da P. A.C., volta ad ottenere l’applicazione della disciplina del reato continuato, ex art. 671 c.p.p., in relazione ai reati giudicati con: a) sentenza emessa in data 7.10.2002 dalla Corte di appello di Napoli, irrevocabile il 2.10.2003, relativa ai reati di cui agli artt. 416 bis e 629 c.p., e D.L. n. 152 del 1991, art. 7, commessi sino al (OMISSIS); b) sentenza emessa dalla Corte di assise di appello di Napoli in data 16.11.1999, irrevocabile il 30.11.2000, relativa ai reati di cui agli artt. 605, 610 e 575 c.p., commessi il (OMISSIS).

La Corte territoriale – premesso che ai fini del riconoscimento della continuazione è onere dell’istante indicare elementi sintomatici dell’unicità del disegno criminoso – riteneva indimostrata la preordinazione da parte del condannato della condotte illecite in esame. In specie, affermava il giudice dell’esecuzione che non sussisteva alcun elemento di fatto idoneo a ritenere che l’omicidio commesso dal P. fosse stato oggetto di previsione contestuale al programma associativa atteso che non può confondersi un generico programma delinquenziale con un singolo delitto frutto di specifica determinazione, ancorchè motivata da finalità connesse al programma criminoso.

Anche tenuto conto del ruolo specificamente svolto nel sodalizio dal P. – dedito all’attività estorsiva, come emerge dalla sentenza di condanna – nonchè della origine dell’omicidio riferibile alle vicende di contrapposizione con altro sodalizio, e, pertanto, a situazioni contingenti ed estemporanee doveva escludersi la preordinazione del delitto contestualmente alla adesione all’associazione.

2. Avverso la citata ordinanza ha proposto ricorso, a mezzo del difensore di fiducia, il P. il quale lamenta violazione di legge penale e vizio della motivazione con riferimento all’art. 671 c.p.p., deducendo che il giudice dell’esecuzione non ha valutato in modo adeguato che dalle stesse sentenze di condanna per i reati oggetto della istanza emergeva che i reati di sequestro di persona ed omicidio commessi nel (OMISSIS) erano preordinati e funzionali al sodalizio mafioso. Invero, la motivazione dell’ordinanza appare contraddittoria laddove afferma che dalla sentenza di condanna si evince che la determinazione delittuosa fosse frutto di evoluzione di vicende collegate all’antagonismo con altro clan ed altresì, che il delitto si inquadra nelle finalità della struttura associativa.

Segnala, inoltre, che i processi avevano avuto strade separate soltanto per ragioni di competenza atteso che in continuazione con il reato associativo erano stati giudicati i reati di tentato omicidio pure collegabili all’attività del sodalizio, mentre il delitto di omicidio era stato separatamente giudicato dalla Corte di Assise per competenza.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

L’art. 671 c.p.p., attribuisce al giudice il potere di applicare in executivis l’istituto della continuazione e di rideterminare le pene inflitte per i reati separatamente giudicati con sentenze irrevocabili secondo i criteri dettati dall’art. 31 c.p..

Peraltro, la possibilità di applicazione della disciplina della continuazione in sede esecutiva ha carattere sussidiario e suppletivo rispetto alla sede di cognizione, stante il carattere più completo dell’accertamento e la mancanza dei limiti imposti dall’art. 671 c.p.p..

La decisione del giudice di merito, se congruamente motivata, non è sindacabile in sede di legittimità (Sez. 5, 7.5.1992, n. 1060, Di Camillo, riv. 189980; Sez. 1, 7.7.1994, n. 2229, Caterino, riv.

198420; Sez. 1, 30.1.1995, n. 5518, Montagna, riv. 200212).

Tanto premesso, il provvedimento impugnato deve ritenersi conforme ai suddetti principi, in quanto la Corte territoriale ha esplicitato, sia pure sinteticamente, con argomenti logici e privi di contraddizioni la valutazione in ordine ai presupposti necessari ai fini dell’applicazione dell’istituto di cui all’art. 671 c.p.p..

Ha tenuto conto, in particolare, del ruolo specificamente svolto nel sodalizio dal P., dedito all’attività estorsiva, nonchè della origine dell’omicidio riferibile alle vicende di contrapposizione con altro sodalizio e, pertanto, a situazioni contingenti ed estemporanee tali da escludere la preordinazione del delitto contestualmente alla adesione all’associazione.

Invero, la riferibilità ad un contesto delinquenziale organizzato non può essere invocato quale elemento in sè univocamente sintomatico dell’unicità del disegno criminoso.

E’ noto che l’unicità del disegno criminoso costituente l’indispensabile condizione per la configurabilità della continuazione richiede che le condotte integrative delle diverse violazioni siano state deliberate, almeno nelle loro componenti essenziali, sin da quando è stato commesso il primo reato. Ne consegue che non è sufficiente il generico programma dell’organizzazione criminale di commettere reati omogenei per ritenere la continuazione. Nè è configurabile la continuazione tra il reato associativo e quei reati fine che, pur rientrando nell’ambito delle attività del sodalizio criminoso ed essendo finalizzati al rafforzamento del medesimo, non erano programmabili "ab origine" perchè legati a circostanze ed eventi contingenti ed occasionali o, comunque, non immaginabili al momento iniziale dell’associazione stessa (Sez. 1, n. 13609, 22/03/2011, Bosti, rv.

249930).

Il ricorso, dunque, deve essere rigettato ed il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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